Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  marzo 29 Sabato calendario

E RIVERA SI COMPRÒ IL MILAN


La notizia che sta facendo il giro del mondo è David Beckham che vuole comprare il Manchester; con i soldi di uno sceicco del Qatar perché lo United, centesimo più centesimo meno, vale due miliardi di euro, un po’ troppi anche per le tasche del calciatore più ricco di sempre: lo Spice Boy, per l’appunto. Beckham che va all’assalto del club di cui è stato capitano e bandiera cercando di scalzare una proprietà, quella di Malcolm Glazer, invisa ai tifosi di casa che in confronto Lotito alla Lazio è un beniamino, ricorda molto da vicino una vicenda di casa nostra: quella di Gianni Rivera che nel maggio del 1975, a 31 anni, si comprò il Milan.
Lo fece per 2 miliardi di lire, con i soldi di un finanziere amico, il napoletano Francesco Ambrosio a quei tempi proprietario di Villa Cristina a Portofino e amico di Padre Eligio, padre spirituale del Milan; e lo fece per ripicca nei confronti del presidente Albino Buticchi che sabato 19 aprile 1975, in tribuna all’Olimpico di Roma dove si giocava Italia-Polonia 0-0, si lasciò sfuggire che a fine campionato avrebbe scambiato volentieri Rivera con Claudio Sala del Torino. Insulto infamante, per il Golden Boy; reso ancor più intollerabile dal commento del presidente granata Orfeo Pianelli che disse: “Prendere Rivera? Non faccio mica l’antiquario!”. I giorni che ne seguirono furono inimmaginabili. Rivera scappò dal ritiro e si rifugiò a Cozzo Lomellina da Padre Eligio ; poi si presentò al Cda del Milan e contestò sia la gaffe del presidente sia la conduzione tecnica di Gustavo Giagnoni, che lo mandò subito ad allenarsi coi ragazzini. Buticchi ci mise il carico e disse che se Rivera si considerava padrone del Milan, allora che lo acquistasse; e l’abatino rispose che andava bene, lui il Milan l’avrebbe acquistato. Buticchi si spaventò e al nuovo Cda, il presidente comunica di aver cambiato idea, il Milan non si vende. “Allora smetto di giocare”, fa sapere Rivera. I tifosi scendono sul piede di guerra: “Buticchi & Giagnoni, se vendete Rivera siete dei coglioni!”, è il cartello più gentile che spunta sugli spalti a San Siro. La tensione è altissima, Buticchi – stremato – torna un’altra volta sui suoi passi: se Rivera mi porta due miliardi il Milan è suo. Rivera glieli porta. A prestarglieli è, per l’appunto, il finanziere Ambrosio, col giovane Giovanni Trapattoni che sostituisce in panchina Giagnoni, Nereo Rocco richiamato in veste di supervisore e un tale ing. Bruno Pardi a occupare momentaneamente la carica di presidente. E quando Ambrosio bussa per riavere i suoi quattrini, ecco arrivare in soccorso a Rivera Vittorio Duina, l’industriale dei tubi, che rileva il pacchetto di maggioranza del club, porta Pippo Marchioro in panchina e il Milan sull’orlo della Serie B ed entra nella leggenda per l’insulto “Scemo e bidone!” lanciato all’indirizzo di Fabio Capello durante Bologna-Milan 2-2. Per la cronaca: Rivera continuerà a giocare e a 35 anni vincerà il suo terzo scudetto, con Nils Liedholm in panchina, lo scudetto della stella.
Beckham come Rivera e Glazer come Buticchi? Sono passati 40 anni, i due miliardi di lire sono diventati due miliardi di euro (il prezzo del club) ma la favola del gladiatore (in mutande) che si compra il Colosseo (del Duemila) e scaccia l’imperatore dal trono in tribuna è ancora attuale e piena di suggestioni. La famiglia Glazer, proprietaria del Manchester United dal 2005, nella terra dei Red Devils è talmente odiata che da otto anni è nato, per iniziativa di un gruppo di tifosi delusi, un nuovo club, l’FC United of Manchester, che gioca in settima divisione, è proprietà dei tifosi e lo statuto ne garantisce “il senso di appartenenza a tutta la comunità di Manchester”. “Glazer ha trasformato la passione in business”, è il senso del gesto (di ribellione) dei tifosi. Che forse adesso avranno un fremito: David Beckham, il più grande idolo dei Red Devils dopo Bobby Charlton, vuole comprarsi il club e – si dice – lo vuole fare in combutta con il club della “Classe del 92”, gli ex compagni Ryan Giggs, Paul Scholes, Nicky Butt i fratelli Phil e Gary Neville, tutti desiderosi di ridare il Manchester alla gente di Manchester. I soldi? Li mette, come detto, uno sceicco qatariota – conosciuto da Becks durante il suo breve soggiorno al Psg – che ha individuato nello United il veicolo pubblicitario ideale per pubblicizzare i Mondiali in Qatar del 2022. A rivelarlo è il quotidiano The Sun: e tutta l’Inghilterra, naturalmente, non parla d’altro. Ce la farà lo Spice Boy? Stapperà lo champagne come riuscì a Rivera o lo attenderanno gli stenti di Giorgio Chinaglia, il bomber della Lazio-scudetto di Tommaso Maestrelli che dopo essere tornato in patria, nel 1983, come presidente e proprietario della sua Lazio – acquistata da Gian Chiarion Casoni – fu costretto di lì a poco a chiudere baracca e burattini, per bancarotta, dando inizio a un calvario giudiziario senza fine? Di sicuro lo Spice boy non sarà costretto a fare come il capitano della Roma Giacomo Losi, che nel 1965 – complice una pesante crisi societaria – raccolse con un secchiello al teatro Sistina 700.000 lire tra i tifosi per consentire la trasferta della squadra a Vicenza. Lo sceicco del Qatar sembra una garanzia.