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 2014  marzo 29 Sabato calendario

IL VICHINGO CHE PER VINCERE TAROCCÒ IL VIDEO ELETTORALE


Angela Merkel superstar: la kanzlerin voleva eleggere il norvegese Jens Stoltenberg quale nuovo segretario della Nato bruciando la candidatura di Franco Frattini e così è stato. Sino a pochi giorni fa, la candidatura italiana era la sola in campo e apparentemente la più solida. Questo, anche perché non erano apparsi candidati con una esperienza e un cursus honorum alla pari con quelli di un Frattini che è stato per anni ministro degli esteri e per un quinquennio commissario Ue. Non solo, dopo la candidatura del danese Rasmussen, la consuetudine voleva che il nuovo segretario provenisse dai paesi mediterranei dell’Alleanza. Infine, ma non per ultimo: l’Italia, che è fondamentale non solo per ragioni politiche, ma anche logistiche (si veda il suo ruolo indispensabile nell’ultima guerra Nato contro la Libia) non ricopriva da ben 44 anni la guida della Nato. L’ultimo segretario italiano – ammirato universalmente - era stato infatti Manlio Brosio nel settennato 1964 - 1971. Il prescelto Stoltenberg, peraltro è un politico di seconda linea su scala europea, che ha all’attivo una guida del governo della Norvegia per un lungo periodo ma piuttosto scialba. