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 2014  aprile 03 Giovedì calendario

DOPO L’ULTIMA ASSEMBLEA FIAT A TORINO, LA PROSSIMA SI TERRÀ IN OLANDA, UNO DEI POSTI CULTURALMENTE E POLITICAMENTE PIÙ ORRENDI DEL GLOBO


Fiat ha deciso di fondersi con Chrysler, di annegare il suo nome e la sua storia nella sigla FCA, di lasciare il Lingotto di mia mamma e di mio papà, di abbandonare la mia Mirafiori, di voltare le spalle a Torino, di ritirarsi dall’Italia e, lo dico brutalmente, di tradirmi. È la fine di una storia privata, la mia con lei. Per 61 anni, Fiat mi ha fatto da seconda mamma, da seconda moglie, da amante, è stata una donna importante della mia vita. Proprio l’anno in cui io ho raggiunto il limite d’età previsto dal Salmo 90, la Fiat, arrivata a 115 anni, ha deciso di chiudere il suo ciclo. Lei è evaporata, lassù nella zona dei Grandi Laghi, ove le correnti glaciali del polo si scontrano con il vento caldo del Golfo del Messico, io sono rimasto solo, con i miei ricordi. Certo c’è la Maserati, la 500, forse l’Alfa Romeo, ma la mia Fiat non c’è più.
Questo è l’incipit di un libro che ho iniziato a scrivere (titolo provvisorio «Fiat addio? Una storia d’amore»), ove raccoglierò tutti i miei scritti, pubblicati e non, sarà una lunga carrellata di lettere d’amore. L’assemblea di lunedì scorso è stata l’ultima che si teneva a Torino, la prossima, riferita però a FCA, si terrà in Olanda, uno dei luoghi politicamente e culturalmente più orrendi del globo.
Per molti anni, regnante Gianni Agnelli, ho partecipato a queste Assemblee seduto in platea, secondo un posizionamento gerarchico di stampo sovietico, imposto da Romiti, ove si potevano cogliere anche le sfumature di allocazione del potere interno. Invece, in alcuni anni topici per le crisi che si succedevano, ove si presumeva un’atmosfera di forte contestazione, con domande aggressive, ero dietro le quinte, a preparare le risposte che mi competevano. L’Avvocato raccoglieva un certo numero di domande, riservandosi di rispondere a blocchi, una tecnica molto protettiva per lui. Nel frattempo noi preparavamo sintetiche risposte, che poi lui, con garbo inimitabile, esponeva al pubblico. Il mitico notaio Morone tutto osservava, e tutto registrava.
Erano assemblee lunghissime, a volte di 8-10 ore, cominciavano sempre alle 9. Lo schema era quello imposto dal professor Valletta che, come in un film di Hitchcock, entrava qualche istante prima che la lancetta dei secondi raggiungesse quella delle ore, le 9, guardava il grande orologio a parete per averne conferma, sempre con la mano destra nella tasca destra della giacca, col pollice fuori, faceva un timido cenno col capo alla platea, poi si sedeva. Per i 30 anni in cui la presiedette, l’Avvocato (salvo un anno in cui era in clinica a New York), la scena fu sempre la stessa, non sgarrò mai di un secondo sull’orario d’inizio. Per me era la conferma che la Fiat continuava a essere l’Arma dei Carabinieri (civile) dell’Italia.
Ricordo un curioso episodio. Si sapeva in anticipo da chi sarebbero arrivate le minacce verbali, e l’attenzione verso costoro era massima, così come si sapeva che avrebbero parlato il solito «inventore» di qualche strano accrocchio meccanico, o il solito progettista del Ponte di Messina, o il mitico capo squadra di Mirafiori, che voleva una bicicletta per garantire l’ordine sulle linee di montaggio. Una volta ci furono due domande fuori sacco, entrambe di sessantottini molto aggressivi. Uno criticava le modalità di partenza serale dalla stazione di Porta Nuova del treno, con logo Fiat, dei bambini destinati alla Colonia elioterapica di Marina di Massa e l’imposizione di un cappellino bianco e blu e logo Fiat (ci andavano anche i miei figli). Un altro criticava le modalità di assegnazione dei turni quindicinali agli Anziani Fiat destinati alla Casa di Riposo-Vacanze di Ospedaletti (ci andava anche mia mamma). Tra parentesi, questo era welfare privato pregiato, senza burocrati pubblici. Chi preparò la risposta fece confusione, e scrisse seccamente, a mò di comunicato stampa-smentita, pensando forse a tempi lontani, che non risultava che Anziani Fiat fossero trasportati, con treni speciali Fiat, alla Colonia elioterapica di Marina di Massa, e fosse loro imposto un cappellino bianco e blu, con logo Fiat. Quando l’Avvocato se ne accorse era tardi, ma fu straordinario a ribaltare la gaffe in un caloroso applauso.
Tornando all’oggi, come «investitore» sono certo che, fino a quando resteranno John Elkann e Sergio Marchionne, cioè per i prossimi tre anni, i rischi dovrebbero essere minimi, anche se la storia di questi anni, gli indicatori di posizionamento strategico, l’alto indebitamento, la logica del business, per me almeno, sono chiari: occorre predisporsi ad una exit strategy, modo elegante per dire vendere FCA. In questi dieci anni ho sofferto molto come uomo Fiat, come torinese, come italiano, ora sono sereno, questo mondo (il mio) è finito per sempre, mai più tornerà. A fatica, me ne farò una ragione.
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