Mariarosa Mancuso, Sette 4/4/2014, 4 aprile 2014
LA NINFOMANE CHE NON FA (ANCORA) SCANDALO
Arriva nelle sale preceduto dai dubbi di chi temeva la censura preventiva e dalle chiacchiere piccanti: gli attori immortalati in posa orgasmica sul manifesto hanno girato anche le scene hard, oppure sono stati sostituiti da controfigure? C’erano due set distinti, uno per le scene soft e uno per le scene porno affidate a professionisti, questo è accertato. Alla Berlinale abbiamo visto un Nymphomaniac senza tagli lungo 145 minuti, nella banca dati Imdb i minuti della versione più ripulita scendono a 118, il press book del distributore italiano ne certifica 110.
Parliamo sempre del Volume 1, in sala questa settimana. Il Volume 2 seguirà il 24 aprile e dura altre due ore (l’edizione con tutto il porno incluso assomma cinque ore e mezzo, prevedibilmente solo in dvd). Resta l’imbarazzo di chi deve giudicare avendo visto solo metà film. Abbastanza per farsi un’idea, poco per capire se le scene scandalose sono davvero tali. Finora abbiamo assistito all’apprendistato della ninfomane Charlotte Gainsbourg, e siamo così indietro nella storia che l’attrice si limita a raccontare le sue prodezze giovanili (sadomasochismo e ammucchiate verranno poi).
Lo fa da un lettuccio nell’austera casa da scapolo di Stellan Skarsgård, che nel film si chiama Seligman. L’uomo che l’ha ritrovata sotto la pioggia, picchiata e insanguinata, le ha prestato un pigiama e le ha offerto un tè. Nei flash back, Joe – questo il nome della ragazza che vive pericolosamente – lascia il posto all’ex modella Stacy Martin. Scelta non proprio felice: la somiglianza è poca, il fascino diverso, i mezzi dell’attrice al suo debutto non vanno oltre il faccino innocente e imbambolato.
Nymphomaniac funziona come una psicoanalisi al contrario. Le pazienti di Sigmund Freud parlavano di tutto tranne che di sesso, al primo degli strizzacervelli toccava il compito (piuttosto ingrato nella Vienna tra Otto e Novecento) di ricondurre i sintomi alle pulsioni sessuali. Joe, sdraiata nel letto singolo che tutto suggerisce tranne un’orgia, parla solo di sesso. Seligman le fa da contraltare chiacchierando di tutto.
Una gara di rimorchio tra ragazze – vince un pacchetto di cioccolatini chi acchiappa più maschi su un treno e li trascina al bagno – gli fa venire in mente Il perfetto pescatore di Izaac Walton, uscito nel 1653. Il manuale insegna la pesca con la mosca, i parallelismi con il gioco brutale della seduzione sono sorprendenti. Il sesso, almeno in questa prima parte, non scandalizzerà nessuno. La fantasia di Seligman va dalla morte per delirium tremens di Edgar Allan Poe al modo di tagliarsi le unghie (prima la sinistra, che ai destri viene più facile? oppure qualcuno fa il contrario?).
La vendetta di Uma. Sa anche di matematica e di musica. Meglio: di matematica che sta nel Codice da Vinci (come la sequenza numerica di Fibonacci) e di numerologia attorno al nome di Bach, mentre la polifonia viene resa sullo schermo affiancando le performance di tre amanti diversi. Qui Lars von Trier sembra prenderla un po’ facile, nel suggerire allo spettatore che Nymphomaniac non è solo la storia di una donna in cerca del piacer suo fino a farsi male.
Il film è diviso in capitoli, dallo sbrigativo disfarsi della verginità con il rude giovanotto Shia LaBeouf all’agonia del padre, girata in bianco e nero. Il più divertente – tradizionale per recitazione e sceneggiatura – ha per protagonista Uma Thurman, moglie tradita in cerca di vendetta. Per ora siamo alla sufficienza, con una certa curiosità per il secondo volume.