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 2014  aprile 01 Martedì calendario

AL VIA IN CINA LA BORSA DELLE TERRE RARE


PECHINO. Dal nostro corrispondente
I cinesi non mandano giù facilmente il rospo del verdetto Wto sulle terre rare e contrattaccano. Da venerdì scorso nella Mongolia Interna è attiva la Baotou Rare Earth Products Exchange, la prima borsa in cui i 17 metalli strategici, utilizzati in numerose applicazioni hi-tech, sono diventati oggetto di contrattazioni.
Fatta eccezione per il giorno del debutto, in cui è stata consentita una fascia di oscillazione del 15%, il range di prezzo giornaliero per i contratti sarà limitato al 6 per cento. Il prezzo di apertura dell’europio è stato fissato a 4mila yuan (ossia 644 dollari) per chilo, quello del praseodimio-neodimio a 320 yuan e quello del cerio a 19.5.
Il settore è dominato proprio dalla Cina, il più grande produttore di terre rare, che adesso crea in casa propria una borsa innanzitutto per dimostrare alla Wto di essere a prova di accuse: il gesto è fatto per dimostrare la bontà del libero mercato, nonostante le critiche internazionali si siano concentrate sulle limitazioni all’export imposte da Pechino.
L’Associazione delle terre rare cinesi, che attualmente sta ancora studiando il verdetto Wto in vista di un eventuale ricorso, almeno due volte all’anno almeno fa incetta di scorte quando i prezzi calano. La Cina può permettersi di aprire un simile mercato: il Paese vanta il 90% della produzione globale. Molte terre rare hanno impieghi strategici: i jet F-35 da combattimento della Lockheed Martin ad esempio contengono neodimio, come ha dichiarato lo stesso Dipartimento della difesa americano.
Tra le altre manovre cinesi in corso, c’è quella di consolidare miniere e raffinerie dei 17 metalli, usati negli smartphone, nelle pale eoliche e nelle automobili elettriche: sei società produttrici, tra cui Baogang e Aluminium Corp of China, confluiranno nel Ganzhou Rare Earth Group.