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 2014  marzo 29 Sabato calendario

UNA PIAZZA DI MODA


Piazza Affari è la vera piazza emergente del 2014. Gli investitori esteri arrivano a frotte per non perdersi il recupero di un listino che vale ancora la metà rispetto ai livelli del 2007. «A Piazza Affari c’è oggi una grande liquidità e si vedono volumi sostenuti. Merito dei grandi investitori che si stanno accaparrando quote di rilievo nelle ultime settimane. Io stesso ho provato ad aprire una posizione ribassista sul listino italiano, ma non c’è stato verso ho dovuto chiudere subito lo short». A parlare è un gestore di lungo corso del listino milanese che oggi si sorprende della forza che il mercato azionario tricolore mostra di avere, nonostante i timori legati all’Ucraina e alla crescita cinese.

Ma forse dietro questa corsa a Piazza Affari c’è proprio una nuova percezione del rischio. L’Italia, seppur a fatica, sembra tornata un Paese più sicuro in cui investire con un spread lontano anni luce da quelli del 2011 (in questi giorni viaggia intorno ai 177 punti base) e con la prospettiva che dal rigore si possa arrivare a una politica più rivolta allo sviluppo. I grandi gestori esteri in fuga dalle piazze emergenti, oggi considerate poco sicure, e in cerca di una redditività maggiore a quella offerta dai listini che hanno già superato i livelli pre crisi, guardano a Milano con grande interesse. Lo dimostra il fatto che Milano da inizio anno ha registrato un apprezzamento da record con l’indice Ftse Mib che ha guadagnato il 12%, l’indice Ftse Mid Cap che è salito del 13,5% e l’indice Ftse Star che è cresciuto del 15%. Nello stesso periodo l’indice Msci World è rimasto allo stesso livello di inizio anno, il Dax tedesco è sceso dell’1% e il Cac francese è salito di appena l’1,9%.
A comprare sono i grandi big, dai gestori americani ai fondi pensioni di peso, ma anche dall’Asia arrivano nuovi flussi. Nei giorni scorsi la Banca centrale di Pechino ha rilevato il 2,1% di Eni e il 2% di Enel con un investimento complessivo da 2,1 miliardi. Mentre le banche italiane sono finite nel mirino dei grandi nomi esteri dell’asset management. I fondi del colosso Blackrock detengono da soli il 5% di Intesa Sanpaolo, il 3,7% di Unicredit, il 5,75% di Mps, l’1,36% del Banco Popolare, il 2,43% di Ubi e l’1,24% di Banca popolare di Milano e il 5% di Azimut. Il controvalore di queste partecipazioni finanziarie è di circa 3,7 miliardi. Cifra alla quale vanno aggiunte le posizioni nelle società industriali. Non meno attiva a Milano si rivela Norges Bank che, oltre ad avere una quota nelle principali banche, è presente anche in Erg, Marr, Safilo, Yoox e in Prysmian con una quota intorno al 2%. Mentre ha fatto notizia nei giorni scorsi la comunicazione che l’asset manager americano Invesco (molto forte sia negli asset in gestione attiva sia negli Etf) sia salito al 5% di Rcs. E sempre Invesco ha anche il 2,7% di Autogrill. Ci sono poi altri nomi illustri come Vanguard, JP Morgan (che ha per esempio circa il 2% di Geox e Prysmian) sempre più presenti sul listino milanese. Ma anche dalla vicina Svizzera arrivano ordini in acquisto: Ubs detiene il 3,5% di Bpm, il 2,1% in Autogrill e il 2% circa di Yoox. E non mancano anche alcune boutique, come la francese Financière de l’Echiquier che ha il 2% di Safilo. Mentre in Igd si trovano Soros con una quota del 5% e Schroder con il 2%. Ci sono poi le presenze di grande peso, come quella di Amber Capital che ha il 16% di Save.
Il fenomeno riguarda le blue chip, le Mid cap, ma anche le small cap. Una ricerca condotta dalla società di consulenza IR Top ha analizzato il cambiamento nelle partecipazioni rilevanti degli investitori istituzionali all’interno del capitale delle società quotate sul Segmento Star dal febbraio 2013. Il numero complessivo degli investitori istituzionali, sulla base dei dati Consob al 4 marzo 2014, è pari a 60 (di cui 48 stranieri e 12 italiani ), per un valore complessivo dell’investimento di 2,4 miliardi di euro (9% della capitalizzazione complessiva del segmento). Gli investitori esteri sono l’80% del totale e detengono un investimento complessivo di circa 2 miliardi. «Secondo la nostra analisi sui dati Consob», spiega Anna Lambiase, amministratore delegato di IR Top, «aumenta l’interesse degli investitori istituzionali esteri sul segmento Star di Borsa Italiana, che passa dal 73% all’80% del totale investitori qualificati. In particolare cresce l’attenzione per le small cap: il 56% delle partecipazioni è concentrato sulle società con capitalizzazione inferiore ai 200 milioni, segno di un rinnovato interesse verso le Pmi quotate». Aggiunge Lambiase: «Il made in Italy associato a eccellenze di nicchia continua ad attrarre investitori strategici soprattutto fuori dai confini nazionali». Anche in questo caso tra gli investitori esteri che hanno aumentato le proprie partecipazioni emerge Norges Bank, che si conferma fra i più attivi con un totale di 8 partecipazioni detenute su Star.
Dal punto di vista poi delle preferenze degli investitori si è registrata una presa di beneficio su alcuni big del lusso che erano cresciuti molto l’anno scorso e una maggiore presenza su azioni esposte all’economia domestica.

Anche perché dietro al maggiore interesse per Piazza Affari c’è anche l’idea che la situazione economica del Paese sia destinata a migliorare. Secondo gli economisti di Credit Suisse, l’Italia sta affrontando alcuni limiti strutturali e mostra un maggior impegno a fare riforme, anche se ancora non si sono manifestati del tutto i risultati di questa svolta. «Dopo il forte arretramento dovuto prima alla crisi finanziaria globale e poi alle conseguenze della crisi dei debiti sovrani ora la prospettiva appare più brillante ed è supportata da un miglioramento degli indicatori di fiducia. Come conseguenza il mercato finanziario italiano fa meglio degli indici internazionali sia per quanto riguarda le azioni sia per quanto riguarda i bond». Concludono gli analisti del colosso elvetico: «Crediamo che l’economia italiana sia in una condizione migliore rispetto al passato. In questo senso l’Italia è in una buona posizione per raccogliere i benefici di una ripresa della crescita mondiale e delle sue riforme strutturali».