Paolo Serpi, ItaliaOggi 1/4/2014, 1 aprile 2014
PERISCOPIO
Il Senato non deve essere eletto, se non passa la riforma finisce la mia storia politica. Se Pera o Schifani avessero lanciato avvertimenti come Grasso, la sinistra avrebbe fatto i girotondi sotto Palazzo Madama. Matteo Renzi. Corsera.
Ogni sessanta secondi Apple guadagna 70 mila dollari, Samsung arriva a 54 mila, seguite da Microsoft e Google. Twitter invece, ogni minuto, perde 1.400 dollari. Greta Sclaunich. la Repubblica.
I senatori non pagano nemmeno i «portaborse», voce, questa, per la quale ogni senatore percepisce 5 mila euro. Tutti li hanno e tutti gli allungano in nero poco più di una mancia. L’illegalità è in vigore persino alla buvette. Niente scontrino per il caffè. Perché? Non è elegante. Giuseppina Manin, Corsera, sul libro di Franca Rame, In fuga dal Senato. Chiarelettere.
Appartengono al miscuglio di garantismo, misticismo gauchista e perdonismo cattolico che si è formato nel decennio rosso (gli anni Settanta): 1) la legge 664 (la cosiddetta «legge Gozzini», che ha aperto le porte del carcere (per buona condotta) a criminali pericolosi, consentendo, ad esempio, a un sequestratore come Strangio di riscuotere personalmente una rata del riscatto Casella; 2) la legge 330, che rende l’ingresso in prigione non meno difficile di quanto la legge Gozzini ne renda facile l’uscita; 3) il referendum sul nucleare che ci espone adesso a una grave dipendenza energetica. Saverio Vertone, L’ultimo manicomio - Elogio della Repubblica italiana». Rizzoli, 1992.
Berlusconi è un uomo di grandi qualità, di un’ambizione smisurata, ma senza principi, completamente privo di scrupoli. Amava incontrare le personalità internazionali e aveva la sfacciataggine di comportarsi senza inibizioni. Il suo ventennio è stato uno dei periodi peggiori della storia italiana, nella quale sono emerse tutte le cattive qualità della nostra classe dirigente: disordine, superficialità, volgarità, disonestà. Adesso credo che il vecchio gruppo di potere stia sparendo: Veltroni fa i documentari, D’Alema è fuori dai giochi. Per fortuna, aggiungo: è un uomo troppo furbo, troppo sottile; saccente, soprattutto. Piero Ottone. Il Fatto.
«Venite avanti» si grida dall’alto. Compaiono titubanti, tre ombre, sono indigeni avvolti nei loro barracani che si muovono agilissimi nonostante l’ingombro delle vesti e un probabile lunghissimo periodo di fame, sete e privazioni. Ora sono riuniti nel caposaldo, e nelle prime luci dell’alba quello dei tre che sembra il più autorevole guarda con sospetto i paracadutisti della Folgore che si affollano attorno a lui. Italiani, questi? Gli italiani, abitualmente, sono piccoli e bruni, mentre qui vede una gioventù gagliardisima, statura slanciata e numerosi visi nordici con occhi e capelli chiari. Sembrano inglesi anche dal vestiario, con i calzoncini e la camicia kaki. Il capo libico è preso da un dubbio assillante. «Se siete italiani», dice, «voglio sentir parlare siciliano e piemontese». Viene accontentato e si tranquillizza. Ora compare il capitano Visconti, e il capo si presenta, mettendosi sull’attenti e salutando: «Ahmed Grittia, di Sliten in Tripolitania, sergente al II battaglione libico, medaglia d’argento, croce al valore militare, promozione per merito di guerra, tiratore scelto, quattordici anni di servizio». Visconti scambia con lui alcune parole in arabo tripolino, e gli offre subito da bere e mangiare. Grittia è ormai completamente rassicurato e felice. Va a riposare con i due compagni: da quattro notti non hanno chiuso occhio. Paolo Caccia Dominioni, El Alamein 1933-1962. Longanesi, 1966.
Nel ventre degli italiani rieccheggiano gli squilli della vecchia, cara zuppa di cozze. Un richiamo antico che ci fa dimenticare il patto di stabilità europeo, il Dpef, le aliquote Irpef, le pensioni e ci riporta a tempi più rassicuranti, quando l’Italia era una piccola grande speranza e non una grande e mediocre realtà. Ma chi se ne frega del bilancio, tanto c’è Fregene. Dove si entra senza il bisogno di dimostrare la congruità del nostro deficit in banca. C’è la pineta di Ostia dove tra noantri fagottari basta un barbecue per sentirci californiani, altro che europei. Certo, facendo i finti californiani che cucinano braciole d’abbacchi sulla brace si corre il rischio di incendiare la macchia mediterranea. Ma tanto, incendio più, incendio meno. Enrico Vanzina, Commedia all’Italiana. Newton Compton, 2008.
Soltanto pochi privati e gli uffici, a quell’epoca, avevano il telefono e toccava ai ragazzini farne le veci. Se si dichiaravano «occupati» venivano spediti via con una sberla. Perciò pochi minuti dopo il figlio della vicina, con l’orecchio rosso per lo scapaccione della madre, arrivò a casa nostra a chiamare aiuto. Ero solo e fui lieto di piantare lì i compiti e accorrere. Capii che il nonno stava male più che dall’occhio chiuso e dalla bocca storta, dalla scomparsa della oleografia che avevo sempre visto sulla parete, «Garibaldi in ristrettezze economiche con la famiglia a Montevideo» rapidamente sostituita dalla nonna con una fila di santini. Non appena il medico comparve sull’uscio con la sua sagoma col giubbone e le ghette, l’occhio sano del nonno che roteava intorno come un faro si fermò sul dottore per sorvegliarne l’avanzata. Dal labbro storto, uscì un lamento sottile. «E allora, Ettore», salutò festoso, il dottor «Mani di fata», «hai finito eh di scolare quartini!?». Il medico ordinò al nonno che continuava ad aprire e chiudere l’occhio sinistro: «Piantala e apri quell’altro». La palpebra destra fu percorsa da un tremolìo e il dottore si arrabbiò ancora di più gridando: «Aprilo, dai, non fare il bambino!». Anche la nonna volle dire la sua: «Se il dottore ti dice di aprire, tu aprilo, non essere testone come al solito». Dalla gola del marito uscì un rantolo che doveva essere una maledizione. Guglielmo Zucconi, La divisa da Balilla. Edizioni Paoline, 1987.
Un’inserzione sul Lavoro di Genova annuncia che «prima di partire per l’Abissinia, i Caseifici Riuniti Piacentini avvertono tutti (creduli e increduli) che liquidano le partite di Formaggio Piacentino Stravecchione al prezzo standard, ingrosso e dettaglio, di lire 6,50 al chilo». «Italia proletaria e fascista... in piedi!», urla il Duce; ed Ettore Petrolini esala con un lazzo, dal suo letto di morte, la sua ultima battuta: «Che vergogna, morire a 50 anni!». Franco Monicelli, Il tempo dei buoni amici. Bompiani, 1975.
L’amaro, all’Ultima Cena, l’offrì Giuda. Roberto Gervaso. Il Messaggero.
di Paolo Siepi