Sabrina Cottone, Il Giornale 29/3/2014, 29 marzo 2014
RIABILITATO L’EX «BANCHIERE DI DIO» E ORA VUOLE VENDICARSI DELLO IOR
Il decreto di archiviazione non lascia spazio a interpretazioni. Non solo Ettore Gotti Tedeschi, allora presidente dell’Istituto per le Opere di Religione, non aveva responsabilità alcuna nell’operazione che nel 2010 aveva portato la magistratura a sequestrare 23 milioni di euro dello Ior per violazione della normativa antiriciclaggio. Ma la sua attività - scrivono i giudici - «è stata orientata a creare una nuova policy dell’Istituto nel quadro dell’adozione di un insieme di misure miranti ad allineare lo Stato Città del Vaticano, sul versante del contrasto al riciclaggio, ai migliori standard internazionali». Così, nero su bianco, il Tribunale penale di Roma. Una riabilitazione giudiziaria dopo anni in cui il nome di Gotti Tedeschi era stato collegato a sospetti di operazioni quanto meno opache.
Ma al banchiere ex presidente dello Ior questo non basta. Gotti Tedeschi chiede adesso giustizia, e non solo a parole ma in tribunale, per il licenziamento in tronco deciso dal consiglio di amministrazione dello Ior. Il cda dello Ior- accusa oggi Gotti tramite i suoi legali - gli ha mosso «addebiti infondati e palesemente strumentali al fine di rimuoverlo dal suo incarico». E annuncia «una serie di iniziative in sede giudiziaria per reagire ai numerosi attacchi mediatici tesi a denigrare la propria figuraumana e professionale, essendo deciso a dimostrare anche per le vie giudiziali l’infondatezza delle accuse che gli sono state mosse dai consiglieri al momento della sua estromissione». Una decisione presa dopo un periodo di «silenzio e attesa », nella speranza di poter godere di un autorevole intervento pubblico che cancellasse ogni ombra dalla sua persona. La vicenda Gotti aveva scosso i palazzi vaticani e non solo. Contro di lui un «voto e risoluzione di sfiducia», datato 24 maggio 2012, con accuse gravissime: dall’«incapacità» al «fallimento nel portare avanti i doveri che spettano al presidente ». Sfiducia firmata dal consigliere Carl Anderson e confermata dalla commissione dei cardinali che vigilava sullo Ior, allora presieduta dall’ex segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone.
Erano i tempi di Vatileaks. E anzi la sfiducia a Gotti avvenne nel medesimo giorno in cui veniva arrestato il maggiordomo di Papa Benedetto XVI, Paolo Gabriele, accusato di essere il corvo che diffondeva i documenti riservati della Santa Sede. La sfiducia a Gotti sembrò ancora più sconvolgente perché il banchiere aveva ricevuto il mandato di mettere ordine nei torbidi dello Ior da Papa Ratzinger. Quando arrivò la sfiducia, sembrò quasi una sconfessione dall’alto del modo in cui stava conducendo l’operazione trasparenza che gli era stata affidata. Oltre un anno dopo, padre Georg Gaenswein, il segretario di Papa Ratzinger che è anche prefetto della Casa Pontificia di Papa Francesco, disse in un’intervista al Messaggero quel che sospettavano in molti e cioè che Benedetto XVI non era stato neppure informato della decisione. E che rimase molto sorpreso per l’atto di sfiducia al professore, ma per rispetto delle competenze scelse di non intervenire.
Nei giorni del defenestramento di Gotti si era parlato di una spaccatura del consiglio dei cardinali, con Attilio Nicora e Jean-Louis Tauran critici verso la decisione di scaricare il professore. Tra l’altro,il cardinale Tauran è l’unico «superstite» tra i membri della commissione cardinalizia dello Ior dopo la rivoluzione dei vertici decisa da Papa Francesco nel gennaio 2014.