Marco Imarisio, Corriere della Sera 5/4/2014, 5 aprile 2014
COSÌ L’EX FIDANZATA BLOCCÒ I FINANZIAMENTI A VANNONI «LAVORA IN UNA CANTINA»
DAL NOSTRO INVIATO TORINO — A lui lo hanno rovinato le donne. «Mi spoglio del segreto professionale per dichiarare quanto segue: venne nel mio studio R. P., una giovane ricercatrice la quale mi riferì che stava lavorando presso il professor Davide Vannoni con cui aveva una borsa di dottorato in ricerche sociali. Era preoccupata perché nella stessa sede, nel centro di Torino, in uno scantinato operavano due ucraini, che a suo dire praticavano espianti e reimpianti di cellule staminali a soggetti adulti che si recavano nel centro. La signorina mi riferì anche che queste persone versavano soldi all’associazione per la ricerca sulle staminali e non davano questi quattrini a titolo di liberalità e sostegno alla ricerca ma perché speravano in una guarigione».
Adesso che Davide Vannoni è figlio di nessuno, scaricato dalla comunità medica e dalla politica, ufficialmente bollato come «ciarlatano» da una sentenza, prossimo a una richiesta di rinvio a giudizio per associazione a delinquere nella madre di tutte le inchieste staminali che si concluderà la prossima settimana, è bene ricordare come il signor Stamina divenne tale.
La testimone
La storia è nelle carte del processo per tentata truffa alla Regione Piemonte. L’inchiesta del pubblico ministero Giancarlo Avenati Bassi è un tassello importante di questa storia. Perché ricostruisce errori e superficialità, segna l’inizio della fine di Vannoni, proprio quando si trovava a un passo dal traguardo, destinatario di una prima fetta da 500.000 euro di un finanziamento pubblico da 2 milioni. Non se ne farà nulla. E l’intervento che in zona Cesarini bloccò tutto non è stato il parere contrario di qualche specialista, ma la testimonianza di una sua dipendente, che in passato, si evince dagli atti, gli era molto vicina. Siamo alla fine del novembre 2007. La signorina R.P. entra nello studio dell’avvocato Maria Grazia Pellerino. Le racconta dello scantinato, dei malati in processione. «Mi disse che alcune volte era stata lei ad aprire la porta a queste persone e quindi era preoccupata per una sua eventuale corresponsabilità. Mi disse che era in ottimi rapporti con Vannoni e questa situazione la metteva in imbarazzo. Mi chiese cosa si poteva fare. Aveva saputo dal Vannoni che stava per ottenere un finanziamento dalla Regione per la sua ricerca. E questo, come cittadina, la sdegnava».
La denuncia
L’avvocato sa del bando che sta per essere approvato dalla giunta di centrosinistra allora presieduta da Mercedes Bresso. Anche lei fa attività politica, oggi è assessore all’Istruzione del Comune di Torino in quota Sel. Chiede un incontro urgente con Andrea Bairati, assessore Pd alla Ricerca e alla politiche per l’Innovazione del Piemonte, al quale da pochi giorni con una manovra spericolata è finita la pratica Vannoni. È l’uomo dell’ultima firma. «Gli raccontai della giovane ricercatrice e delle sue preoccupazioni». A domanda, l’avvocato risponde. «Mi viene chiesto se Bairati aveva detto che quello studio sulla medicina rigenerativa fosse stato già giudicato in modo negativo prima che io mi recassi da lui, ma non mi ricordo proprio che mi abbia detto una cosa del genere».
Il finanziamento
Il bando viene fatto cadere nel nulla. Ma le carte dell’inchiesta raccontano anche della genesi bipartisan di quel finanziamento, e dei tentativi per farlo andare in porto. Nell’agosto del 2007 viene fatto un emendamento su misura alla Legge finanziaria regionale per stanziare il denaro. Dice Eleonora Artesio, allora assessore alla Sanità, a cui in origine toccava l’approvazione: «Vannoni era il destinatario già individuato». La firma sull’emendamento è del consigliere regionale socialista Davide Nicotra. Ma dietro c’è la mano di Angelo Burzi, l’uomo di Forza Italia nella sanità piemontese, presidente del gruppo in Regione. «Mi raccontò che era stato lui a parlarne con Nicotra, ne condivideva l’ispirazione e mi chiese cosa si sarebbe fatto per dare attuazione». Paolo Peveraro, ex presidente del Consiglio regionale: «Burzi mi parlò di questo progetto e per la sua illustrazione mi inviò Vannoni. All’incontro c’era anche il dottor Marcello La Rosa, stretto collaboratore di Burzi, il quale precisò che era stato curato in Ucraina con quel metodo. Vannoni mi mostrò filmati sul Parkinson che mi avevano colpito perché sembravano dei recuperi prodigiosi». A Peveraro viene chiesto se ha mai fatto parte di «alcuna» loggia massonica. «La mia fede me lo impedisce».
La vittima della Thyssen
In quei giorni Vannoni è di casa in Regione. Si scontra però con il parere negativo della Artesio: «Veniva proposto un contributo a un soggetto privato, senza validazione scientifica e una possibilità di scelta tra soggetti diversi». L’assessore alla Sanità dà un’occhiata al comitato scientifico della presunta Onlus di Vannoni e vede il nome di Antonio Amoroso, coordinatore regionale dei trapianti. «Gli rappresentai l’inopportunità di essere entrato in una associazione privata mentre ricopriva un ruolo istituzionale pubblico». Amoroso si dimette.
Sembra finita. Ma il 26 novembre 2007 un decreto urgente «aggira» quello precedente e distoglie i 500.000 euro dalla Sanità per destinarli alla Ricerca. Dice Bairati: «Condivido che la delibera possa far pensare a un’attribuzione diretta a favore di Vannoni». In quella seduta, secondo la testimonianza della funzionaria che l’ha verbalizzata, sia lui che Mercedes Bresso «danno credibilità agli studi dei ricercatori soci del Vannoni». Nel dicembre del 2007 brucia la linea 5 della ThyssenKrupp. Muoiono sei operai. L’unico superstite è Giuseppe De Masi. La sua agonia durerà un mese. Il dottor Maurizio Stella, direttore dei Grandi Ustionati del Cto di Torino, riceve una richiesta dall’allora governatrice. «Fu lei ad accennarci al “professor” Vannoni, in perfetta buona fede. Il giorno dopo mi chiamò quella persona e si offrì di guarire il nostro paziente». Il parere contrario arriva dal direttore del Centro trapianti regionale, il professor Amoroso, che da poco, su pressante invito della Artesio, ha lasciato la futura associazione Stamina.