Susanna Turco, L’Espresso 4/4/2014, 4 aprile 2014
QUANTO È FORTE LA LOBBY DEI COMUNI
«Abbiamo incontrato l’Anci», «lo dice anche l’Anci», «in accordo con l’Anci», per l’Anci, l’Anci, Anci. In bocca a Renzi e ai suoi ministri è uno scioglilingua ricorrente, all’estremo opposto ideale di quello sul Cnel («l’abolizione del Cnel», «l’antipasto del Cnel», «il Cnel», «Cnel»). Per gli osservatori più avvertiti, è la lobby del momento. Poco da stupirsi, visto che a Palazzo Chigi siede un ex sindaco, si dirà. Ma c’è di più. Con il governo Renzi, infatti, l’Associazione nazionale dei comuni d’Italia (circa 7300, l’equivalente del 97 per cento della popolazione), sede in via dei Prefetti, interfaccia e governo sulle decisioni più importanti (come patto di stabilità, federalismo, tagli al bilancio), ha fatto il salto di qualità: l’ingresso in piena luce nell’esecutivo. Nata a inizio novecento (alla vice-presidenza c’era il sindaco-prete don Luigi Sturzo), parlamentino catto-comunista nella prima Repubblica, divenuta agglomerato di voti con l’elezione diretta dei sindaci, e via via col passare degli anni centro di influenza politicomediatica sempre meno trascurabile (si veda la stagione degli scioperi anti-tagli, i sindaci in piazza con la fascia tricolore contro Tremonti e Monti), l’Anci, oggi presieduta da Piero Fassino, può contare su ben due uomini chiave nell’esecutivo. Non solo l’influente sottosegretario alla presidenza Graziano Delrio, che ha guidato l’Associazione dal 2011 al 2013 e da lì ha fatto il salto a Palazzo Chigi. Ma anche il meno visibile, e non per questo meno influente, Angelo Rughetti (nella foto). Segretario generale dell’Anci per un decennio, rappresenta il deus ex machina, l’eminenza grigia che resta, mentre i grandi capi passano. Con Rughetti, hanno lavorato gli ultimi