Andrea Malaguti, La Stampa 2/4/2014, 2 aprile 2014
RENZI L’ECUMENICO CONQUISTASIA CAMERON SIA MILIBAND
Ho creduto in Berlusconi. Faceva buone promesse. Non le ha mantenute. Ora mi fido di Renzi. Si muove in fretta. Potrebbe essere un ottimo leader anche per l’Europa» - Boris Johnson, sindaco Tory di Londra, abbandonando Lancaster House in bici.
L’Uomo Passepartout. Alle nove di sera, Matteo Renzi, il bambino che voleva essere Tony Blair, si siede a tavola di fronte all’idolo della sua infanzia, un ex Capo di governo che per il primo ministro italiano è un po’ quello che Maradona è per Sorrentino. Solo che quello è spettacolo. E questo è potere. «Mi piace come ti muovi», gli dice Blair. La conclusione perfetta di una giornata quasi perfetta, in cui Renzi riesce con un’insolita narrativa trasversale - deregulation ma più giustizia sociale, flessibilità ma meno distanza tra chi guida un’azienda e chi ci lavora - a incassare il consenso di David Cameron e di Ed Miliband, il leader conservatore che incarna lo spirito thatcheriano applicato al terzo millennio e il figlio dello storico marxista Ralph che testimonia l’anima egalitarista dei nipoti dei minatori e dei precari supertecnologici di nuova generazione. Euroscettici e eurofanatici rassicurati dal leader di centrosinistra più amato dal centrodestra. «Non vogliamo più Europa, vogliamo un’Europa migliore». Buonsensismo ecumenico e postideologico. Una rivoluzione dolcemente spietata che promette di chiudere col passato senza seppellirlo.
Mattina, ambasciata. Matteo Renzi, ribattezzato MatTony da un fotografo, incontra un centinaio di uomini d’affari. Italiani di successo. Finanzieri di Credit Suisse, Royal Bank of Scotland, Jp Morgan o Goldman Sachs. Anticipa le cose che dirà a Cameron. «Ci sono 2.100 regole sul lavoro. Portiamole a 50. Traduciamole anche in inglese. Innovazione, facilità e chiarezza». Quelli fanno sì con la testa. «I manager pubblici non possono prendere cento volte di più dei dipendenti. Le persone vanno valorizzate. Non sono oggetti». Pensa a Moretti. Al pubblico. Ma non solo a quello. Esce e va a Downing Street. Folla di telecamere. «I dati sul lavoro sono angoscianti», spiega. Incontra Cameron. Feeling consolidato. «Io sono di centrodestra e lui di centrosinistra, ma entrambi vogliamo riformare l’Unione Europea», dice il premier britannico. Renzi invece dice che entro il 2018 porterà la disoccupazione in Italia al di sotto della doppia cifra. «Se non raggiungo i risultati vado a fare altro». Cameron gli presenta la figlia Florence. «Questo è l’ex sindaco della città che porta il tuo nome». Risate. Renzi saluta e torna all’ambasciata per incontrare Ed Miliband, leader laburista, che per prendersi il partito ha fatto fuori il fratello David. Hashtag Davidstaisereno. I tradimenti italiani sembrano il tea delle cinque. Parlano un’ora. Decidono di risentirsi dopo le elezioni. Di ricucire il filo del socialismo europeo. Miliband scivola fuori soddisfatto. «Matteo mi ha impressionato. Mi piace la sua idea di riforme». Bye bye. A presto. Prendiamoci l’Europa. Esce anche Renzi. Ancora folla di cronisti. Lui sorride con la diffidenza dissimulata di chi sa di essere continuamente esposto agli sguardi della gente. Va a Lancaster House dove, assieme a Boris Johnson, c’è da celebrare il 150 anniversario dell’arrivo di Garibaldi a Londra. Prosecco e tartine. Anche Johnson giura che Renzi è il futuro. «Destra o sinistra non importa. Importa il cambiamento». Così MatTony corre all’inaugurazione di «The glamour of italian fashion 1945-2014» al Victoria and Albert Museum. «Moda e cibo sono fondamentali per l’Italia». Pienone di stilisti. E piccola contestazione. Un gruppo di ragazzi. Alcuni del Movimento 5 Stelle. Cartelli che dicono: «Benvenuto al primo ministro italiano non eletto». Il suo tallone d’Achille. Renzi li guarda di sguincio. Passa oltre. Altri baci. Ci sono Dolce e Gabbana e Valentino Garavani. Foto con Naomi Campbell. Che non sarà italiana ma resta una meraviglia. Altri abbracci. Soprattutto la cena, di nuovo in ambasciata, con Blair. «Grazie Matteo». «Grazie a te, Tony». L’uomo dei sogni, che adesso, quando lo guarda, gli sembra una stella lontana. Pare che brilli ma è una luce di decine di migliaia di anni fa. Adesso è lui Tony Blair. Anche se le urne ancora non gliel’hanno detto.