Aldo Grasso, Corriere della Sera 4/4/2014, 4 aprile 2014
I LINGUAGGI DIVERSI DI SCIARELLI E ZORO
Il mercoledì sera, su Rai3, si può misurare la distanza che esiste fra il linguaggio di «Chi l’ha visto?» (anno di nascita 1989) e quello di «Zoro», giusto per capire le molte anime della sinistra, i modi diversi con cui si esprime. La prima tentazione, nel seguire le vicende governate da Federica Sciarelli (la misteriosa scomparsa di Elena Celeste, la sparizione di Marisa Comessatti, la nonna di Laigueglia, il vuoto lasciato da Eleonora Gizzi, l’insegnante scomparsa da Vasto…) è di saldare la trasmissione al passato, irrimediabilmente al passato, al mondo di una cultura nazional-popolare cui appartengono anche Bersani, la Camusso, molti giovani dell’apparato pd e tutto quel ceto politico-intellettuale di sinistra cresciuto all’opposizione dell’eterna Dc e quindi convinto della sua superiorità culturale, a prescindere. «Gazebo» rappresenterebbe, invece, il rinnovamento che si agita a sinistra.
Nel presentare «Chi l’ha visto?» Angelo Guglielmi sosteneva che il programma «è la nuova forma di romanzo popolare che, se una volta traeva spunto dalle storie vere della gente comune e di esse forniva una copia abilmente manipolata, oggi, nella nuova versione televisiva, quelle storie offre in diretta al di là di ogni mediazione o manipolazione». Ecco, ma i Cuperlo, i Fassina, i Civati, i giovani turchi e i parrucconi recalcitranti sono la proiezione politica della stagnazione di Federica Sciarelli? E Diego Bianchi è il simulacro di Matteo Renzi, che lo voglia o no?
Le cose non sono così semplici, ovviamente. A differenza dei «signori della conservazione», «Chi l’ha visto?» a volte si prende carico di quella quotidianità che la politica di sinistra sembra aver escluso dai suoi interessi. E a Renzi manca molto l’ironia di Zoro (yes we can). Però… L’idea, però, che l’area del «dissenso democratico» abbia il volto dolente di «Chi l’ha visto?» è un’impressione da non sottovalutare.