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 2014  aprile 02 Mercoledì calendario

DA ANNA D’ASBURGO AD ANNE HIDALGO LA RIVINCITA DELLA SPAGNA SUI FRANCESI


Al secondo turno delle Municipali di domenica scorsa, la carica di sindaco di Parigi è passata da Bertrand Delanoë ad Anne Hidalgo, socialista con doppia cittadinanza, nata nel 1959 a San Fernando, vicino a Cadice, in Andalusia: i genitori emigrarono in Francia nel 1961 sulle orme del nonno paterno di Anne, rifugiato dopo la Guerra civile spagnola. Il voto amministrativo ha segnato la disfatta del Partito socialista del presidente François Hollande, che ha chiamato a capo del governo un altro «francese di sangue misto», come lui stesso si definisce, il catalano Manuel Valls, 51 anni, nato a Barcellona e naturalizzato nel 1982.


Non so se Francia e Spagna siano unite o separate dai Pirenei, la catena montuosa che corre per 430 chilometri tra il Cap de Creus sul Mediterraneo e il Cabo Higuer sull’Atlantico. L’uso del verbo dipende dalle circostanze storiche e dal punto vista. Quando rifletteva sulla mutabilità dei giudizi a seconda delle latitudini, Pascal disse ironicamente che le cose cambiano non appena attraversano queste montagne: sono vere da una parte e false dall’altra. Luigi XIV, invece, era convinto che la politica potesse addirittura cancellare i monti dalla carta geografica. Secondo Voltaire, quando suo nipote, il duca d’Anjou, lasciò Parigi per salire sul trono di Spagna, il re di Francia lo salutò dicendo «non ci sono più i Pirenei». Intendeva dire che fra i due Paesi vi sarebbe stato da quel momento un indissolubile legame famigliare. Luigi il Grande era almeno in parte spagnolo. Sua madre, Anna d’Asburgo, era nata a Valladolid, prima figlia di Filippo III, era stata battezzata alla fonte con nomi spagnoli e non smise mai di parlare la lingua materna, soprattutto con il cardinale Mazarino, di cui era amante e, forse, sposa segreta.
I Borbone, del resto, erano ormai in buona parte spagnoli. Prima di abiurare la sua fede luterana e diventare re di Francia («Parigi vale una messa»), Enrico IV aveva regnato su Navarra, un piccolo Stato a cavallo dei Pirenei; e anche i baschi, che non sono né spagnoli né francesi, occupano una regione che si estende sui due lati della frontiera naturale.
In altri tempi, invece, i Pirenei erano stati una barriera politica e religiosa. Gli storici non credono che Orlando (in francese Roland) sia morto a Roncisvalle nel 778 combattendo contro i «mori» per consentire a Carlo Magno di passare in Francia con il suo esercito dopo la sfortunata campagna militare con cui aveva cercato di cacciare i musulmani dalla Spagna. Pensano piuttosto che dietro la tragica fine del più famoso paladino medioevale vi fosse una banale imboscata di predoni locali, rozzi montanari che vivevano taglieggiando e massacrando le carovane dei mercanti. Ma è vero che soltanto la fine della Reconquista ristabilì l’unità religiosa fra quelli che furono da allora, per molto tempo, i due maggiori regni cattolici del continente.
La politica unisce e divide. Vi furono momenti in cui francesi e spagnoli combatterono insieme contro lo stesso nemico, altri in cui si scontrarono, talvolta lungo le frontiere dei loro rispettivi imperi coloniali. Ma la Francia cresceva sino a diventare, fra il Seicento e il Settecento, la maggiore potenza europea a sud della Manica, mentre la Spagna, pur conservando il maggiore impero coloniale del mondo, si chiudeva in una sorta di altezzoso e bigotto provincialismo. Vi fu anche un tentativo di modernizzazione nel corso del Settecento quando le idee dell’Illuminismo attraversarono i Pirenei e cominciarono a scendere lungo la penisola. E vi fu una guerra franco-spagnola dopo la rivoluzione francese, nel 1793, quando il Borbone di Madrid volle vendicare la morte del Borbone di Parigi, decapitato dalla ghigliottina nelle peggiori giornate del Terrore. Ma l’esercito spagnolo capitolò di fronte a quello della Francia rivoluzionaria e un trattato di pace fece della penisola iberica un satellite francese.
Più tardi, nel 1807, Napoleone andò oltre e decise di farne un feudo familiare. Costrinse i Borbone a farsi da parte con metodi che ricordano quelli di Hitler con l’Ungheria dell’ammiraglio Horthy durante la Seconda guerra mondiale, e installò sul trono il fratello Giuseppe. Fu quello il momento in cui i francesi si accorsero che un vecchio Stato, tanto diverso ormai da quello del secolo d’oro, poteva essere abitato da un popolo orgoglioso.
L’insurrezione spagnola del 1808 fu la prima delle grandi guerre di liberazione combattute contro Napoleone. I francesi potevano vincere le battaglie, ma non riuscirono mai a debellare la fierezza spagnola. La migliore storia di quel periodo, fra il 1808 e la fine dell’era napoleonica è quella dipinta e incisa da Goya nel grande quadro che ritrae la fucilazione degli insorti il 3 maggio 1808 e nelle incisioni dei «Disastri della guerra».
Quindici anni dopo, nel 1823, i francesi tornarono in Spagna. In entrambi i Paesi il re, in quel momento, era un Borbone: Luigi XVIII a Parigi, Ferdinando VII a Madrid. Quando i liberali spagnoli insorsero contro il loro sovrano, quello di Parigi decise di sostenere il cugino e inviò un corpo di spedizione in cui prestava servizio anche un giovane principe di casa Savoia, di nome Carlo Alberto, destinato a salire qualche anno dopo sul trono di Torino. La battaglia decisiva fu quella per la conquista del forte del Trocadero alle porte di Cadice, che i francesi presero con un assalto alla baionetta. Non è la più bella pagina della storia militare francese, ma ha dato il suo nome a un luogo di Parigi da cui si gode una splendida vista della Torre Eiffel e del Campo di Marte. Un turista molto particolare, Adolf Hitler, vi inscenò un macabro balletto il 23 giugno 1940.
Durante la Guerra civile spagnola, dopo il golpe franchista del 1936, i repubblicani sperarono che il governo di Léon Blum avrebbe fatto per la loro causa ciò che il governo di Luigi XVIII aveva fatto per i reazionari di Ferdinando VII. Parigi fu il maggiore centro di reclutamento europeo per i volontari delle Brigate Internazionali e, per molti aspetti, una retrovia della Guerra civile. Ma la Francia ufficiale preferì restare alla finestra. Si sdebitò, almeno in parte, accogliendo un certo numero di profughi alla frontiera dei Pirenei dopo la caduta di Barcellona. Altri arrivarono più tardi, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, e il gruppo s’ingrossò, per motivi economici e sociali, sino a creare una comunità spagnola che contava nel 1968 più di 600 mila persone. Da allora molti sono tornati in patria non appena il loro Paese ha potuto trarre vantaggio dall’ingresso nella Comunità economica europea. Oggi vanno e vengono a tutti i livelli sociali, come accade ormai fra parecchi Paesi dell’Unione, e il numero di coloro che hanno la doppia nazionalità, come Anne Hidalgo, nuovo sindaco di Parigi, è diventato una legione. Luigi XIV ha finalmente ragione: non ci sono più i Pirenei.