Leonardo Iannacci, Libero 4/4/2014, 4 aprile 2014
ALESSANDRO HABER «RACCONTO LA PIETÀ PER L’UOMO BETTINO»
Chi siamo noi per giudicare un uomo? Soprattutto se quell’uomo si chiama Bettino Craxi, già messo all’indice come un «mostro» negli ultimi anni di vita? Un personaggio pubblico con precise responsabilità di governo che si è macchiato di reati e ha pagato con un esilio volontario, scelta che lo ha portato lontano dall’Italia e lo ha reso prigioniero di rimorsi e di sensi di colpa?
Questo dubbio è la riflessione che la pièce Una notte in Tunisia ingenera, alla fine, nel pubblico. La scommessa artistica che Alessandro Haber ha voluto giocare nel luogo a lui più congeniale, quello del teatro e che abbiamo visto al Duse di Bologna, dove la figura di Craxi ha aleggiato per due ore pur non manifestandosi in modo diretto: il 67enne attore molto amato da Pupi Avati, nelle mistificanti vesti del leader socialista che ha spadroneggiato politicamente negli anni 70 e 80, non è mai stato Bettino ma un allusivo «mister X», accovacciato dietro una scrivania, tra i dubbi e le scartoffie di un’esistenza che è stata prima trionfale e alfine drammatica.
Un anti-eroe solo e sconfitto sotto una tenda berbera che fa da sfondo agli ultimi giorni di vita di un uomo politico, in una finta Hammamet dove il vero Craxi trovò la morte il 19 gennaio del 2000.
Spiega Haber: «Nella mia vita non ho mai votato per il Partito Socialista e ho giudicato Craxi senza pietà quando si è scoperto quel che aveva fatto. Tuttavia l’errore che abbiamo cercato di non commettere nella costruzione di questa recita era quello di voler giudicare il politico. La riabilitazione finale è umana e non rappresenta un perdono per il leader di un’Italia che ha attraversato gli anni di piombo e l’edonismo degli anni 80. Craxi è stato un personaggio che ha fatto parte della storia del nostro paese, un tipo carismatico e beckettiano, certamente scomodo. Un interprete, però, della stagione di Mani Pulite, anni che hanno generato quel senso di sfiducia degli italiani verso la politica».
Scritta da Vitaliano Trevisan e diretta da Andrée Ruth Shammah, Una notte in Tunisia è l’immaginifico racconto di un Re Lear o di Ricardo III del nuovo millennio: «Preparare uno spettacolo, oggi, sui sacri testi di Shakespeare o di Goldoni è fin troppo semplicistico. Ho provato ad andare oltre, a costruire una vicenda teatrale su fatti contemporanei. Rispolverare una personalità così complessa come quella di Craxi poteva non essere una scelta indovinata, invece si è rivelata giusta perché mettere in scena i suoi ultimi giorni ha creato curiosità, discussioni e suscitato dibattiti. Lei, come hanno fatto altri giornalisti, mi chiede: che effetto le ha fatto interpretare uno dei maggiori esponenti della politica corrotta italiana? Le rispondo: un effetto grandioso se anche lei è stato colpito da questa pièce come gran parte del pubblico. Fare teatro è anche ipnotizzare chi ti viene a vedere».
Accanto a un Haber da tempo non così brillante e fisico in scena, ecco la brava Maria Ariis nel ruolo della moglie, Pietro Micci in quello del maggiordomo e Roberto Trifirò nei panni del dottore. «Cerco di non mistificare l’uomo Craxi: lo tratteggio duro e antipatico ma, alla fine, lo raffiguro solo e abbandonato ma ancora dedito alla passione della sua vita, la politica», continua Haber. «La decisione di andare ad Hammamet è stata una scelta coraggiosa dell’uomo e non una fuga del politico. In Italia sarebbe stato condannato a qualche mese di arresti domiciliari, mica gli avrebbero tagliato la testa... La gente, alla fine di questa recita, torna a casa spaesata. Consapevole che il senso di pietà è per l’uomo Bettino e non per il leader Craxi».