Gillian Orr, D, la Repubblica 29/3/2014, 29 marzo 2014
AL SERVIZIO DI UNA STELLA
Volendo dar credito ai titoli dei giornali, il lavoro di assistente personale per un personaggio di alto profilo è fatto di telefonate nel cuore della notte, richieste stravaganti e, di tanto in tanto un BlackBerry lanciato addosso (come può testimoniare l’ex assistente di Naomi Campbell).
Il complesso ruolo del personal assistant torna oggi a occupare l’attenzione dell’opinione pubblica grazie a due recenti casi giudiziari. Durante il processo per lo scandalo delle intercettazioni a News of the World, la corte ha ascoltato una serie di dettagli sull’ex direttore del giornale, Rebekah Brooks, dalla bocca di due dipendenti chiave: le sue assistenti a News International. All’Old Bailey, sede del tribunale penale centrale di Londra, si è sentito dire che Cheryl Carter e Deborah Keegan «di fatto le gestivano la vita», occupandosi di tutto, dai mutui bancari a sua madre. Poi siamo invece venuti a conoscenza di alcune delle richieste più bizzarre formulate da Nigella Lawson e Charles Saatchi alle loro ex assistenti, Francesca ed Elisabetta Grillo, dopo che le due erano state imputate (e poi assolte) per frode nei confronti di Saatchi. Tra i singolari incarichi di lavoro affidati alle due sorelle, comprare copie su copie del libro del gallerista per spingerlo nella classifica dei bestseller e fare in modo che il suo frigorifero fosse sempre rifornito di una quantità di semplici uova sode.
Com’è prevedibile, per questo genere di succosi dettagli sulle richieste più bizzarre delle star, certi media sbavano. La notizia secondo cui Lady Gaga avrebbe fatto dormire la sua ex assistente nel proprio letto perché odia stare sola è stata riferita in toni allegri. Allo stesso modo, è ben documentato il fatto che Robert Maxwell fosse così infatuato della sua assistente Andrea Martin da farle mettere sotto controllo il telefono.
Ma al di là di certi racconti dell’orrore e di alcuni ritratti non esattamente lusinghieri apparsi sulla stampa specializzata in gossip, che cosa comporta davvero lavorare come assistente personale di una celebrità? E quali sono i vantaggi del mestiere?
Deborah Shaw, che in passato ha lavorato come assistente personale di Charlton Heston (ma si guarda bene dal lasciarsi sfuggire per chi lavora oggi), dice che gli stipendi «dipendono molto dalla persona con cui si ha a che fare». Quanto a lei, lascia intendere che un assistente reperibile ventiquattr’ore su ventiquattro può ricevere tra i 90mila e i 120mila euro all’anno, mentre quelli che hanno orari più regolari viaggiano fra i 40 e i 60mila.
Un altro degli aspetti allettanti del mestiere è la varietà della giornata lavorativa, spiega Donna Coulling, assistente di Helena Bonham-Carter e Rachel Weisz. «Ogni giorno è diverso, e a me piace non sapere mai che cosa farò quello successivo. Certo, bisogna essere persone di un certo tipo, per fare questo lavoro. Non è una cosa da tutti». Dopo aver lavorato con le sue clienti per più di undici anni, Coulling dice che per lei è diventato facile tornare ogni fine giornata dalla gestione di uno stile di vita da star alla propria esistenza tutto sommato normale (anche se lei ha sviluppato un certo gusto per la biancheria da letto raffinata). «Certi confini si confondono un po’, in effetti.
A me capita di pensare “Ah, anch’io dovrei proprio fìssare l’appuntamento per farmi sbiancare i denti”. Poi torni in te: no che non devi, perché tu non vivi sotto i riflettori». Se qualcuno pensa che gli assistenti vengano sommersi da una pioggia infinita di regali, si sbaglia. La realtà è che il più delle volte la cosa si limita a un bel regalo per il compleanno e uno per Natale. «Come per chiunque altro, insomma», osserva Coulling. «Anche se è vero che dopo la cerimonie dei premi possiamo tuffarci nelle goody bags (le borse piene di omaggi lussuosi che i divi ricevono a questi eventi)».
