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 2014  aprile 03 Giovedì calendario

NYMPHOMANIAC ?


L’uscita in Italia di Nymph()maniac vol. I (la trovata grafica della doppia parentesi al posto della «o» sottolinea anche visivamente di che cosa si stia parlando) arriva buon’ultima, dopo che giornali e siti hanno a lungo cavalcato lo «scandalo» della discesa negli inferi del sesso della protagonista del film, con tanto di scene hard, attori porno usati come controfigure e il provocatorio mutismo del solitamente loquace Lars von Trier. Anche al festival di Berlino il regista danese non ha voluto parlare, ma durante la manifestazione è stato comunque possibile vedere il «volume I» del film nella sua versione integrale di 145 minuti, cioè con 35 minuti in più di quella che arriverà sugli schermi italiani. E proprio da qui, dal resoconto di quelle differenze, vorremmo iniziare a interrogarci su questo strano oggetto cinematografico.

1 Le differenze tra le due versioni, quella più hard e quella più soft, riguardano solo le scene di sesso?
La vulgata corrente vorrebbe che le differenze tra le due versione riguardasse solo scene hard inaccettabili dalle censure dei vari Paesi, ma questa è una verità solo parziale. È vero che nel mostrare la scoperta della «ninfomania» da parte della misteriosa Joe (Charlotte Gainsbourg da adulta, Stacy Martin da adolescente), von Trier non si risparmia scene molto esplicite: durante l’adescamento in treno del viaggiatore di prima classe, per esempio, e poi nel finale quando illustra il parallelo che esisterebbe tra i diversi tipi di piacere e la polifonia bachiana (con lo schermo diviso in tre parti, come le componenti musicali che nei testi per organo di Bach contribuiscono a creare l’armonia), dove le scene di sesso sono molto più esplicite e riprese in primissimo piano. Ma nella versione corta manca anche tutta una poetica parentesi arborea, con il padre (Christian Slater) che spiegando a Joe le ragioni della bellezza del frassino racconta di come nel corpo dell’albero sia imprigionato addirittura un Dio. Perché togliere anche quella parte, che aiuta a capire il «panteismo sessuale» della protagonista?

2 Si può ancora parlare di film d’autore se i tagli apportati al film non sono stati effettuati da von Trier, che li ha solo accettati?
Prima del film che si vedrà in Italia (come nelle versioni uscite in altri Stati, ad esempio la Francia) un cartello avverte lo spettatore che sono stati apportati dei tagli, che non sono stati fatti da Lars von Trier ma che comunque sono stati accettati dal regista. La spiegazione, che tacita le censure apre però nuove domande: se non è stato il regista ad operare quei tagli, che controllo ha avuto sulla sua opera? È ancora lui il vero «autore» del film? Si può ancora parlare di «opera personale» o non piuttosto di qualcosa che non rispecchia il processo creativo? Non sono domande di lana caprina, perché Lars von Trier ha costruito il suo successo proprio sulla sua forza d’autore, sul coraggio delle sue provocazioni e dei suoi «oltraggi» al buongusto e al buoncostume. Scherzava prima o scherza adesso? Oppure l’intangibilità dell’opera e la sua unicità sono idee che si sbandierano o si ammainano a secondo della convenienza?

3 Le scene di sesso sono autentiche?
Per esplicita ammissione degli attori coinvolti nel film e della stessa produzione, le scene hard sono state girate con delle controfigure (pratica non certo nuova al cinema, dove a volte si usano anche solo per le mani, o le gambe o il fondoschiena) utilizzando anche delle protesi. La stessa Gainsbourg ha detto a Le Monde che siccome la metteva più a disagio mostrarsi nuda piuttosto lasciar immaginare le sue pratiche estreme, nelle scene osé indossava delle culotte che i truccatori si incaricavano di mascherare. Niente di «scandaloso» se non fosse che per anni Lars von Trier aveva teorizzato un cinema che non «ingannasse» lo spettatore e mostrasse le cose come sono. Perché allora pensare e girare un film sul sesso dove proprio il sesso non è autentico?

4 Che senso ha un film diviso in due parti e distribuito in due diversi momenti?
Ma la domanda più importante è quella che riguarda la divisione del film in due parti, che non sono concluse in loro stesse (come i tre film del Signore degli anelli ) ma arbitrariamente sospese a metà. Nel «volume I» si arriva all’eccesso di affidare a un’attrice il compito di far interpretare le esperienze sessuali che è un’altra attrice a raccontare: Charlotte Gainsbourg confessa quello che è Stacy Martin a mostrare. Solo sui titoli di coda vediamo piccoli estratti di quello che la Gainsbourg farà nel secondo film. Ma allora non era meglio costruire un solo film? O all’origine c’è solo un puro calcolo commerciale: lasciare le scene più scioccanti nel secondo film e intanto sfruttare l’eco dello scandalo per attirare più persone possibili col primo?

5 Sesso, morale e filosofia: qual è il senso del film?
Resterebbe da chiedersi che cosa ci vuol dire con questo film Lars von Trier e fino a che punto il regista danese è capace di elaborare le proprie ossessioni (perché è evidente che quello che vive sullo schermo Joe è soprattutto la proiezione delle fantasie — maschili — del regista) per «parlare» a chi lo guarda o non è piuttosto vero che «sfrutta» la buona fede degli spettatori per esorcizzare le proprie ossessioni. Ma per rispondere a queste domande sarà meglio aspettare di vedere il «volume II».