Federico Fubini, la Repubblica 4/4/2014, 4 aprile 2014
IL SENTIERO AMERICANO
La Banca centrale europea ha guadagnato qualche settimana di tempo, ma solo i prossimi mesi diranno se quello di ieri è stato davvero un punto di svolta. Mario Draghi, il presidente della Bce, per la prima volta alla fine del Consiglio direttivo ha lasciato intendere che l’Eurotower non esclude più di creare moneta per lanciare acquisti di titoli sui mercati, cercando di riportare l’inflazione a livelli più sani. Allo stesso tempo, il presidente italiano dell’Eurotower ha mostrato tutto il suo fastidio per la pressione che gli arriva da ogni parte perché faccia qualcosa, da quando sui prezzi nel continente è scesa una gelata.
Lo si è capito quando qualcuno gli ha chiesto delle critiche per l’inazione della Bce arrivate da Christine Lagarde, direttore del Fondo monetario internazionale. Almeno in pubblico, di solito Draghi non rivela tutti gli spigoli del suo carattere ma stavolta ha scelto di farlo: «L’Fmi è stato estremamente generoso nelle sue opinioni su quello che dovremmo e non dovremmo fare», ha osservato. Prima di aggiungere, tagliente: «Vorrei che fosse così generoso anche con altre giurisdizioni,
per esempio intervenendo con un comunicato il giorno prima di un consiglio della Federal Reserve».
Con la Bce è successo, mentre l’Fmi per lo più evita attentamente di commentare le scelte delle autorità americane. Ma nelle parole di Draghi su Christine Lagarde, ieri, alcuni hanno letto anche una fonte specifica di irritazione: la leader francese del Fmi conduce la sua personale campagna per diventare presidente della Commissione Ue, come terza forza in caso di pareggio alle europee fra i candidati del popolare e partito socialista europeo. E né Draghi né la Bce sono felici di farsi trascinare in quella corsa, nelle vesti di bersagli di critiche utili a guadagnare visibilità e prendere posizione.
Lagarde però non è stata la sola a mettere pressione sulla Bce nell’ultimo mese. I prezzi in area euro crescono a marzo a un ritmo annuale dello 0,5%, in continua frenata. Dinamiche del genere rischiano di scoraggiare i privati dai consumi o degli investimenti e ieri Draghi stesso ha sottolineato che è più difficile ridurre i debiti, quando l’inflazione è così bassa. Per la prima volta, il presidente della Bce ieri ha parlato in un modo che sarebbe stato impensabile con i predecessori Wim Duisenberg o Jean-Claude Trichet. Lo ha fatto quando ha confessato che la sua «paura più grande»: essa «è già diventata realtà in una certa misura ed è una stagnazione protratta, più a lungo di quanto abbiamo nelle nostre previsioni». In uno stallo dell’economia e dei prezzi di questo tipo, ha continuato il presidente della Bce, la disoccupazione «diventa più difficile da ridurre, o da ridurre misure convenzionali».
Mai in passato un presidente dell’Eurotower era arrivato così vicino alla visione americana, che con le mosse della banca centrale cerca di sostenere anche l’occupazione. Per la prima volta Draghi ha anche detto esplicitamente che fra queste misure «non convenzionali » ci sono anche possibili acquisti di titoli sul mercato da parte della Bce. Il banchiere centrale ha fatto capire, se sarà il caso, guarda più a portafogli compositi di obbligazioni private (di banche o imprese) che a titoli di Stato: il cosiddetto quantitative easing sembrava impensabile fino a pochi mesi fa e lo stesso Draghi ha detto ieri che fino a un mese fa il consiglio direttivo della Bce non ne aveva parlato.
Non sarà imminente comunque, perché prima di arrivarci l’Eurotower può tentare altri passi meno eterodossi. Può per esempio ridurre i tassi al punto che le banche dovranno pagare loro stesse un interesse, per tenere i propri fondi depositati in Bce invece di impiegarli.
Draghi in ogni caso ha avvertito che la Bce vorrà disporre di altri «punti di osservazione» prima di decidere qualunque cosa: significa che passeranno probabilmente almeno altri due mesi e, con essi, il giro di boa delle elezioni europee. E anche se i dati confermeranno che l’inflazione è troppo bassa e può diventare deflazione, per l’Eurotower gli interventi restano molto più complessi e forse meno efficaci di quanto sia stato negli Stati Uniti. In primo luogo perché le imprese in Europa si finanziano presso le banche e non sul mercato, come ha deliberatamente ricordato ieri Draghi stesso. Quindi perché le resistenze restano in Germania restano potenti.
Non è un caso se ieri gli spread sono caduti, ma l’euro si è appena mosso. Per ora la Bce ha sopperito a un altro mese di inazione con nuove parole, sempre più forti. Ma ora il mercato le chiede, sempre più forte, «Show me the money».