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 2014  marzo 30 Domenica calendario

«COSÌ GOLDMAN SACHS VENDE IL NUOVO CORSO POLITICO»


MILANO — L’Italia è tornata interessante per gli investitori esteri perché ha fatto i compiti a casa con i governi Monti e Letta. E perché ora c’è un governo politico, quello di Matteo Renzi, che può dare la spinta necessaria per le riforme strutturali: mercato del lavoro, tempi della giustizia civile, minore burocrazia. Se a tracciare questo quadro è un colosso degli affari come Goldman Sachs, forse si capisce meglio come mai i grandi fondi esteri — americani soprattutto ma non solo — stiano indirizzando parte dei loro immensi capitali sul mercato italiano. Banche, industria, moda sono i settori finora preferiti. Ma non è finita E l’opinione di Goldman Sachs non è isolata: le principali banche internazionali — come dimostrano i recenti rapporti di Royal Bank of Scotland o Credit Suisse — convergono sull’analisi circa i punti di forza e di debolezza del Paese.
L’economista Francesco Garzarelli in Goldman Sachs ricopre un ruolo di alto rilievo come co-responsabile della ricerca macroeconomica globale: è lui che spiega l’Italia agli investitori esteri. Ed è fiducioso sul Paese: «Rispetto alla Spagna, su cui abbiamo puntato nel 2013, l’Italia ha fondamentali più solidi, una struttura produttiva molto articolata, un avanzo primario, problemi bancari minori visto che non c’è stata la bolla immobiliare e una ricchezza privata molto elevata. Ciò che è mancato è stato il cambiamento a differenza della Spagna in cui dopo il tracollo ci sono state le elezioni e un governo stabile che ha fatto le riforme attraendo gli investitori. Tutto ciò in Italia è mancato per le alternanze al governo e per le politiche scelte, che non hanno avuto prospettive a lungo termine. Ora invece con il governo Renzi si vede una maggiore stabilità politica. In più viene percepito come un “maverick”, un personaggio fuori dagli schemi che riesce a imprimere una svolta. E questo spinge il mercato a vedere in maniera più positiva».
All’Italia serviva insomma un governo politico. Garzarelli tuttavia non si spinge a considerare tempo perso gli anni dei governi tecnici: «Tutto va visto nella sua fase di mercato. Allora c’era perdita di fiducia sull’Italia e dunque servivano mosse tecniche per rinsaldare quella fiducia. È ciò che è avvenuto con Mario Monti e poi con le decisioni della Bce (gli acquisti illimitati di titoli di Stato, ndr ). È anche grazie al governo tecnico dell’Italia che la Bce è riuscita a portare avanti quegli interventi. Con i governi tecnici alcune riforme strutturali sono state impostate, come le pensioni. Anche la spinta a spostare la tassazione sui patrimoni rispetto al lavoro è stata data lì. Ma quando siamo arrivati alle decisioni più politiche come la riforma del lavoro o i tagli della spesa pubblica, le cose si sono arenate. Ora il mercato s’è fatto l’idea che è più facile andare avanti su questi temi».
C’è anche una questione di prezzo degli investimenti. L’Italia, in questa fase, offre anche — se non soprattutto — opportunità di grandi guadagni: «Gli asset sono meno cari, trattano a sconto rispetto ad altri Paesi», spiega Garzarelli. «Inoltre a livello globale l’impostazione dell’economia è positiva, con Usa e Cina in ripresa. L’Italia è il Paese che registra il dato migliore come livello di variazione della crescita, passando da -1,9% di Pil nel 2013 a +0,5%-0,75% quest’anno e a +1% nel 2015. E sono stime che possono migliorare, se il credito si velocizza, come sta accadendo, e se il cambio si allenta un po’. Se poi il governo accelera i rimborsi dei crediti alle imprese e spende di più nell’edilizia scolastica, nei cantieri, si libera un po’ di spesa pubblica congiunturale che dovrebbe aiutare la stabilizzazione della crescita».
I capitali esteri sono già presenti: i grandi fondi come BlackRock sono entrati nelle banche (Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mps e Banco Popolare), altri puntano sull’industria. E si attende la nuova ondata di privatizzazioni: «Le Poste sono una realtà molto interessante, ha una penetrazione capillare nel Paese ed è un gestore di fondi», continua Garzarelli. «Ciò che è mancato finora nel processo di privatizzazione è la narrazione della crescita: si è enfatizzato solo l’aspetto finanziario, cioè vendere per fare cassa. Ma tante attività fanno da volano alla crescita e mi pare di capire che il governo voglia sottolinearlo». Ma non c’è il timore che un’operazione venga guardata soltanto sotto il profilo finanziario o che un acquirente si prenda la tecnologia italiana e la porti via? «Certo. Ma se alla vendita o al maggiore ingresso dei capitali segue una trasformazione dell’ecosistema politico, con un efficientamento della gestione pubblica, un miglioramento delle infrastrutture di trasporto e del turismo, dei tempi della giustizia civile, allora l’Italia non avrebbe molto da invidiare ad altri Paesi come luogo per fare affari e produzione».