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 2014  marzo 30 Domenica calendario

BARCA: IL NUOVO GOVERNO? DATEGLI SEI MESI, I SINDACATI NON HANNO INNOVATO


Fabrizio Barca è in Europa. Per confrontarsi grazie al Pd di Bruxelles con i circoli dei giovani Pd di tutta Italia e il commissario alle politiche del lavoro László Andor. Tra i giovani, euro-convinti ed euro-scettici, Andor e Barca parlano del primato della politica sui tecnocrati, del perché sia un bene sostenere la corsa di un tedesco, Martin Schulz, alla guida della Commissione europea. Nel mezzo c’è l’Italia, la crescita, l’austerità, ma soprattutto il prossimo voto. Barca sarà in lista? «Assolutamente no». Perché? «Faccio un altro lavoro…».
Ma allora tanto attivismo nel partito, sul territorio, il lancio dei «luoghi ideali», a cosa serve?
«A non vedere necessario che uno come me si candidi alla segreteria del Pd. Per questo sarà utile capire se tra un anno in quei “luoghi ideali” le condizioni saranno migliorate grazie al Pd, se gli obiettivi saranno raggiunti. Con “luoghi ideali” si sperimentano soluzioni di sistema, si traccia una strada perché alcuni trentenni diventino i leader del partito».
Con i giovani ha discusso anche di politiche del lavoro. Il piano Renzi però sta creando tensioni nel partito. E la minoranza si dice pronta a non votarlo se non dovesse cambiare. Che ne pensa?
«Penso che la flessibilità sia un valore se serve a tutte le parti. Ma ciò dipende dai dettagli del provvedimento. Perché nei dettagli c’è il diavolo. Ed, infatti, la scelta di avere anche una lunga provvisorietà nell’entrata in azienda non è mai stata respinta in sé ma è subordinata al come. Se è accompagnata da un percorso formativo per il lavoratore e da costi crescenti per l’imprenditore, è utile; se invece si rincorre la competitività con bassi salari allora è dannosa. Sì allora alla flessibilità ma se è un vinci-vinci tra lavoratore e imprenditore e non un perdi-perdi».
Per la ministra Madia ci sono troppi dirigenti anziani nella pubblica amministrazione. Da qui, l’ipotesi di una staffetta generazionale. E’ d’accordo?
«La Madia ha colto nel segno. Non si tratta di tagliare posti nella P.A. che peraltro in molti casi sono necessari, ma di migliorarli e favorire un graduale rinnovamento con giovani ben selezionati e affiancati da dipendenti esperti qualificati».
Dal 1° aprile scatta il tetto per i manager pubblici. Un segnale positivo?
«Qualunque siano le regole è bene che le remunerazioni dei manager delle aziende pubbliche che operano nel mercato siano sottoposte e determinate in modalità non diverse da quanto avviene nelle aziende private. Mettere, infatti, delle soglie generalizzate sarebbe sbagliato perché le aziende pubbliche si devono confrontare con quelle private. L’Ente da parte suo deve tenere sotto vaglio chi le gestisce ma non in modo burocratico».
Matteo Renzi ha detto che sarà un «buffone» se nelle buste paga del 27 maggio non arriveranno gli 80 euro promessi. Come finirà?
«Una dichiarazione così robusta, forte, è una modalità nuova soprattutto a sinistra, che rivendica il primato della politica sulle scelte. Bene o male, tra Irap e Irpef sceglie la politica e se ne assume la responsabilità, ci mette la faccia, vuole valutare una serie di alternative per la copertura finanziaria ma intende centrare l’obiettivo».
A metà febbraio in uno scherzo telefonico del programma «La Zanzara» lei credendo di parlare con Vendola ha espresso giudizi critici sulle prime mosse di Renzi. Qual è il suo giudizio oggi?
«Per giudicare qualunque governo non bisogna avere fretta. Ci vogliono almeno sei mesi, di meno è ridicolo. Rispetto a quella telefonata se fossi una terza persona e la sentissi per l’ennesima volta e, mi lasci dire, superassi il rigetto, ne dedurrei che la persona che parla è un pezzo di quei gruppi dirigenti, minoritari, che teme che questa scossa non ce la possa fare, insomma, un timore espresso con l’emozione».
Il governatore Visco critica le rigidità corporative, sindacali e imprenditoriali, Renzi replica alle critiche dei sindacati con «ce ne faremo una ragione»… Siamo alla fine della concertazione?
«A me la concertazione così come per molti anni è stata concepita non è mai piaciuta. Il problema vero è che le organizzazioni sindacali nate con il compito essenziale di tutelare i lavoratori dai bassi salari e dalla precarizzazione sono state distratte da questo compito che avrebbe aiutato le imprese a cercare la competitività nell’innovazione. Per questo i partiti socialisti europei propongono misure che riducano la concorrenza al ribasso dei salari e della qualità di vita tra Paesi, come ad esempio il salario minimo che ridurrebbe la concorrenza al ribasso da parte dei Paesi più poveri».