Natalia Aspesi, la Repubblica 31/3/2014, 31 marzo 2014
SESSO & FILOSOFIA – [NYMPHOMANIAC O IL PORNO LEVIGATO DI LARS VON TRIER]– UNA signora malmostosa e dal viso tumefatto è seduta su un lettino accanto a un bonario uomo di mezza età che l’ascolta dopo averla raccolta svenuta in un torvo vicolo: pare una seduta freudiana, invece è l’inizio di quel Nymphomaniac del disturbante e disturbato Lars von Trier, l’autore danese di 58 anni sommamente venerato da un indomabile stuolo di “larsiani”, qualunque trappola venga loro tesa
SESSO & FILOSOFIA – [NYMPHOMANIAC O IL PORNO LEVIGATO DI LARS VON TRIER]– UNA signora malmostosa e dal viso tumefatto è seduta su un lettino accanto a un bonario uomo di mezza età che l’ascolta dopo averla raccolta svenuta in un torvo vicolo: pare una seduta freudiana, invece è l’inizio di quel Nymphomaniac del disturbante e disturbato Lars von Trier, l’autore danese di 58 anni sommamente venerato da un indomabile stuolo di “larsiani”, qualunque trappola venga loro tesa. Il film viene annunciato da mesi come superporno, accompagnato da manifesti in cui i visi degli attori sono deformati da un superorgasmo, che sarà prezioso per gli utenti, però non abbellisce. Ma insomma, per gli appassionati del ramo il percorso è sempre quello: si passa dalla scoperta della propria sessualità, nel caso della signora Joe, piuttosto prematura, a due anni, alla sua ascesa, o discesa, lungo la solita trafila erotica reperibile persino nel vecchio e ormai castigato Cento colpi di spazzoladell’un tempo famosa giovinetta Melissa P. Il tutto raccontato, per ora, in due film di due ore l’uno, la prima parte nei nostri cinema da giovedì, la seconda il 24 aprile. Il problema è che il film è raffinatamente filosofico, più che Sade ricorda il salotto di Madame Geoffin in amabile conversazione con Diderot e l’abate Galiani, dentro una stanzetta spoglia con su una parete una Madonna, icona tipoilTarkoskiano Andrej Rublev. Charlotte Gainsbourg (Joe) sussurra malinconica la sua insaziabile fame di sesso, cineelencando vari spaventevoli episodi, mentre il buon Stellan Skarsgard (Seligman), che si dichiara vergine, paragona ogni abiezione vuoi alla pesca con la mosca che alla polifonia bachiana, esclamando entusiasta, quando la signora racconta di aver perso adolescente, treccine e calzette corte, la verginità con «3 penetrazioni davanti e 5 di dietro», «la sequenza di Fibonacci!» (matematico pisano del XII secolo). Charlotte non vuole sentirsi dire dall’asceta che nessun horror scompone, che cosa vuole che sia, non è peccato. Lei insiste: «Sono un pessimo essere umano, sono riprovevole!». Del suo precipizio lei è comunque fiera, e guai a definirla sex addicted, come fosse una malattia: lei è un’orgogliosa ninfomane. In tutto il primo film, dell’attrice francese si vede solo la testa spettinata, il corpo chiuso in un pigiama maschile a righe carcerarie. Perché, certo per il godimento estetico dello spettatore e per distrarlo dalla pedanteria dei lunghi dialoghi, la vera protagonista di questa prima parte, che sarebbe Charlotte di tempi eroticamente più appaganti, è la giovane inglese Stacy Martin: pure lei costantemente musona, però con un incantevole corpicino sempre nudo di tale grazia verginale che qualsiasi cosa si introduca in ogni anfratto, non risulta mai sporcacciona. Quindi: Charlotte adolescente che fa a gara con l’amica a chi scopa più sconosciuti in treno, premio un sacchetto di cioccolatini; Charlotte cui capita la disgrazia di innamorarsi dell’insignificante Shia LaBeouf, e di farci assieme un bambino: può l’amore e la maternità rinsavire la fanciulla? Impossibile perché la mamma era, «una gelida stronza». In più l’idea della famigliola l’ha resa frigida! Disperazione! E qui, iniziando la seconda parte (quella che vedremo dal 24 aprile) finalmente arrivano anche le natiche nude della vera Joe, la Gainsbourg, sia pure viste sempre di fianco, perché quelle in primo piano, tutte rosse causa gatto a sette code, non sono ovviamente le sue, per giusto pudore di star, ma di una levigata e certo giovanissima controfigura. Joe sempre cupissima va in una specie di ambulatorio dove con altre giovani donne aspetta il suo turno per affidarsi alle cure del gelido sadico professionale Jamie Bell che sa come legarla e menarla. Non basta alla povera Joe per sentirsi a posto, così finisce davanti al ghigno terrorizzante di Willem Defoe, che cura un business di riscossione criminale dei debiti. Quindi, giovinette truculente: pedofili incantati; erezioni al solo sentirsi rivolgere la parola. Pugni e calci e finalmente arriva a soccorrerla il maturo vergine cui la Sherazade della vulva si racconterà in una sola notte. Nymphomaniacè l’ultima parte della trilogia larsiana detta della Depressione, dopo Antichrist e Melancholia, e il regista ancora una volta sfrena la sua misoginia, con poesia, sarcasmo, tenerezza, presa in giro, violenza, disagio, scherno. Vedi ricco catalogo di membri come nelle Biennali d’arte anni 80; vedi due enormi negri nudi che dovrebbero possedere Joe ma finiscono con litigare tra loro e lei se ne va: poi Uma Thurman, moglie abbandonata che arriva nella casa di Joe e furibonda ed educata chiede il permesso di mostrare ai tre figli «il letto della puttana»: c’è commovente, girata in bianco e nero la straziante morte in ospedale dell’amatissimo padre, Christian Slater, che le aveva insegnato ad amare gli alberi. Quanto al famoso porno, almeno nei due film di questa prima versione, si tratta di levigatezze girate con astuzia, rispetto a quel che si vede in qualsiasi sito, cui accedono ormai anche i piccini. Ma al cinema il sesso può ancora essere coinvolgente, perché alla fine Von Trier è grande e il suo film molto bello. La versione che si vedrà in Italia non ha subito censure ulteriori a quella vista negli altri paesi e approvata dall’autore. Quella intera, con inserimenti di veri pornoattori, sarà distribuita a maggio, in un’unica maratona di cinque ore. Un autentico gesto di sadismo, forse soporifero.