Enrico Arosio, L’Espresso 4/4/2014, 4 aprile 2014
LAPO TUTTOFARE
Oops, Lapo che prega? Calma: Lapo sta scherzando. È un suo modo di incarnare l’Italiano. "The Italian". La posa in ginocchio dell’imprenditore più dandy d’Italia è opera di Wayne Maser, suo buon amico, navigato volpone della fotografia di moda, accasato ovunque tra i pianeti "Vanity Fair" e "Vogue". È uno dei 37 scatti, avvenuti in un solo pomeriggio a New York, del progetto propostogli da un autore americano, Glenn O’Brien. Il quale aveva in mente di rifare oggi ciò che il fotografo francese Philippe Halsman fece nel 1949 con l’attore Fernandel (sì, lui, don Camillo), un libro di facce intitolato "The Frenchman".
Così, quasi scherzando, è nato "The Italian", edito da Skira, un’intervista fotografica dove Lapo Elkann risponde «come un divo del muto» (così O’Brien) a tante domande con sole espressioni del viso e del corpo. Il risultato è piuttosto divertente. Alla domanda «Sei religioso?» Lapo si fa in testa due corna da diavoletto. A quella sul perché di un suo ritorno in albergo all’alba insieme a una signora sposata, si tira la giacca sul capo come un incappucciato medievale. A «Cosa hai preso da tuo nonno?», divarica le braccia, con uno stupendo gessato, in perfetta foggia Giovanni Agnelli. Del resto, dietro a "The Italian" c’è un retroscena chic: il Philippe Halsman del 1949 fu anche l’autore di un celebre ritratto di sua nonna Marella in Balenciaga rosa, a Villefranche in Costa Azzurra, nel 1963. "The Italian" (dopo l’anteprima a Londra alla galleria Robilant+Voena di Dover Street, Edmondo di Robilant e Marco Voena) verrà presentato con un party a Palazzo Reale a Milano il 28 o 29 aprile.
Perché parlarne ora? Perché è l’ultima trovata di questo simpatico stakanovista dell’Ego. Lapo Elkann dovrebbe cambiar cognome: chiamarsi Lapo Dappertutto. Dieci ne pensa, venti ne fa. La settimana scorsa, il 27 marzo, ha lanciato al nuovo flagship store di Gucci in via Brera "Lapo’s Wardrobe", una collezione uomo nata dall’amicizia tra lui e Frida Giannini direttore creativo di Gucci. Reduci da Londra e New York, a fine maggio porteranno il tutto a Shanghai e Tokyo. Lapo e Frida avevano già collaborato per dar vita alla Fiat 500 Gucci.
Seduto sul divano ricavato da un’altra 500, la Cinquecentolina classica, il trilingue e apolitico rampollo Elkann, presidente del gruppo Italia Independent, ha rilasciato un’intervistona in inglese a Euronews per la serie "Global Conversation" (neanche fosse Ban Ki-moon) andata in onda il 2 aprile. I divani 500 sono una design collection proposta da lui a Meritalia, l’azienda produttrice. Prima dei Mondiali di calcio in Brasile ne uscirà una collezione foderata con le bandiere delle nazionali. Perfino i frigoriferi Smeg, un marchio di alta qualità, hanno accettato di rivestirsi di colori-bandiera.
Quanto è agitato, il presidente Elkann. (Avrete notato: lo chiamano tutti Lapo, senza cognome, specie i più giovani, presso i quali è popolarissimo). Lapo, dunque, che ha sempre casa a Manhattan, ora ha cambiato indirizzo a Milano. Ha lasciato l’attico di Porta Ticinese con i quadri di Lichtenstein e i modellini di dinosauro dove, quando rincasava su una delle sue auto customizzate (la Maserati color notte, la 500 pied-de-poule) gli studentelli squattrinati del bar Rattazzo lo salutavano con gioia. Del resto il vecchio Piero Rattazzo, che nei Settanta serviva birre a Mario Capanna e Toni Negri, ha preparato un sacco di cappuccini anche a Lapo, la mattina però; tranne dopo quella notte, un paio di estati fa, quando dei ragazzi strabevuti gli sfracellarono sul portone (di Lapo) due cocomeri maturi urlando scemenze.