Sia Shaw che Coulling concordano sul fatto che prima di accettare un lavoro di questo genere è necessario chiarire bene i dettagli dei compiti che si dovranno svolgere. «Quella è una responsabilità tua. Ci sono persone che vengono maltrattate, è vero, ma sinceramente penso che siano loro a permetterlo. A me in passato è capitato di dire a qualcuno dei miei ex datori di lavoro che una certa cosa non l’avrei fatta, che stava tirando un po’ troppo la corda», racconta Coulling.
«Alla gente io dico sempre che al colloquio bisogna arrivare sicuri di quello che non si è disposti a fare. Se una non vuole occuparsi dei bambini, per esempio, deve dirlo chiaramente».
Coulling fa parte di un gruppo chiamato Association of Celebrity Assistant (del quale Deborah Shaw è presidente), che opera come una specie di “rete” tra colleghi speciali. Oltre a disporre di un’area del sito il cui accesso è riservato ai membri, e nel quale si può chiedere aiuto per qualsiasi richiesta “strana” un assistente possa ricevere, il gruppo organizza anche degli incontri dal vivo per offrire supporto, e probabilmente anche per scambiare aneddoti sui rispettivi capi. Inutile chiedere: «Per iscriversi bisogna sottoscrivere un accordo di riservatezza», spiega Shaw, «in modo da essere sicuri che quel che viene detto durante gli incontri non esca da lì».
In questo settore, naturalmente, la discrezione è fondamentale. Qualsiasi assistente personale che sappia fare il suo mestiere lo conferma, e la maggior parte di loro ha firmato contratti con clausole di riservatezza. Harrison Cheung, che dal 1993 ha lavorato per un decennio come assistente dell’attore inglese Christian Bale, evidentemente non aveva preso accordi del genere. Nel 2012, Cheung ha pubblicato il libro Christian Bale: The Inside Story of the Darkest Batman (“Christian Bale: la storia segreta del cavaliere più oscuro”), in cui del periodo trascorso con il protagonista di Batman racconta parecchio.
Oltre a incarichi classici come gestire il giardiniere, rispondere a suo nome alla posta dei fan e sbrigare commissioni varie, Cheung riceveva anche telefonate alle due del mattino ed era costretto a intrattenere i parenti dell’attore in visita. «Lo divertiva un sacco obbligarmi a chiamarlo ‘governatore’», ricorda.
Cheung oggi lavora nel campo dell’internet marketing per la IBM, e il suo suggerimento agli aspiranti assistenti di celebrity è quello di tenere accuratamente separati il dovere e il piacere. «È davvero troppo facile lasciarsi risucchiare nei melodrammi quotidiani della vita di qualcun altro», dice. «Finisci per non vivere più la tua, di vita. Ne vivi un’altra votata alla carriera altrui, e a pagarne il prezzo è la tua».
Comunque sia, Coulling a Shaw ci tengono a sottolineare che la stragrande maggioranza degli assistenti personali ama il proprio mestiere, e con i datori di lavoro va d’amore e d’accordo. A volte, poi, un impiego del genere può essere un trampolino di lancio per cose più importanti. Chiedete un po’ all’ex assistente di Madonna, che ha finito per diventare il suo manager. «Credo che valga lo stesso per qualsiasi ambiente», osserva Coulling. «Bastano un paio di racconti agghiaccianti per macchiare un intero settore». L’unica cosa da tenere a mente è che bisogna rispettare alcuni importantissimi confini. «Anche se con il datore di lavoro si va molto d’accordo, ci si rispetta e si apprezza la reciproca compagnia, la morale resta sempre che sei lì perché ti pagano», conclude Shaw.
A quanto pare il fantasmagorico mondo degli assistenti personali somiglia in fondo a qualsiasi altro lavoro: se il tuo capo è un mostro, non vedi l’ora che arrivi il fine settimana. Ammesso che il tuo capo te lo lasci libero, naturalmente.
(©The Independent - Traduzione di Matteo Colombo)