Francesca De Sanctis, L’Unità 2/4/2014, 2 aprile 2014
MARINA MASSIRONI
Si, È VERO. MARINA MASSIRONI SIAMO A ABITUATI AD IMMAGINARLA PIÙ SPESSO IN RUOLI LEGGERI BRILLANTI, MAGARI COME SPALLA COMICA DEL TRIO ALDO, GIOVANNI & GIACOMO. Ma lei ama il suo lavoro, le piace confrontarsi con ruoli diversi e fare, quando può, anche cose molto diverse. «Cerco sempre di cimentarmi in ruoli che mi interessano davvero», dice. E nello stesso tempo a trovare il giusto equilibro fra il cinema e il teatro, bé talmente giusto, verrebbe da dire, che lo stesso giorno – cioè domani – debutterà in teatro con La scuola e sarà in tutte le sale cinematografiche con il film Pulce non c’è.
«Una giornatona quella di domani...» scherza. La scuola, in realtà, è stato un grande successo di vent’anni fa. La pièce si intitolava Sottobanco ed era interpretato da un gruppo di attori capitanati da Silvio Orlando e diretti da Daniele Luchetti, tuttora regista dello spettacolo in scena al Teatro Ambra Jovinelli di Roma (fino al 13 aprile). Sottobanco divenne poi, nel 1995, un film intitolato La scuola.
Non capita spesso che una pièce finisca poi per trasformarsi in un film... ma lei, Marina, se lo ricorda quello spettacolo?
«Era il 1992 e in quel periodo ricordo che ero sempre in giro a registrare corti con il trio (Aldo, Giovanni & Giacomo). Poi si sa, chi fa teatro riesce a vedere poco gli spettacoli degli altri. Riposiamo tutti il lunedì! Quindi no, non l’ho visto. Ma ricordo bene il film, tratto, come lo spettacolo, dai libri di Domenico Starnone. L’idea di recuperare uno spettacolo di vent’anni fa, con la stessa regia e con metà cast identici (in scena Silvio Orlando, Marina Massironi, Vittorio Ciorcalo, Roberto Citran, Roberto Nobile, Antonio Petrocelli, Maria Laura Rondanini ndr), nasce credo dall’idea che certe cose, certe situazioni non cambiano mai...».
In questi venti anni però sono cambiate tante cose, è cambiato il Paese ed è cambiato il mondo della scuola: cos’è. Invece, che rimane sempre?
«Sicuramente il rapporto fra gli allievi e gli insegnanti. L’insegnamento in generale è un tema universale, sempre aperto. E certe tipologie d professori c’erano venti anni fa e ci sono adesso: c’è chi è più democratico e chi più reazionario c’è chi pensa che certi allievi sarebbe meglio se andassero a zappare la terra... ecco io, in verità preferirei di no, ma insomma nello spettacolo gli insegnanti sono più adolescenti degli adolescenti. C’è una palestra con le impalcature, una scuola che si allaga, ma al di là delle situazioni simili a quelle di ieri e il senso politico del film – a tratti è anche poetico –l’aspetto interessante. Si avverte un senso di smarrimento, l’urgenza d qualcosa. Ma è pur sempre una commedia, in cui noi attori ci siamo anche scontrati e poi incontrati, grazie a Luchetti che ha contribuito all’armonia».
E con Silvio Orlando come è andata?
«Benissimo. Noi due avevamo già lavorato insieme in una serie tv. È una persona molto generosa e un ottimo capo comico. E non lo dico tanto per dire, ma perché è proprio vero. Con lui in teatro è sempre un work in progress».
A proposito, si trova più a suo agio al teatro o al cinema?
«Io sto sicuramente meglio al teatro. Ogni sera è una esperienza chiusa e posso verificare immediatamente com’è andata. Lavorare per il cinema è più faticoso, e non puoi avere subito un riscontro perché devi aspettare che il film esca nelle sale».
E ora uscirà in tutte le sale, dopo l’anteprima al Nuovo Sacher, «La pulce non c’è», motto apprezzato in diversi Festival. Firma la regia Giuseppe Bonito, alla sua opera prima. Come vi siete incontrati?
«Mi ha contattato lui per propormi questo film, che a me è piaciuto molto. Ho sentito la necessità di raccontare questa storia».
Non è una storia facile...
«È una storia vera, successa realmente, che ha per protagoniste due sorelle, una delle quali autistica. La più grande ha raccontato questa storia nel suo romanzo di esordio. Non è facile, certo, raccontare quello che avviene in una famiglia dove piomba per errore un’accusa indegna. La piccola “Pulce” viene sottratta ai genitori. È una storia che parla di incompetenze, di mancanza di sensibilità, di rapporti assurdi con le istituzioni. E del grande coraggio di questa famiglia. Io sono la mamma e Pippo Delbono il papà. Le due bambine sono state scelte fra circa 4000 allieve delle scuole torinesi, non avevano mai recitato, eppure sono bravissime».