Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  aprile 01 Martedì calendario

LE TRE SFIDE DI UNA FIAT GLOBALE


«L’anno prossimo organizzerete un volo per i piccoli azionisti ad Amsterdam?». «No». La secca risposta di Sergio Marchionne al socio misura la distanza fra la nascente Fca e la vecchia Fiat.
La vecchia Fiat, con i suoi riti e le sue consuetudini, è già morta (a parte il cordone ombelicale che la lega - unico fra i costruttori di automobili - all’editoria); e l’ultima assembea di bilancio Fiat al Lingotto, nonostante la presenza dei tradizionali disturbatori e oltre un migliaio di soci, si è svolta in un’atmosfera tutto sommato dimessa rispetto a quello che resta un evento comunque storico.
Marchionne si è soffermato con i soci sul percorso di 5 anni, un «grande progetto di cooperazione industriale e culturale avviato nel 2009». Marchionne ha parlato ieri di «un clima non sempre favorevole» ma non ha rispolverato ieri in prima persona le critiche al sistema Italia; le ha invece affidate a una lettera di un anonimo dipendente della Maserati di Grugliasco, secondo il quale Fiat è stata «più forte delle finte ideologie sindacali, dell’assenza di politica industriale di questo paese, della comunicazione disfattista e di parte». Fiat e Chrysler sono però ora una cosa sola: «La forza del gruppo deriva dall’unione di queste due realtà, ciascuna delle quali conserverà la propria identità e metterà a disposizione dell’altra i propri punti di forza». L’integrazione è già realtà, ha detto Marchionne, ed è necessaria per competere nell’attuale mondo dell’auto; un mondo in cui, dato l’alto impiego di capitale, «non è permesso fallire». E ha dettagliato i termini della sfida: con un investimento da un miliardo di euro per ogni nuova vettura, «la soglia che può garantire un adeguato ritorno economico è di un milione di auto derivate dalla stessa piattaforma». Una soglia di cui Marchionne aveva già parlato fin dal 2010; un volume produttivo che le concorrenti più grandi raggiungono già, e che per Fiat è legato alla crescita dei volumi: di qui il target dei 6 milioni di auto.
Da dove arriverà la crescita? Dal mercato Usa, da molti degli emergenti, dalla strategia di alta gamma basata su Ferrari, Maserati e in futuro Alfa Romeo (senza dimenticare quella Jeep che punta già quest’anno a quota un milione). Il contenuto del piano verrà svelato a Detroit il 6 maggio, e anche il «come verrà finanziato il piano» è stato rinviato a quella data. Un tema non da poco: Fiat ha già 10 miliardi di debito netto, e in assenza di aumenti di capitale o cessioni di attività (che Marchionne ieri ha escluso) il rischio - a meno di un netto miglioramento della performance operativa - è un ulteriore declassamento
del rating.