Alessandro Trocino, Corriere della Sera 4/4/2014, 4 aprile 2014
ROMA —
«Ora lei mi metterà in ridicolo, ma è una cosa seria, sa?». Sì, ma come si fa a prendere sul serio un documento che si chiama Dudù Act? «La coglie l’ironia nel nome? Il riferimento al Jobs Act? Ecco: il nostro dossier sugli animali c’è, quello di Renzi sul lavoro no». Renato Brunetta riesce a stare fermo un istante, poi ricomincia la marcia. Iperattivo da sempre, da qualche giorno è diventato un rullo compressore, uno schiacciasassi. Preda di un incontenibile agonismo verbale, sforna comunicati a raffica, note, tweet, status, conferenze. Con un unico obiettivo: impallinare Matteo Renzi. Bollato da Brunetta come «un uomo in preda a una grande confusione mentale», un «superficiale» a cui «l’ebbrezza del potere fa male», un «mago delle televendite», un «populista d’accatto che non ha mai lavorato», uno che «si crede Mandrake». Le riforme vengono gratificate da termini come «obbrobrio», «abominio», «mattanza sociale». Ma sono anche «ridicole» e «scritte con i piedi». Per Brunetta la furia verbale è solo uno dei tanti colori nella tavolozza e 24 ore bastano per passare dalla rabbia alla commozione, dall’ironia all’irritazione.
Il suo giovedì comincia proprio parlando di cani, a Uno Mattina . Il capogruppo di Forza Italia disserta amabilmente del Dudù Act. Che a molti sembrava un pesce d’aprile e invece è un serissimo documento. Se non fosse per il nome e la firma: la zampetta del barboncino di Francesca Pascale. L’incipit è memorabile: «Gli animali domestici ci riempiono di affetto, ma non sempre sono ricambiati». Brunetta invece ricambia pienamente, come si può desumere dal suo racconto, che lo commuove fino alle lacrime: «Avevo perso il mio cane, è stato terribile. Per fortuna poi l’ho ritrovato». Omaggiato il golden retriever Otto, e spiegato che un politico deve saper parlare «anche di cani e di dentiere», il capogruppo di Forza Italia può dedicarsi a tempo pieno alla demolizione di Renzi.
Dopo la consueta riunione al Mattinale — ogni giorno alle 8.30, per la gioia dei collaboratori —, Brunetta piomba in Transatlantico. Dove discute animatamente con vari deputati. Tra loro ce n’è uno a 5 Stelle, di un certo peso. Che poi racconta: «Quasi ogni giorno Brunetta mi avvicina e mi chiede: quando lo buttiamo giù Renzi? Dai, inventatevi qualcosa, non può continuare così».
Il resoconto stenografico della seduta di ieri, durante il voto finale del ddl Delrio, riporta le sue urla: «Questo è un golpe!». Alle 16 è in conferenza stampa alla Camera. Prima di cominciare strapazza una cronista del Fatto , di passaggio: «Avete un vignettista comunista e razzista. Sul comunista posso passarci sopra, sul razzista no». Poi cambia registro e scherza con Osvaldo Napoli: «Non ti attardare con le signore». In prima fila c’è Daniela Santanché, che annuisce mentre Brunetta chiede al capo dello Stato di non promulgare la legge sulle Province: «È un mostro aberrante prodotto da una maggioranza malata e da dilettanti allo sbaraglio. Napolitano non sia complice di un testo abominevole, pieno di buchi e di bachi».
Un crescendo rossiniano che trabocca sul sito, dove i post politici si alternano alle copertine dei libri (tra gli altri Il grande imbroglio e Oggi (vi) cucino io ). L’escalation di questi giorni suscita ironia tra gli avversari. «Salvate il soldato Brunetta — dice il democratico Ernesto Carbone — combatte da solo nella giungla». Anche in Forza Italia non mancano i mugugni. Ci si chiede se non sia troppo esposto nella demolizione di un politico con il quale Berlusconi, in fondo, sta trattando. I suoi nemici sospettano che tanto accanimento contro Renzi, quasi un’ossessione, sia il frutto di una gelosia: il rapporto privilegiato del premier con il toscano Denis Verdini. Al solo sospetto di una divergenza con Berlusconi, Brunetta inchioda in pieno Transatlantico e scandisce, indignato: «Sono in assoluta sintonia con il presidente. Assoluta». Quanto a Renzi, «lo conosco da quando era alla Provincia di Firenze: è un democristiano, tutto fumo e niente arrosto». Però il Pd l’ha messo in riga: «Sì, ha asfaltato D’Alema». Pausa e occhiataccia: «Ma a me non mi asfalta nessuno».
Alessandro Trocino