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 2014  marzo 31 Lunedì calendario

LA FATTURA ELETTRONICA E IL BACO DEI «CODICI»


Mancano due mesi al debutto della fatturazione elettronica come strumento di pagamento tra privati e pubbliche amministrazioni, ma ciò che sta accadendo con la messa a punto del nuovo sistema non lascia spazio all’ottimismo. Sull’assegnazione dei codici univoci, passaggio fondamentale perché le nuove fatture possano essere smistate dal sistema di interscambio, le amministrazioni sono in ritardo e l’intervento sostitutivo effettuato dall’Agenzia per l’Italia digitale rischia di ingenerare confusione.
Andiamo per ordine. Secondo la legge 244/2007 con l’introduzione della fattura elettronica le amministrazioni e gli enti pubblici potranno accettare solo i documenti online. Le fatture tradizionali non avranno più alcun valore e, dunque, non potranno più dare seguito ad alcun pagamento. I tempi di questa novità sono stati stabiliti dal decreto 55/2013, che ha fissato il 6 giugno 2014 come scadenza per l’adozione della fattura elettronica da parte delle amministrazioni centrali, concedendo un ulteriore anno (6 giugno 2015) a tutte le altre amministrazioni, ad eccezione degli enti locali, per i quali sarà un provvedimento ad hoc a fissare la data del debutto.
Sempre il decreto 55 ha stabilito che entro il 6 marzo tutte le amministrazioni interessate individuassero al loro interno gli uffici ai quali indirizzare, a partire dal 6 giugno, le fatture elettroniche e comunicassero tale operazione all’Ipa (l’Indice delle pubbliche amministrazioni), il quale avrebbe poi provveduto in automatico a generare tanti codici univoci quanti sono gli uffici segnalati dalle amministrazioni. Una volta assegnato il codice univoco, le singole amministrazioni avrebbero dovuto comunicarlo ai fornitori. Il codice univoco è una stringa alfanumerica che deve essere riportata nella fattura elettronica e che permette al sistema di interscambio, che deve gestire il flusso dei documenti, di indirizzare ogni fattura verso l’ufficio giusto.
La scadenza del 6 marzo è, però, trascorsa praticamente inosservata. Se nel panorama delle oltre 21mila amministrazioni interessate dal nuovo sistema ci si limita a quelle coinvolte dall’appuntamento del 6 giugno, quelle che a oggi possono dirsi in regola sono – stando almeno ai dati caricati in Ipa – circa 90 su oltre 1.500 e hanno indicato complessivamente poco più di mille uffici per la fattura elettronica.
Visto il ritardo, nei giorni scorsi l’Agenzia per l’Italia digitale si è sostituita alle strutture inadempienti e ha istituito circa 19mila uffici virtuali della fattura elettronica presso altrettante amministrazioni. Ha poi comunicato quegli uffici all’Ipa, che ha generato altrettanti codici univoci. Il problema, però, è che questo lavoro lo avrebbero dovuto fare le singole amministrazioni. E soprattutto, le amministrazioni che hanno agito nei tempi e hanno già provveduto a individuare gli uffici per la fattura elettronica, ciascuno con un proprio codice univoco, ora si vedono, a loro insaputa, assegnati altri codici univoci per via dell’iniziativa dell’Agenzia digitale.
Il tempo stringe e il caos avanza.