Luca Valdiserri, Corriere della Sera 4/4/2014, 4 aprile 2014
SINISA FILOSOFO INNAMORATO
Buongiorno, Sinisa Mihajlovic. Lo sa che con la sua media punti (1,68 a partita) la Sampdoria, che prese penultima alla tredicesima giornata, sarebbe in Europa League?
«Mi fa piacere, anche perché questa squadra era stata costruita per salvarsi. Ma non è la mia media punti, è la nostra media punti. Quello che ha la Samp, se lo è guadagnato in campo. Però nel calcio conta solo oggi, così questa media la voglio alzare nelle ultime 7 giornate».
Come ci è riuscito?
«Ho parlato con tante persone, prima di accettare la Samp, e tutti mi dicevano: non andare. Però ho dato retta al cuore. E ho lavorato sulla testa di questi ragazzi, trovando una motivazione per ciascuno di loro. Ho osservato dal vivo come lavorano Mourinho, Guardiola, Ferguson, Wenger, Klopp e ho capito che il lavoro è soprattutto psicologico. E in questo Mou resta il numero uno».
Facile a dire, difficile a fare. Quale è il metodo?
«Mi ha aiutato avere cinque figli, tutti diversi, tutti con il loro carattere. Non puoi fare loro lo stesso discorso, devi trovarne uno per ciascuno».
Così ha studiato psicologia?
«Ho studiato anche l’inglese, se è per questo. Dicono che le lingue si imparano meglio da giovani, ma l’età vera la decidi tu. Io sarò giovane anche a 70 anni».
Non è stato da metodo Montessori, però, far rivedere dieci volte ai suoi giocatori la partita persa 3-0 contro l’Atalanta. Sembrava più Arancia Meccanica…
«Sono sempre per il dialogo, ma se parlo e non mi capiscono devo cambiare linguaggio. Così ho detto loro che non dimenticavo quella figura di m...».
Ha ragione Ilaria D’Amico quando dice che lei usa troppe parolacce?
«C’è il momento per citare Dante e c’è quello per parlare come i ragazzi. Bisogna farsi capire in tutte le situazioni».
Da punizione a punizione: ha mai pensato di andare in campo e tirarne ancora una?
«Prima di Samp-Verona, la gara che veniva dopo quella di Bergamo, ho detto ai miei: oggi giochiamo in 12, perché ogni volta che farete un tackle io sarò in campo insieme a voi. Solo se c’è una punizione, levatevi: quella la tiro io».
Il miracolo Samp è riproducibile l’anno prossimo? O è meglio cambiare aria, tipo i suoi vecchi amori Inter o Lazio?
«Avevo due sogni e li ho realizzati: il primo era allenare la Serbia, perché è il mio Paese e per me non ce n’è uno più bello al mondo; il secondo era allenare la Sampdoria, perché qui mi sono riscattato come giocatore e mi piace sempre pagare i miei debiti. I due sogni che mi restano da realizzare sono allenare Lazio e Inter. Lo sanno tutti. Ma non dico quando».
Fosse Thohir, prenderebbe Mihajlovic?
«Fossi Thohir confermerei Mazzarri, perché agli allenatori bisogna dare il tempo di lavorare».
Facciamo finta di crederci. Resta la Lazio, che affronterà domenica. Ma non in panchina, perché è squalificato. Se incontra Lotito in tribuna?
«Lo saluto così: ave, Lotito, vincituri te salutant. Perché amo la Lazio, ma domenica andiamo per vincere».
Si è fatto un’idea della contestazione feroce al presidente?
«Non mi piace guardare in casa degli altri, ma vedere la curva Nord vuota mi mette una tristezza infinita. È il cuore del tifo. Come dice Boskov: uno stadio senza tifosi è come una donna senza seno. La curva Nord di quando giocavo io aveva un seno meraviglioso».
Mihajlovic, Simeone, Mancini: era una Lazio di allenatori…
«Si capiva che avremmo fatto questo mestiere, perché a volte mettevamo a posto le cose da soli, in campo. Era una squadra di uomini. Io, se mi devo arrabbiare con qualcuno, alla Samp, lo faccio con Gastaldello e Palombo, non con i ragazzini».
I calciatori di oggi come sono?
«Hanno meno passione di noi. Per me il calcio è sempre stato 24 ore su 24, per loro no. Dico: 10 ore dormite, 3 vi allenate, ma nelle altre 11 cosa fate? A volte gli lascio i compiti da fare a casa: stasera guardate Real-Barcellona e domani vi interrogo».
È arrivato in Italia nel 1992: come la trova dopo tanti anni?
«Peggiorata. Tanto. Nel calcio come nella vita quotidiana. Più povera e non può essere colpa della gente. Ho visto crescere le divisioni, come quelle Nord/Sud. Vi ha salvato la religione uguale per tutti, se no rischiavate di fare la fine della Jugoslavia».
Al Mondiale non c’è la Serbia ma ci sono Croazia e Bosnia: riuscirà a fare il tifo per loro?
«Sicuro. Ho vissuto due guerre, ma sono finite. Guardo avanti. Altrimenti dopo la Seconda guerra mondiale nessuno avrebbe dovuto giocare mai più contro la Germania. Non bisogna dimenticare, ma nemmeno perdere il futuro perché si pensa soltanto al passato».
Allora le propongo questa nazionale jugoslava per il Mondiale: Handanovic (Slovenia), Ivanovic (Serbia), Nastasic (Serbia), Savic (Montenegro), Kolarov (Serbia); Behrami (Kosovo), Pjanic (Bosnia), Modric (Croazia); Ljajic (Sangiaccato), Dzeko (Bosnia), Pandev (Macedonia). Presidente: Savicevic. Allenatore: Mihajlovic. Ci arriva in semifinale?
«Di bravi ne ha lasciati fuori tanti: Mitrovic, Markovic… E Ivanovic lo volevo portare all’Inter quando giocava all’Ofk Belgrado e costava pochissimo. Un modulo adatto per farli giocare lo trovo. Però voglio Kovacic al posto di Modric».
Quel Kovacic che nell’Inter non gioca mai.
Luca Valdiserri