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 2014  marzo 30 Domenica calendario

MADIA E GIANNINI SCONTRO TRA DUE TITANE RENZIANE


Prima o poi doveva succedere e ieri è successo: prima polemichetta mediatica tra le ministre del governo Renzi. La faccenda, per i curiosi, coinvolge la titolare della Pubblica amministrazione Marianna Madia e quella dell’Istruzione Stefania Giannini. La materia del contendere è, sostanzialmente, la pianta organica della P.A.: quanti dipendenti, reclutati come? Ovvio in tempi di spending review e relative tabelle (in quelle di Carlo Cottarelli, per dire, si parlava di 85mila dipendenti da mandare a casa), ma magari un po’ troppo all’ingrosso per due ministri della Repubblica.
Veniamo al merito. Il parere di Madia sui dipendenti pubblici, già consegnato ai posteri a inizio settimana, è stato ribadito ieri sul Corriere della Sera: “Va avviato un processo di riduzione non traumatica
dei dirigenti e più in generale dei dipendenti vicini alla pensione, per favorire l’ingresso dei giovani. Se in un posto mando in pensione leggermente anticipata tre dirigenti, non devo per forza sostituirli, magari basta prendere un funzionario. Con questa staffetta generazionale riduco, svecchio e risparmio”.

PRIMO PASSO: la riforma della dirigenza “tra fine aprile e inizio maggio”. In sostanza, prepensionamenti in cambio di uno sblocco parziale del turn over. Questa è la ricetta del ministro Madia. Non sia mai, è la risposta di Stefania Giannini, montiana doc per cui i prepensionamenti, l’assunzione dei precari della P.A. senza concorso e le modifiche alla riforma Fornero delle pensioni equivalgono a un crimine contro l’umanità: “Non amo il collegamento tra chi va a casa e chi entra. Un sistema sano non manda a casa gli anziani per far entrare i giovani. È necessaria un’alternanza costante. Il precariato è una deformazione patologica del principio della flessibilità, che va restituito alla sua fisiologicità. Un governo che crede nella flessibilità, e non nella sua patologicità, deve trovare gli strumenti”.

BELLA BOTTA, non c’è che dire, ma Marianna Madia deve averci fatto il callo. Non tanto per la cattiva stampa che la perseguita fin da quando Walter Veltroni la piazzò capolista del Pd nel Lazio strappandola, per così dire, ad una verde carriera da ricercatrice all’Arel di Enrico Letta. E nemmeno per la tenera sbadataggine che la portò, volendo illustrare la riforma del lavoro di Matteo Renzi, a sbagliare palazzo finendo per illustrarla all’allora ministro dello Sviluppo Flavio Zanonato anziché al legittimo titolare della materia, Enrico Giovannini, ministro del Lavoro di Enrico Letta, appunto.Ci ha fatto il callo perché è, in sostanza, l’unico ministro dell’attuale governo che viene criticata praticamente ogni volta che parla.
Ieri, per dire, anche se pochi l’hanno notato, è successo due volte: la prima da parte di Giannini, la seconda di Deborah Serracchiani. E sempre per la stessa intervista. “Sto incontrando i sindacati di categoria. Spero collaborino”, ha detto il ministro della P.A., lasciando intendere che il loro parere favorevole è benvenuto quanto non necessario. Sul punto è intervenuta la vicesegretario del Pd via comunicato stampa: “Credo che sulla concertazione si sia sollevato un dibattito più grande e più acceso di quanto sia effettivamente in gioco”. E ancora: “Non c’è mai stata alcuna chiusura al dialogo”. Piccole sfumature, ma significative.
Ma questa, peraltro, non è nemmeno la prima volta che il ministro Madia si prende il cazziatone da un collega. Martedì 18 marzo, intervistata su LaStampa, s’era scagliata su quel “milione e mezzo di persone” che “cumula lavoro e pensione”. Apriti cielo. Giuliano Poletti, ministro del Lavoro in quota coop rosse, se l’era presa a male: “Non credo sia giusto che i pensionati non possano più lavorare. Credo che bisogna trovare delle modalità nuove che consentano ad ogni persona di avere una cosa da fare”. Se Madia è sfortunata con le rettifiche dei colleghi, Giannini è smemorata: come le ha ricordato quel cattivone di Bruno Tabacci, a luglio scorso Scelta Civica - il suo partito - aveva sottoscritto un emendamento che chiedeva giusto 100mila prepensionamenti nella P.A. in cambio di assunzioni di giovani under 30.