Paolo Griseri, la Repubblica 1/4/2014, 1 aprile 2014
TRA SPINTE GRILLINE E MODERATI IN CRISI LA CORSA SOLITARIA DI CHIAMPARINO
IL REPORTAGE
TORINO La leggenda vuole che un centinaio di anni fa un tecnico di origini cuneesi emigrato in America abbia suggerito ai pubblicitari di inserire la fotografia del Monviso nel logo della Paramount. Poco importa che William Wodswort Hodkinsons, uno dei fondatori della società, avesse pensato a una delle vette dello Utah, lo stato di cui era originario. La leggenda del Monviso nel logo della Paramount ha resistito un secolo e ancora nel 2008 la raccontava Walter Veltroni sul pullman che lo portava a Cuneo durante il tour elettorale. Non stupisce che da quel simbolo parta oggi Sergio Chiamparino nella sua scalata alla Regione Piemonte: «Il Monviso rosso sarà il logo della mia lista civica».
Lo sfottò è evidente. Prendere la montagna simbolo del bossismo, il luogo dove ogni anno salivano i leghisti di tutta Italia con la loro paccottiglia celticheggiante, tome e ampolle unite nella lotta, e trasformarlo nel simbolo del centrosinistra, è uno sberleffo non da poco. E infatti il governatore uscente, Roberto Cota, si è arrabbiato non poco: «Giù le mani da quella montagna». Solo che il Monviso verde è passato di moda da quando il governatore è incappato nello scandalo delle mutande «green» acquistate in un negozio di Boston con i denari del contribuente.
La Lega, come anche gli altri partiti della maggioranza di centrodestra, vive un momento difficile. Cota non è caduto per le mutande ma per la lista con firme false che gli ha fatto vincere le elezioni nel 2010 e che ora, con grave ritardo, la magistratura
ha stabilito fosse farlocca. Dunque, tutti di nuovo al voto. Da settimane il centrodestra piemontese litiga sul candidato da contrapporre a Chiamparino. E non trova una soluzione. Un po’ perché a nessuno piace perdere. E un po’ perché precipitano qui le contraddizioni nazionali: come potrebbe un berlusconiano votare un candidato di Alfano? E un moderato dell’Ncd salire sul palco con gli anti- immigrati di Salvini? «Siamo vicini a un accordo per un polo moderato alle europee e in Piemonte », confessa l’Ncd Gaetano Quagliariello. Una scelta strategica ma anche una via d’uscita dall’imbarazzo di alleati scomodi. L’unico candidato ufficiale è oggi quello di Forza Italia: l’assessore al bilancio uscente Gilberto Pichetto, indicato da Berlusconi. Gli alleati volevano le primarie che sembrano sfumare insieme alla candidatura di Guido Crosetto, leader di Fratelli d’Italia. Il progetto di unire Ndc, Udc e Popolari di Mauro sembra fatto. Moderati, Lega e Forza Italia andrebbero ciascuno per conto suo. E una parte dell’Udc piemontese andrebbe addirittura con Chiamparino.
Il polo moderato piemontese potrebbe servire in futuro da stampella al centrosinistra: «Io governerò con la maggioranza con cui mi presento alle elezioni, a meno di emergenze particolari », afferma deciso Chiamparino.
Le emergenze particolari sono il rischio che la sua popolarità sia superiore all’appeal dei suoi partiti, con il risultato di trovarsi senza maggioranza in Consiglio. L’altra «emergenza» è quella di un risultato dei grillini che sovverta ogni attesa. M5S prevede un exploit del 25 per cento e il suo candidato presidente, il consigliere uscente Davide Bono, annuncia senza mezzi termini: «Noi corriamo per conquistare il governo della Regione ». «Non darei loro da amministrare nemmeno un bar», punzecchia Chiamparino.
Il vero scontro elettorale con Grillo sarà naturalmente in val di Susa dove i Cinque stelle presentano candidati No Tav, come la lista di Rifondazione. Il 25 maggio si vota anche per i sindaci di importanti comuni della valle. Il Pd è riuscito nel capolavoro di lasciare che a Susa si presentasse un esponente No Tav iscritto al partito. «Se votassi a Susa sosterrei la candidata di centrodestra», ha replicato Chiamparino suscitando l’irritazione degli alleati di Sel.
Con il centrodestra che implode e i grillini che attendono l’exploit, nella polemica elettorale il sindaco della Torino olimpica deve difendersi dall’accusa di aver fatto debiti per abbellire la sua città: «Eravamo in crisi, ho fatto investimenti. Come direbbe Grillo, ho sforato il patto di stabilità». E torna a battere le provincie alla ricerca dei leghisti delusi dal loro governatore in mutande. «Leghista rosso», lo apostrofavano due anni fa gli uomini d’apparato del vecchio Pd quando Chiamparino lanciava la sfida per un partito che tornasse a parlare al Nord. Loro sono stati rottamati. E lui, protorenziano doc, oggi si porta in giro sui manifesti la fotografia scattata all’epoca con l’ex sindaco di Firenze. Senza dubbio la prima rivincita.