Gianni Barbacetto, Il Fatto Quotidiano 4/4/2014, 4 aprile 2014
IL FAN DEI COLONNELLI GRECI E IL CAPO DEI PENSIONATI PADANI
Chissà se aveva già idee secessioniste, Franco Rocchetta, quando nell’aprile 1968 salì sul pullman che lo portò nella Grecia fascista dei colonnelli. “Viaggio premio” con incontri di Stato, in compagnia di personaggi come Pino Rauti, Mario Merlino, Stefano Delle Chiaie, tutta gente che negli anni successivi ebbe qualche ruolo, nell’Italia di piazza Fontana e dei tentati golpe neri. Ormai è storia: quel viaggio “per patrioti” fu organizzato (e pagato) dai servizi segreti di Italia e Grecia. Anni dopo, lo spiegò così: “In quella occasione, lo studente Rocchetta si trovò semplicemente ad approfittare di un pullman pasquale diretto in Grecia, con molti altri studenti, quasi tutti greci di Padova, per quella passione ai viaggi che mi porto ancor oggi intatta addosso, ed elettrizzato dall’idea di visitare la terra della classicità, con cui del resto il mio Veneto ha un’osmosi plurimillenaria”. Spiegazione molto simile a quella fornita al giudice istruttore che indagava sulla strage di piazza Fontana, Ernesto Cudillo, da Mario Merlino, fascista infiltrato tra gli anarchici di Pietro Valpreda: “Ci andai perché era un viaggio gratuito”. Del resto, Rocchetta ha il dono di trovarsi nel posto giusto al momento giusto: il 21 agosto 1968, appena tornato dalla Grecia, varca la frontiera della Cecoslovacchia. È il giorno in cui i carri armati sovietici (non proprio serenissimi tanko) invadono il Paese. Poi non si cura di essere stato inserito in un elenco di estremisti antisemiti, in un rapporto del Congresso ebraico mondiale. In pochi anni, diventa invece il massimo teorico dell’autonomia veneta. Fonda la “madre di tutte le leghe”, la Liga Veneta, poi si affianca al movimento di Umberto Bossi, infine rompe con lui e torna al mito dei Serenissimi . Fino all’arresto di due giorni fa. Nel ’94 è addirittura nel governo Berlusconi, sottosegretario agli esteri.
IL MESTIERE di Roberto Bernardelli, invece, è quello di albergatore. Ma la sua passione è sempre stata la politica. È suo l’Hotel dei Cavalieri, un quattro stelle in pieno centro di Milano. Nordista convinto, ha però investito anche al sud, perché è suo anche l’Hotel dei Cavalieri a Caserta, a un passo dalla reggia dei Borboni. All’inizio degli anni Ottanta la sua storia s’incrocia con quella di Umberto Bossi. Nel 1983 si candida per la prima volta alle elezioni, sotto il simbolo della Lista per Trieste, nella Lega Autonomista Lombarda, da cui poi nascerà la Lega nord. Bocciato nelle urne, fonda un suo gruppo, il Partito Pensionati, con il quale diventa consigliere comunale a Treviglio e a Milano e poi, a Milano, anche assessore. Negli anni successivi galleggia in politica, smontando e rimontando formazioni politiche che non sempre gli fanno ottenere qualche poltrona. La Lega Casalinghe-Pensionati, per esempio, non gli porta fortuna alle elezioni del 1992. Riallaccia allora i rapporti con Bossi e la Lega nord lo fa entrare in Parlamento nel 1994. Due anni dopo, con la Lega che corre da sola, senza l’appoggio di Silvio Berlusconi, perde il seggio. Fonda allora il movimento Padania Pensione Sicura, che poi trasforma in Pensionati Padani e Pensionati Nord. Con la Lega entra nel 2000 nel Consiglio regionale della Lombardia, ma l’anno dopo litiga con Bossi e riprende a forgiare il suo caleidoscopio di sigle: fonda la Lega Padana Lombardia, che si allea con i No Euro e il Fronte Cristiano, raccogliendo percentuali da prefisso telefonico come candidato presidente della Provincia di Milano. Collabora poi con movimenti più radicali, come Progetto Lombardia e Fronte Indipendentista della Lombardia. S’inventa la lista Pensioni & Lavoro. Infine l’Unione Padana. Ultimo atto, anche per lui: l’arresto.