Antonio D’Orrico, Sette 4/4/2014, 4 aprile 2014
L’UOMO CHE PER FARE LE RAPINE SI ISPIRÒ A STALIN
Ho un debole per la mala milanese di una volta e un debole nel debole per il suo capolavoro: la rapina di via Osoppo del 27 febbraio del 1958. Perciò mi sono tuffato a pesce in questo libro dove Arnaldo Gesmundo, detto Jess il bandito, uno che c’era (a via Osoppo), si racconta a Matteo Speroni.
I calciofili sanno a memoria le formazioni storiche della squadra del cuore (Sarti, Burgnich, Facchetti…). Noi, appassionati di mala, sappiamo i cast delle migliori bande d’antan. La banda Dovunque: Andrea “Joe” Zanotti (il capo), Giovanni “Luis” Seno, Alfredo “Freddy” Torta, Mario “il napoletano” Guarnieri, Ettore Bogni, Ugo Ciappina. I sette uomini d’oro di via Osoppo: Enrico Cesaroni, “il droghiere”; Nando Russo, “il terrone”, 45 anni all’epoca (dei quali 10 passati in carcere); Eros Castiglioni, 43 anni, il bello e dannato della compagnia, ex pugile, ricercato per furti d’auto e truffe; Arnaldo Bolognini, 30 anni, ex staffetta partigiana, venditore di lampadari, sposato con una maestra elementare, una figlia di un anno che spesso portava a spasso in carrozzina. E poi i tre più celebri mediaticamente: Luciano De Maria, Ugo Ciappina (già Banda Dovunque), maestro nel sapersi arruffianare i cronisti, e Jess.
Se Gesmundo e De Maria furono amici per la pelle, Gesmundo e Ciappina furono (e sono, anche ora, da ultraottantenni) nemici a morte. Nel corso del suo libro, che è un lungo monologo raccolto con acribia filologica da Speroni, Jess il bandito non nomina mai, in segno di disprezzo, il Ciappina. E pensare che erano così amici. Il colpo di via Osoppo fu una loro ideazione, ispirata addirittura a Stalin che, quando compiva rapine per autofinanziarsi, svaligiò un furgone blindato facendo mascherare i suoi uomini da poliziotti e mandando in confusione gli agenti veri. A Milano, città (allora) operaia, i banditi di via Osoppo si misero tute blu da casciavit per mimetizzarsi nella folla.
Ma, prima della rapina, Ciappina rubò la fidanzata a Jess: «Mentre io ero in carcere, l’ex amico ne approfittò per fare sesso con la mia ragazza». Gesmundo ci restò secco: «Nei giorni seguenti giravo per Milano e, per distrarmi, guardavo le vetrine, entravo di continuo nei bar a bere caffè, ma ciò non attenuava l’amarezza per il torto subito dall’amico». Il paradosso è che Ciappina faceva pure il geloso «perché avevo fatto sesso, prima di lui, con quella che poi sarebbe diventata sua moglie».
Ciò non impedì che stessero fianco a fianco quella mattina in via Osoppo per diventare illegittimi proprietari di una somma pari a 6 milioni di euro di oggi ottenuta in dieci minuti esatti di lavoro (dalle 9 e 15 alle 9 e 25) e senza sparare un colpo (fecero solo “ta-ta-ta-ta” con la bocca). Poi sbagliarono come polli e per i cinquemila poliziotti guidati dal commissario Nardone, il Maigret di Milano, prenderli fu un gioco da ragazzi.
Jess il bandito racconta a Speroni la sua vita agra, le sue carceri, la sua fedeltà alle amicizie (e alle inimicizie). La storia di uno nato a via Padova nel 1930, i cui primi e ultimi giocattoli furono le armi da guerra trovate in una caserma abbandonata all’epoca del fuggi fuggi generale. Uno che, a modo suo, avviò l’Italia verso la modernizzazione degli anni ’60 (lo scrisse Indro Montanelli in un famoso articolo). Uno che rimase prigioniero per sempre della sua leggenda.
Passati venti anni, solo una generazione dopo, qualcuno avrebbe celebrato, sciaguratamente, la geometrica potenza di un altro agguato di strada, quello di via Fani. Ma è un’altra storia italiana, cupa e crudele, di fronte alla quale via Osoppo risplende con la luce di un diamante.