Tommaso Rodano, Il Fatto Quotidiano 3/4/2014, 3 aprile 2014
CAMERE A RISCHIO BLOCCO: 12 MODI DI FARE LEGGI
Lasciate ogni speranza o voi che legiferate. Altro che semplificazione: il nuovo Senato delle Autonomie pensato da Renzi, come ha chiarito ieri al Fatto il giurista Gianluigi Pellegrino, è un labirinto la cui complessità rasenta l’assenza di logica. Se con il “bicameralismo perfetto” che il nuovo governo vuole abolire, ci si lamenta di processi legislativi lenti e lunghi, la riforma costituzionale può persino peggiorare la situazione. Le “navette” (i rimpalli tra Camera e Senato) sono sempre lì. Non solo: i percorsi delle proposte di legge potranno essere più numerosi e contorti.
Leggi e riforme ”costituzionali”
L’iter per modificare o innovare la Costituzione è l’unico che non cambia di una virgola. Per le leggi costituzionali, si legge nel testo del governo, “la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”. Bicameralismo perfetto, quindi, con due distinte deliberazioni sia a Montecitorio che a Palazzo Madama (a distanza di almeno tre mesi l’una dall’altra). Per l’approvazione serve sempre una maggioranza qualificata (due terzi dei parlamentari), o la legge può essere sottoposta a un referendum (se richiesto da almeno 500 mila elettori, 5 consigli regionali o un quinto dei membri di una delle due Camere).
Cosa succede con le leggi “ordinarie”
Con la riforma, l’approvazione delle leggi ordinarie spetta solo alla Camera, ma il Senato delle Autonomie ha sempre il diritto di dire la sua. 1) Entro dieci giorni dalla trasmissione, basta la richiesta di un terzo di Palazzo Madama perché il testo sia esaminato anche al Senato. 2) Qui si aprono altre due strade: dopo l’esame, i senatori possono lasciare tutto com’è, oppure intervenire con le loro modifiche. Hanno altri trenta giorni di tempo. 3) Se la legge viene cambiata, l’ultima parola spetta ancora alla Camera. Il voto definitivo si tiene entro 20 giorni. I deputati possono confermare gli emendamenti di Palazzo Madama oppure decidere di ignorarli: per ripristinare il testo originale è sufficiente la maggioranza semplice (la metà più uno dei presenti in aula).
Autonomie territoriali e trattati internazionali
Fanno storia a sé, le leggi che riguardano il governo del territorio, le funzioni di comuni e regioni (Titolo V della Costituzione) e la ratifica di trattati internazionali. 1) Il Senato delle Autonomie ha di nuovo 10 giorni per prendere in esame le leggi uscite dalla Camera e altri 30, eventualmente, per approvare dei cambiamenti. 2) Anche in questo caso i deputati possono cancellare le eventuali modifiche dei colleghi senatori, ma stavolta solo con un voto a maggioranza assoluta (la metà più uno degli eletti).
Come si vota la legge di Bilancio
Tutto qui? Nient’affatto. La legge di Bilancio ha un percorso ancora più cervellotico. In questo caso il Senato prende in esame automaticamente il testo licenziato dalla Camera, ma ha solo 15 giorni per modificarlo. Poi la faccenda si complica ulteriormente. 1) Se il Senato cambia la legge a maggioranza semplice, anche la Camera può ristabilire il testo originale votando a sua volta a maggioranza semplice. 2) Se invece a Palazzo Madama le modifiche sono votate con maggioranza assoluta, anche a Montecitorio deve succedere lo stesso, se i deputati vogliono imporre il “loro” bilancio. 3) E se alla Camera ci fosse solo una maggioranza semplice (ma pur sempre una maggioranza), che vuole respingere le modifiche dei senatori? 4) E se la maggioranza assoluta si trovasse solo su alcuni degli articoli modificati? Il rischio sarebbe un’impasse politica, o il “v e cchio” rimpallo tra le due Camere? Oppure sarebbero approvate le modifiche del Senato solo nelle parti in cui la Camera è d’accordo, o non ottiene una maggioranza assoluta?
Sembra un rompicapo: è solo il bicameralismo secondo Renzi. Il testo della riforma, nella migliore delle ipotesi, è poco chiaro. L’unica certezza è che il Senato conserverebbe prerogative ampissime e la facoltà fondamentale di rallentare, modificare e bloccare le leggi approvate alla Camera. Con la differenza che i nuovi senatori non sarebbero eletti dai cittadini.