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 2014  aprile 02 Mercoledì calendario

GIUSEPPE, ATLETA DEI RECORD A 97 ANNI «FINO AI 50 ERO PIGRO E FUMAVO»


Ogni tanto prende il raffreddore. Capita, a 97 anni (98 il prossimo 20 maggio). Anche perché Giuseppe Ottaviani da Sant’Ippolito, «il paese degli scalpellini», mille anime tra Fano e Pesaro, non è che poi faccia molto per riguardarsi. «Mi alleno a giorni alterni, ma spesso capitano anche due sedute consecutive. Vado in palestra o al campo di atletica all’aperto di Fano» racconta al telefono, la voce squillante di uno che dalla vita ha ottenuto uno sconto che ha del miracoloso: «Se non ci fosse la carta d’identità, davvero non ci crederei di essere a un passo dal secolo di vita: e pensare che non faccio niente di particolare per stare bene!». È giorno di interviste, oggi, per Ottaviani. Lo cercano alcune tv. Il telefono squilla in continuazione. Ma a Sant’Ippolito non si scompongono: lo sanno da un pezzo che l’ex sarto del paese, con quel fisico che è un inno alla normalità (un metro e 70 d’altezza per una cinquantina di chili), è un fenomeno unico, un «ET» dell’atletica, forse un mistero per la scienza, anche se a lui non piace sentirselo dire: «Adesso non facciamola troppo lunga, eh...».
Gli ultimi sei giorni — questo signore nato nel bel mezzo della Prima guerra mondiale (1916) e divenuto maggiorenne sotto le bombe della Seconda — li ha trascorsi su una pista di atletica indoor a Budapest, campionato mondiale over 35. Non che se la dovesse vedere con aitanti quarantenni, non esageriamo: lui ha gareggiato nella categoria Master (dai 95 ai 99 anni) e si è portato a casa la bellezza di 10 medaglie d’oro, consacrandosi l’atleta Master italiano più titolato di tutti i tempi davanti a Vittorio Colò (7 ori nel 1997) e a Ugo Sansonetti (5 nel 2004). Il punto però non è il bottino degli ori. Gareggiava da solo, Ottaviani, visto che i suoi rivali di sempre (il già citato Sansonetti, l’amico e plurimedagliato Giuseppe Rovelli e altri due brasiliani, tutti ultranovantenni) hanno dato forfait all’ultimo. Il punto è che nelle sue 10 gare in solitaria, l’ex sarto di Sant’Ippolito ha ottenuto un record mondiale (nel salto triplo: 4,44 metri) e tre primati europei (nel salto in lungo con 1,83 metri, nel salto in alto con 0,82 metri e nei 200 metri con un 1’56” 32). Ai quali vanno aggiunte le gare dei 60 metri (14” 67), del lancio del disco (14,20 metri), lancio del peso (5,39 metri), lancio del martello (12,17), lancio del giavellotto (11 metri) e lancio del martello con maniglia corta (5,54 metri). «Si è fatto due gare al giorno, una maratona: anche per noi, che lo conosciamo da sempre, è stupefacente...» commenta il figlio Paolo, consulente finanziario (gli altri sono Marzia, avvocatessa e maratoneta di livello, e Matelda, farmacista).
Ora uno pensa: chissà questo signore che vita monacale ha fatto nelle sue precedenti esistenze. Sbagliato. Intanto Ottaviani, come tanti della sua generazione, non è affatto nato nella bambagia. «I miei genitori non avevano i soldi per farmi studiare e così ho imparato il mestiere di mia madre, che faceva la sarta per uomini». A vent’anni, la chiamata in guerra: «Era il primo febbraio del 1937, ero autista in aeronautica: Ferrara, Padova e poi Torino dove mi trovai sotto i primi bombardamenti». Quindi tre anni in Francia e il ritorno al paesino di Sant’Ippolito a fare il sarto, il marito (sposato con Alba, 90 anni) e poi il nonno (due nipoti). Lo sport l’ha scoperto a 70 anni. «Mai fatto niente prima. Fino ai 50 ho anche fumato. Ancora adesso a tavola mangio di tutto e non rinuncio a un bicchiere di rosso».
È stato al momento della pensione che Ottaviani ha cominciato a frequentare il campo di atletica: «Fu il professor Graziano Bacchiocchi ad iniziarmi alla velocità e ai lanci, erano gli anni Ottanta». Subito arrivarono le vittorie (39 in tutto i titoli nazionali). Altro debutto nel 2010, a 94 anni, quando, seguito dal professor Mauro Angelini, Ottaviani si cimenta nel salto in alto, lungo e triplo. Ama dire che la molla della sua vita è la curiosità. Si è comprato un computer e naviga in Rete. Come un ragazzino mai sazio.
Francesco Alberti