Alessandra Mammì, Dagospia 3/4/2014, 3 aprile 2014
MURILLO SYNDROME
Ha già un nome, Murillo Syndrome, la febbre dei collezionisti che sperano di trovare un altro fenomeno su cui puntare. Uno come Oscar Murillo: colombiano ventottenne, di stanza a Londra, che fino al 2011 produceva opere valutate non più di 5.000/8.000 dollari a pezzo. Le stesse che nel 2013 in un asta da Philipps a New York raggiungono il record di 400.000 dollari.
Un guadagno del 5.600 per cento, secondo i calcoli di Art Market Monitor, sito di fiducia dei collezionisti più danarosi, che già guardano al giovinotto dalle uova d’oro come il nuovo Basquiat. Speriamo di no per lui, visto che il modello morì giovane e tossico, per la fortuna del mercato che vide i prezzi innalzarsi ancor di più.
Di Basquiat di certo non ha quella eccezionale bellezza, però ha gli stessi dreadlocks in testa, la stesso furore pittorico, sia pure più improntato sui bruni e sul caso, sulla migrazione di oggetti che si impiastrano nelle grandi tele sporche di tutta la zella che trova agli angoli dello studio o della strada: capelli, untumi, materiali vari purché batterici.
Nel contrasto con il whitebox, vetro&acciaio delle super gallerie o contro quel pallido parquet color cipria della Saatchi Gallery a Londra (che lo celebra con una intera sala nella appena aperta mostra "Pangea"), il catramoso lavoro di Murillo sembra ancor più potente.
I suoi graffiti che chiedono cibo o latte, i suoi supporti fatti di packaging di alimenti spesso trovati nei negozi etnici dell’Est End, i palloni da football sgonfi o rinsecchiti, quelli sani tutti sporchi di nera polvere che lascia tracce di un fantasmatico palleggio, sono l’iconografia del ragazzo povero che cresce in una Londra che già non è più una città, ma una piattaforma del mondo, dove si celebra la grande messa in scena del futuro capitalismo fatto di ricchi-ricchi e poveri-poveri. E dove solo un caso può invertire il destino. Nel suo caso ad esempio è stata la Rubell Family Collection che gli offrì a Miami una residenza e lo lanciò nel mondo del mondo dei ricchi-ricchi a cui questo ragazzo povero-povero che ricordava tanto Basquiat piacque molto. <> dichiarò Ms Rubbell <>.
Molto Basquiat insomma anche se a differenza di Basquiat Murillo sembra difendersi meglio. <>. <>.
Così dice mentre guadagna centinaia di migliaia di sterline ma lavora ancora in uno studio scrauso nell’Est London, senza assistenti, sopraffatto da tele, pittura ad olio, colle, ferraglie, macchine da cucire, spazzole di ferro per disseminare sugli improvvisati supporti quegli impiastri di tinte che fanno tanto Murrillo. E fanno impazzire il mercato.
Anche se lui non vuol essere solo questo. Anche se vorrebbe essere piuttosto ricordato per messaggi politici sull’immigrazione, sulla perdita d’identità, sull’imperialismo culturale dell’occidente etc etc. Anche se le sue performance si orientano su temi sociali e impegnati... la realtà è che la Murrillo Syndrome è scoppiata nelle aste e nelle fiere e che "Comme des Garcons" ha sponsorizzato le sue performance alla Serpentine Gallery. E che già i dealer cercatori d’oro, dragano il fiume delle giovani promesse per cercare il nuovo Murrillo che altro non è che il nuovo Basquiat.