Fiamma Satta, Vanity Fair 2/4/2014, 2 aprile 2014
MICHAEL JACKSON O LUPITA? OVVERO: NERI O «SBIANCATI»?
Malcolm X non voleva che i neri si stirassero i capelli perché equivaleva a rinunciare alla propria identità per somigliare ai bianchi. Quando fu assassinato (1965), Michael Jackson era un bellissimo bambino di sette anni, dai capelli crespi e il talento esplosivo. Che cosa avrebbe pensato vedendolo trasformarsi pian piano in una diafana donna bianca dai capelli spioventi? E a Michelle Obama, che si stira i capelli e gioca con le frangette, direbbe che si camuffa da bianca? Certo, inorridirebbe della diatriba fra la popstar camerunense Dencia, che sponsorizza una crema che sbianca la pelle dallo slogan «Bianche significa pure», e l’attrice kenyana premio Oscar per 12 anni schiavo Lupita Nyong’o che, invece, incoraggia le donne a essere orgogliose della loro pelle nera. Difendere il diritto a modificare capelli e colore della pelle «ognuno come gli va» o combattere le ossessioni che fomentano insicurezza e mancanza di autostima? Fatto sta che lo skin bleaching dilaga sia in Africa (in Nigeria il 77% delle donne usa prodotti chimici per schiarirsi) che in Asia
(le indiane nel 2012 hanno usato 258 tonnellate di creme sbiancanti). In tali biancori umani mi pare di vedere nero.