Filippo Manvuller, Libero 3/4/2014, 3 aprile 2014
SFRATTATO IL CUSTODE DI BUDELLI L’ULTIMO SFREGIO AL PARADISO
L’isola di Budelli torna in mani pubbliche e a rimetterci è il suo storico custode, sfrattato dallo Stato. La sinistra e quanto rimane degli ex Verdi, aizzati da Pecoraro Scanio, vincono il primo round della loro battaglia irredentista, ma a fare le spese della lotta, tutta politica, per il dominio statale dell’isola è il 75enne Mauro Morandi, il Robinson Crusoe originario di Mirandola (Modena), da 25 anni sentinella dell’isola-simbolo della Maddalena. Partito alla volta dell’avventura un quarto di secolo fa, oggi rischia di trovarsi disoccupato. L’8 aprile il giudice di Tempio Pausania deciderà, di fatto, se a spuntarla sarà lo Stato o il banchiere neozelandese Michael Harte, che il primo ottobre scorso acquistò l’isola per 2milioni e 940mila euro (dopo il fallimento della società proprietaria, la “Nuova Gallura”) e confermò Morandi alla sua custodia. Ma se a vincere sarà lo Stato, per l’anziano padrone ad honorem di quella terra la prospettiva è quella del licenziamento, dopo un terzo della sua vita passata a sorvegliare la celeberrima spiaggia dalla sabbia rosa, le baie, le scogliere, l’ac - qua di diamante e la natura (quasi) incontaminata. «Colpa delle mie denunce sulle inadempienze pubbliche», dice lui, mentre prepara il lungo addio.
Morandi in quell’angolo di paradiso diventato set di documentari e film (uno su tutti, Deserto rosso di Antonioni) meditava di trascorrere tutti i giorni della sua esistenza, da quando, nel 1989, da giovane insegnante di educazione fisica, partì alla volta della Polinesia e scoprì che non era necessario andare tanto lontano per trovare quello che voleva: «Fuggire dal potere, che opprime e ti usa». Anni passati a «rincorrere i turisti e a beccarsi dei vaffa...», «senza neanche essere pagato», (ora figura tra i creditori). Poi la speranza, l’arrivo del magnate Harte, businessman di fede ambientalista, acerrimo nemico della sinistra del pubblico-a tutti i costi. E fa niente se in questi anni «in mano allo Stato qui non c’è stato nessuno che si è preso cura dell’ambiente e le baie sono diventate immondezzai». E fa niente se «dal pubblico non ho mai ricevuto nemmeno i cartelli per il divieto di balneazione nella spiaggia rosa, roba da un euro l’uno. Li ho scritti io, a mano. E poi mancano boe, gli yacht attraccano con le ancore e rovinano l’ecosistema, la casa in cui abito è del ‘37 ed è da ristrutturare, idem dicasi per la cisterna dell’acqua. Servono nuovi impianti, sentieristica, guardiania. Con che soldi pensa di farcela lo Stato?». Il nuovo corso privato ben prometteva: «Harte è arrivato e per prima cosa ha raccolto i rifiuti, mai avevo visto fare una cosa simile da un presidente del parco». Il parco è quello della Maddalena. L’attuale numero uno, Giuseppe Bonanno, ha definito “neocolonialismo” l’acquisto da mani neozelandesi, mentre l’ex ministro Pecoraro Scanio, a febbraio, inneggiava alla “vittoria dello Stato”. Ma il magnate straniero Harte per quella fascinosa terra che galleggia sul mare aveva pensato in grande: voleva farne un “museo a cielo aperto”, “una banca dati del mare”, sognava di aprirla agli “studenti di tutto il mondo”, annunciava “pro - getti ecosostenibili”, si illudeva che in Italia fossero possibili “partnership pubblico-private” su “modello dell’Oceania”. A dirla tutta ancora ci spera. Ha infatti presentato ricorso al consiglio di Stato, dopo che il Tar ha rigettato le sue ragioni. Nel mezzo ci si è messa la battaglia parlamentare di Sel che - forte di 85mila firme - ha fatto scivolare tra le pieghe della legge di stabilità un emendamento che affida proprio allo Stato il diritto di prelazione, puntualmente esercitato. Ma, a dire di Morandi, fino a che l’isola è rimasta in mano pubblica è stata lasciata all’abbandono. Al contrario, «Harte mi è subito piaciuto. Basti vedere quello che ha fatto con le altre tre isole che possiede dalle sue parti: su una ha piantato 500mila alberi, l’ha resa accessibile al pubblico, ha creato posti di lavoro ».
Ed è per questo che il Crusoe modenese, forse immaginando che la cosa potesse degenerare in battaglie ideologiche, nel pieno della querelle sulla riconquista politica dell’isola, lanciò subito il suo accorato avvertimento: «Lasciatela in mani straniere, sennò finirà come Pompei». Oggi simili appelli rischiano di valergli la cacciata: «Il presidente Bonanno non vede l’ora di mandarmi via, perché gli ho detto quello che pensavo sulla cattiva gestione del territorio», ha recentemente scritto in una lettera alle istituzioni. E si chiede perché il «Paese, invece di accapigliarsi per spendere 3milioni per un’isola, non abbia dato quei soldi alla Gallura alluvionata ». Ma la domanda delle domande è: «Di che cosa avevano paura, che Harte si portasse l’isola in Nuova Zelanda? ». Le risposte se le dà da solo: «Ne hanno fatto solo una questione di bandiera, la verità è che dell’ambiente a questa politica non frega niente». Ad aprile tornerà nella sua Modena, «per la dichiarazione dei redditi», poi chissà. A decidere, più che la giustizia, è stata quella politica che Morandi detesta. È anche per questo che la scelta giornalistica di chiamarlo “Crusoe” o “Cast Away in salsa emiliana” non gli piace per niente: «Loro volevano tornare a casa. Io no. Loro erano naufraghi, io qui sono venuto per una scelta di vita. E qui voglio rimanere».