Angelo De Mattia, l’Unità 29/3/2014, 29 marzo 2014
SE TORNANO I CAPITALI
Ha colto di sorpresa molti la notizia della recente acquisizione, da parte della Banca centrale cinese, di oltre il 2% del capitale di Eni e di Enel. La notizia fa seguito alle acquisizioni, compiute dal colosso statunitense Blackrock – che già ha diverse interessenze in settori delle telecomunicazioni è delle autostrade – di partecipazioni superiori al 5% in banche come Intesa-San Paolo, Unicredit, Montepaschi.
Le discussioni di un tempo sull’italianità, colpite da una sorta di damnatio memoriae anche per l’incomprensione delle condizioni alle quali si intendeva preservare l’autonomia nazionale, questa volta non sono state riaccese, pur se non sono mancati accenni e qualche perplessità. In generale, l’interpretazione della vitalità di alcuni settori dell’economia e delle opportunità di redditizi investimenti è stata nettamente prevalente e ha motivato i diffusi giudizi di soddisfazione per le operazioni in questione. Il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha rilevato che «ci sono segnali di interesse per i nostri mercati». Altri soggetti esteri posseggono da tempo partecipazioni in imprese italiane, a partire dal comparto delle telecomunicazioni; ma ora i sintomi della rinnovata attenzione sono evidenti. Concorre una pluralità di fattori: per esempio, per la decisione della Banca centrale cinese, che ha riserve per 4.000 miliardi di dollari, contribuisce l’intento di ridurre il rilevante investimento in titoli statunitensi e di rivolgere la propria attenzione all’Europa, mentre dai paesi emergenti, tutti, altri capitali si dirigono verso il Vecchio Continente. Per gli investimenti in istituti di credito concorrono l’azione di irrobustimento patrimoniale in atto, la riduzione delle preoccupazioni sui loro bilanci, gli spazi che si aprono anche per alcune difficoltà che incontrano le Fondazioni. L’interesse dei fondi esteri si proietta anche sulle banche popolari che hanno il vincolo del voto capitario (una testa, un voto) che prescinde dalle azioni possedute. Un contributo di carattere generale è dato dal lieve miglioramento della situazione dell’economia europea e italiana, nonché dall’azione riformatrice che ci si propone, in Italia, di compiere in tempi ravvicinati e dalle stesse prospettive delle privatizzazioni. Un apporto è dato pure dalla probabilità di una linea maggiormente espansiva della Bce.
Se i partecipanti esteri sono dei fondi come Blackrock, cioè con una visione di medio-lungo termine e non dei fondi speculativi, attivisti, del tipo solitamente detto mordi e fuggi allora la presenza nell’azionariato di banche, in particolare, allontana i rischi di instabilità. Semmai, si porrà qualche problema di convivenza nella compagine sociale che potrebbe, però, essere facilmente risolto, considerato il prevalente interesse di tali fondi alla sana e prudente gestione, allo sviluppo strategico e operativo piuttosto che alla presenza negli organi deliberativi e di controllo. Insomma, è prevedibile che questi soggetti si comportino come investitori istituzionali, categoria di cui il mercato è abbastanza carente, con pochi fondi pensione operativi e le medesime Fondazioni che hanno assunto la veste di investitori di lungo termine, ma che ora debbono fare i conti con l’assottigliarsi delle possibilità di ricevere dividendi dalle banche partecipate, mente si accresce la necessità che esse contribuiscano alle ripatrimonializzazioni e, nel contempo, che sostengano i settori istituzionali in relazione alla crisi dello Stato sociale e ai problemi della spesa pubblica. Naturalmente, le imprese di carattere strategico non dovrebbero mai passare sotto il controllo estero. In ogni caso, alla soddisfazione che può manifestarsi per la riscoperta estera dei nostri mercati va aggiunta un’attenta sorveglianza anche con riferimento al comparto bancario in nome, innanzitutto, della tutela della stabilità e della trasparenza nei confronti di ogni evenienza. Poi non può trascurarsi che alla fotografia di questo ingresso di istituzioni estere si affianca la segnalazione dei deficit del nostro mercato e dei limiti evidenti del nostro capitalismo. Da tempo, quando si è posta la questione della proprietà delle banche, le risposte sulla carenza dei soggetti più idonei a partecipare alla mobilizzazione dei diritti proprietari sono state abbastanza univoche: non tali, però, da non segnalare la necessità di proseguire nell’azione per contrastare gli intrecci azionari, le scatole cinesi, le costruzioni piramidali. Comunque, se, malauguratamente, l’azione riformatrice di recente rilanciata, non dovesse essere portata avanti, allora si potrebbe registrare un riflusso degli investimenti esteri che riporterebbe la situazione non allo status quo ante, ma ancora più indietro. È fondamentale tornare a crescere e rilanciare l’occupazione. L’Europa deve fare la propria parte. E sono queste le condizioni per attrarre investimenti. Ma una prova importante è vicina: le nomine ai vertici delle imprese pubbliche. L’interesse internazionale per l’Italia impone che le scelte siano lontane mille miglia da metodi lottizzatori e che premino professionalità, esperienza, onorabilità. Del pari, affidabili dovranno essere gli impegni delle privatizzazioni. In definitiva, la maggiore presenza di investitori esteri in Italia è anche occasione per consolidare la strategia delle riforme, il rilancio della crescita e un corretto rapporto tra pubblico e privato.