Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  aprile 01 Martedì calendario

ECCO I DIRIGENTI D’ORO DELLE PROVINCE


Le Province spariranno, forse. Ma i loro dirigenti e le società partecipate continueranno a costarci molti soldi. Non si sa ancora nel dettaglio che fine faranno gli alti funzionari quando, come prevede il ddl Delrio, approvato pochi giorni fa dal Senato, nasceranno le città metropolitane. Probabilmente saranno trasferiti negli uffici di Comuni e Regioni. Quello che è certo, però, è che anche in questi anni di commissariamento i dirigenti hanno guadagnato parecchio, pure se le loro mansioni si sono notevolmente ridotte.
LE BUSTE PAGA
I dirigenti della Provincia di Roma sommano, infatti, allo stipendio base (43.310,90 euro all’anno) l’indennità di posizione, che varia da 60 a 66 mila euro, lordi. In tutto, dunque, gli alti funzionari si mettono in tasca da un minimo di 98.443,90 euro a un massimo che supera i 200 mila euro all’anno.
In media la retribuzione di un dirigente della Provincia di Roma è di 107.804 euro all’anno. Nelle altre Province del Lazio la media è un po’ più bassa: si ferma a 94.983 euro all’anno. Se poi si allarga il campo agli alti funzionari di tutti gli enti della Regione Lazio, allora la media arriva a 105 mila euro lordi all’anno.
È la legge, certo, ma mentre fino al 2012 le mansioni dei dirigenti delle Province erano piuttosto pesanti, da quando ci sono i commissari prefettizi molti dipartimenti sono stati di fatto svuotati di ogni funzione.
Nella Provincia di Roma, solo per fare un esempio, gli uffici che prima si occupavano di cultura, sport o politiche giovanili adesso sono senza competenze. Alle Risorse Umane negli ultimi anni sono stati organizzati una trentina di concorsi, con il superlavoro degli addetti. Adesso la musica è inevitabilmente cambiata. Tant’è che anche il bar interno a Palazzo Valentini sarebbe in difficoltà.
Alle Province restano ancora importanti competenze per la manutenzione stradale e delle scuole e la gestione dei centri dell’impiego, la formazione. Questi sono i settori in cui il lavoro dei dirigenti è rimasto rilevante.
Ma non è tutto. Alcuni dipendenti, infatti, possono contare anche sull’affidamento di altri uffici che sono rimasti sguarniti. In questo caso è prevista una quota di stipendio in più, pari al 25 per cento dell’indennità.
IL DOPPIO INCARICO
Tra i 48 alti funzionari che risultavano in servizio nel primo semestre del 2013 nella Provincia di Roma, c’è anche chi supera i 200 mila euro. Ben oltre la media nazionale che per gli incarichi più alti è di 145 mila euro.
È il caso di Vincenzo Stalteri, che ha un doppio incarico e, dunque, un doppio stipendio. Ottiene 43.310,90 euro come stipendio base, a cui si aggiungono 66.433 euro come indennità di posizione (è segretario generale). Ma visto che, nello stesso tempo, è anche direttore generale, conquista altri 66.433 euro lordi all’anno. Totale 176.176,90. A cui vanno aggiunti pure 19.312,02 (diritti di rogito secondo la legge 312/80) e 5.866,12 euro di assegno ad personam non assorbibile. Fanno 201.355,04 euro lordi all’anno.
LE SOCIETÀ
Altro capitolo riguarda le società controllate e partecipate dalle Province. Prendiamo sempe Palazzo Valentini, che compare in otto società. Al 100 per cento ha «Capitale Lavoro» e «Provinciaattiva spa». Per la prima sono stati previsti impegni sul bilancio 2013 di 17.023.516 euro, per la seconda 3.117.230. In entrambe la Provincia di Roma nomina un presidente e due consiglieri. Il presidente di «Capitale Lavoro» ha un compenso pari a 81.600 euro all’anno, quello di «Provinciaattiva» ottiene 75 mila euro.
Poi ci sono le altre partecipazioni. La Provincia di Roma ha il 69,3 per cento dell’«Agenzia Sviluppo Provincia per le Colline Romane». L’impegno di bilancio è stato di 1.608.206 euro. C’è un presidente e un consigliere. Il primo guadagna 90 mila euro all’anno.
Poi c’è la partecipazione in «Cotral Patrimonio» (12,9%) e quella in «AltaRoma» (6,6%). In quest’ultima società, che organizza le sfilate nella Capitale, l’impegno sul bilancio 2013 da parte della Provincia è stato di 235.548 euro. In questa società Palazzo Valentini esprime un consigliere, che ottiene 5 mila euro all’anno.
Chiudono le partecipazioni della Provincia, il «Car-Centro Alimentare di Roma» (3,9%), la «Banca Popolare Etica» (0,3%) e «Aeroporti di Roma» (0,3%).
L’ABOLIZIONE
È stata tanto sbandierata ma in realtà il disegno di legge Delrio cancella solo 1.774 poltrone di altrettanti politici. E lascia un punto interrogativo sul futuro. Infatti il testo crea le città metropolitane, Comuni allargati anche al territorio per ora gestito dalle singole Province. Dunque inevitabilmente aumenterà la carica delle poltrone. Si toglie da una parte e si rimette dall’altra. È comunque un inizio ma, tanto per usare un’espressione del presidente del Consiglio Renzi ieri nella conferenza stampa a Palazzo Chigi, non è assicurato «il lieto fine». La Uil di Roma e del Lazio ha presentato un dossier proprio sugli stipendi dei dirigenti e ha rilevato: «Le Province del Lazio tranne Viterbo sono attualmente tutte commissariate, così come avverrà entro l’anno in corso per l’84% di tutti gli enti provinciali italiani». Ben venga il ddl Delrio, dice il segretario generale della Uil Roma e Lazio, Pierpaolo Bombardieri, ma avverte: «Il risparmio sarà relativo visto che l’Ente non sparirebbe ma subirebbe una trasformazione con il giusto mantenimento della maggior parte dei dipendenti e dirigenti che, in alcuni casi, verrebbero dislocati nei Comuni e nelle Regioni di appartenenza, con conseguente aumento dei numeri e dei costi».
Ma non è tutto. «Che fine faranno i politici provinciali? - osserva ancora Bombardieri - Se il loro taglio presuppone un incremento del numero di assessori e consiglieri regionali e comunali, dov’è il risparmio tanto ambito? Abolire le Province significa tagliarle definitivamente ed affidare i compiti loro attribuiti ai relativi Comuni, che sono gli enti più vicini al territorio e pertanto più competenti per decidere e legiferare in merito».
Insomma, l’operazione del governo potrebbe non dare i frutti sperati, anche perché alcuni punti restano sospesi. «A chi verrebbero delegati ad esempio i centri per l’impiego? E le varie società partecipate rimarrebbero in piedi?» si chiede la Uil. «A chi verrebbero affidate tali società? Chi pagherà gli stipendi dei loro dirigenti? Purtroppo, troppi interrogativi rimangono senza risposta e questa repentina trasformazione, perché di questo si tratta, non crediamo possa realmente contribuire al risanamento del debito pubblico» spiega Bombardieri.
In effetti le cifre non regalano entusiasmi, «soprattutto considerando che i costi delle Province ammontano all’1,3% della spesa complessiva della pubblica amministrazione del nostro Paese e al 4,3% dei costi delle amministrazioni locali». Non resta che attendere, con la speranza che non sia una riforma «all’italiana».