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 2014  aprile 07 Lunedì calendario

LE CATTEDRALI INGHIOTTITE DAL MARMO ALL’URANIO


LA COSTRUZIONE delle cattedrali costituì una delle opere più immani dell’umanità. Lo sforzo di migliaia di uomini per edificare sulla base di splendidi disegni, avveniristici per il loro tempo, dei grandi templi, dedicati alla memoria, che si pensava imperitura, dello spirito umano, ispirò cantori, poeti, pittori, artisti di ogni fantasia. Col passar dei secoli l’opera dell’uomo si concentrò nel salvaguardare i capolavori dalla rovina del tempo. Fino a quando il capriccio della sorte rovesciò il senso delle cose: dalle cattedrali che l’uomo aveva imparato a trasformare in fonti di nuova energia scaturì la forza di una gigantesca rovina. Come ridurla a dimensioni e potenza trattabili? Come raccogliere i fondi per il Decommissioning ( come venne denominato il lavoro di demolizione)? Come trasportare il materiale potenzialmente esplosivo? Come accordarsi tra i vari Paesi? Le attività che ne scaturiscono sono quasi sempre segrete anche se ci riguardano come Paese.
In una nota del 24 marzo, il governo americano riferisce che si sono completate con successo le operazioni di trasferimento dall’Italia agli Usa di uranio ad alto arricchimento e plutonio, custoditi in Italia, come previsto dagli accordi sottoscritti nel 2012. La nota riprende il comunicato congiunto rilasciato dai due Paesi al vertice sulla sicurezza nucleare, tenutosi in Olanda lo stesso giorno ed è prodiga di dettagli sulle difficoltà affrontate e brillantemente superate per trattare, confezionare e trasportare quei materiali, potenziali obiettivi di attacchi terroristici, nella massima sicurezza e riservatezza, dai diversi siti italiani sino al porto d’imbarco di La Spezia, per il definitivo trasporto verso gli Usa, dove verranno utilizzati per la generazione di energia elettrica. Quasi stupisce, per attività così complesse svolte nel nostro Paese nel 2014, leggere che «nonostante le significative sfide tecniche, il team è riuscito a completare l’operazione nei tempi programmati ».
Ma da chi era composto questo Dream Team? Lo svela la nota: «le operazioni sono state portate a termine da uno sforzo congiunto del Department of Energy/Gtri e dalla italiana Società Gestione Impianti Nucleari». Proprio così: la nostra Sogin, società di Stato, completamente pubblica, sin dalla nascita protagonista di una storia travagliata, fatta di commissariamenti ed amministratori spesso chiacchierati, alla testa di un inutile carrozzone. E che invece scopriamo capace di performance di alto livello, evidentemente grazie alle competenze dei suoi tecnici. Rincuora leggerlo in un comunicato della Casa Bianca, perché Sogin ha compiti statutari impegnativi che comprendono la gestione dei rifiuti radioattivi italiani, di origine industriale, sanitaria e derivanti dal passato programma nucleare, lo smantellamento delle 4 centrali nucleari italiane e dei 4 impianti di preparazione e trattamento del combustibile, nonché la costruzione del deposito nazionale per i rifiuti radioattivi a bassa e media attività.
Dai resoconti delle audizioni che i rinnovati vertici di Sogin, nominati 6 mesi fa dal Tesoro, hanno reso alla Camera ed al Senato, si ricava l’informazione che la società ha sostenuto sinora costi per 2,1 miliardi di euro, per le attività di gestione del combustibile irraggiato. Tutte attività finanziate da una componente della bolletta elettrica degli italiani, che nel 2013 ha pesato per circa 200 milioni di euro, su un valore complessivo della bolletta di oltre 40 miliardi. È un onere purtroppo dovuto, dal momento che la chiusura prematura delle nostre centrali, decisa dopo il referendum del 1987, ha impedito ai gestori di accantonare il capitale per il successivo smantellamento, come accade in tutti i Paesi dove la chiusura è prevista solo a fine vita (in Germania entro il 2022). L’auspicio, a questo punto, è che i nuovi vertici sappiano guidare la società verso i nuovi compiti e valorizzarne le competenze, come le recenti prove hanno rivelato.