Marco Mensurati, la Repubblica 1/4/2014, 1 aprile 2014
IL RUSSO DI ROMA CHE SORPRENDE LA F1
Nascosta dal clamore della Mercedes che fa tremare il mondo (e il mondiale), c’è l’impresa di un ragazzino di 19 anni che sta facendo stropicciare gli occhi a molti. Si chiama Daniel Kvyat è russo di origine e italiano d’adozione (vive a Roma, vicino piazza Barberini) e ha la faccia di uno che non vorresti mai avere come nemico e la determinazione da rottweiler. Alla prima gara in F1 ha battuto il record del pilota più giovane ad andare a punti. Prima apparteneva a Sebastian Vettel. E ora a lui. 19 anni e 324 giorni, contro 19 anni e 349. L’appuntamento era per le 18. Il cronista si presenta alle 18.07, per vari motivi. E lui mette subito in chiaro le cose. «No, tranquillo, tanto non ho niente da fare io, qui». E poi, «dai non ti preoccupare, scherzavo», ma solo dopo un paio di secondi. E pensare che dicevano che non ci sono più italiani in F1.
«Infatti sono russo. Ma potete anche considerarmi un po’ italiano, se volete. Vivo da voi da 7 anni, ci ho passato tutta l’adolescenza, a Roma ho fatto le medie e le superiori».
Liceo?
«Linguistico, parlo quattro lingue, russo, italiano, spagnolo e inglese».
E tifa Roma.
«Sì, sono un fan di Totti, qui in Toro Rosso è pieno di italiani. Ci sono tutte le rappresentanze calcistiche, è divertente ».
Cosa fa suo papà?
«Sinceramente no lo so. Ha qualche business piccolo tra Roma e Mosca. Mia mamma, invece, è casalinga. Mi aiuta molto quando sono a Roma. Cioè, quasi mai, sono sempre in giro con il team».
Mica si lamenterà della vita da pilota?
«Macché. Dico solo che ora che faccio la F1, non sono più a casa, e non vedo i miei. Mio papà, però, alla gara di Melbourne, c’era».
Il giorno del record.
«Sì, be’ lui è parte di tutto questo. Non poteva mancare, è stato bellissimo ».
Come ha cominciato?
«Come tutti, coi kart. Per questo sono venuto in Italia. Non avete piloti di F1 ma avete una grande tradizione di corse e motori. Da voi sono diventato un pilota».
Per il sedile della Toro Rosso ha fatto le scarpe a Carlos Sainz Junior, uno con pedigree e la raccomandazione di Fernando Alonso.
«Nella F1 non bisogna solo essere veloci, bisogna essere veloci quando serve. Come nella vita. E ora, qui, ci sto io».
Che pilota è lei?
«Non mi piace giudicarmi. Sono uno molto regolare. Il modello di riferimento è Schumacher. Sempre all’altezza della situazione. L’importante è avere l’intelligenza e la duttilità di adattare il proprio stile di guida alle esigenze della F1. Che cambiano di anno in anno. Hamilton è uno che lo sta facendo molto bene».
Chi sono i più bravi in circolazione?
«Io» (sorride, ma non troppo).
A parte lei?
«La mia top five: Hamilton, Alonso, Vettel, Button e Rosberg. In ordine sparso. Spero di entrarci al più presto anche io».
Sabato per poco non faceva fuori Alonso dalle qualifiche.
«Ci siamo parlati e chiariti, come fanno gli uomini. Tutto ok».
Obiettivi?
«Non mi piace parlare di obiettivi, preferisco procedere passo per passo»
La Ferrari?
«Sono un pilota Toro Rosso, e faccio parte di un programma Red Bull».
Lei Magnussen, Vergne, Ricciardo, Bottas, dicevano che non c’erano buoni piloti giovani in giro.
«Sangue nuovo, vogliamo spingere e affermarci. Le macchine nuove non c’entrano nulla. La verità è che voi non li conoscevate ma Magnussen e Bottas sono sempre stati veloci. Vedrete che fatica per Button e Massa».
Che cosa pensa delle polemiche sulla nuova F1?
«Che fanno parte del gioco. Ma non hanno molto senso. Quando guardavo le macchine di F1 sul rettilineo di Monza da ragazzino, andavano a 330. Quest’anno andranno a 360 e anche di più. Ad ogni rivoluzione si perde e si guadagna qualcosa. L’importante è guidare».