E ora la parte seria. Dietro a quello che può sembrare divertimento a oltranza, infatti, è maturata un’impresa, Italia Independent, sulla quale sei anni fa, quando nacque intorno a un paio di occhiali da mille euro, non tutti avrebbero scommesso. Il fatturato 2013 sfiora i 25 milioni di euro, più 59 per cento rispetto all’anno prima, una crescita da boom. Il settore eyewear, gli occhiali appunto, pesa per tre quarti dei ricavi. Presidente dandy a parte, Italia Independent Group è gestito dall’ad Andrea Tessitore, 40 anni, Torino-bene; dal creativo Alberto Fusignani, ex Saatchi &Saatchi e eventi Fiat; dal napoletano Giovanni Accongiagioco, uomo marketing. Questi ragazzi sono cresciuti così in fretta, intorno al loro brand, che nonostante abbiano incassato ben 11 milioni dalla quotazione in Borsa (Lapo è sceso dal 64 al 48,8 per cento delle azioni) si ritrovano indebitati per 3,9. Bisognerà raddrizzare qualcosa.
Intanto, Italia Independent ha aperto filiali in Usa, in Francia e a Barcellona in Spagna; ormai ha 1.800 clienti esteri. Da gennaio ha inaugurato negozi monomarca a Wynwood a Miami e a Soho a New York; presto toccherà a Parigi, a Saint-Germain. E, oltre alla Smeg, di recente il brand ha sviluppato accordi di business con l’inglese Vertu, telefonia, e marchi di moda come K-Way, Bear e Colmar. Anche con il vampirico Karl Lagerfeld, che da qualche anno era un testimonial spontaneo del marchio, nel senso che personalmente porta gli occhiali Independent più volentieri dei Chanel (per cui lavora).
Si diceva: Lapo dieci ne pensa e venti ne fa. Nel 2013 la Independent Ideas, società di comunicazione, ha curato l’art direction della mostra dei 90 anni "Agnelli-Juventus" ideata da Benedetto Camerana e Lodovico Passerin d’Entrèves allo Juventus Museum. L’agenzia sta rendendo più sexy il marchio Jeep, sponsor Juve; ha già fatto due campagne con protagonisti il Grand Cherokee e la Wrangler e i giocatori del club. Due o tre volte al mese il fratello creativo di John Elkann si materializza a Maranello insieme al gruppo di lavoro Ferrari Tailor Made, che studia le vetture personalizzate per i clienti più in vena di capricci. Lui stesso ha introdotto quella Ferrari 548 mimetica che è paragonabile, come intuizione estetica, alla famosa "Poltrona di Proust" di Alessandro Mendini.
Più che nelle pagine economiche, il Ferrarista Mimetico finisce nelle cronache mondane, o di gossip. Inevitabile, per uno che il 31 dicembre 2012 finì rapinato di gioielli e quant’altro a Punta del Este in Uruguay, in una villa iper-blindata, insieme alla bella Goga Ashkenazy, ereditiera kazaka, amica dei Rothschild, di Andrew duca di York e dei magnati del gas russo. Lapo Elkann appare qui e là, Primula rossa post moderna, in gallerie d’arte a Manhattan, al Suvretta di St. Moritz, a Londra con il cugino mondano Eduardo Teodorani (già eroe di un torrido flirt con Tara Palmer-Tomkinson), tra bellissime fanciulle a Londra, Roma, Parigi e Montenapoleone, a volte italiane (per un bel po’, Bianca Brandolini d’Adda), su splendide barche, su arditi elicotteri, o anche solo per una pizza con Del Piero e i sempliciotti del calcio. Intorno a lui, spesso, cognomi Churchill, Gagosian, Swarovski, Gaetani d’Aragona, Melzi d’Eril e Vien-dal-Mare. Senza snobbare un Colin Firth o un Matthew Mc Conaughey, il cui film "Dallas Buyers Club", con la sorella Ginevra e la Good Films, ha distribuito in Italia; come anche "Nymphomaniac", il polpettone poliorgasmico di Lars von Trier.
Beato lui, s’intende Lapo (non Lars, che ha paura di volare, poverino). Beato lui, che si è fatto tatuare sul corpo (altro motivo del suo successo interclassista, tra baristi, dee-jay, istruttrici di spinning), oltre a "Independent", "Outsider", il simbolo Juve e la stellina di Davide, la scritta "Unstoppable". Inarrestabile.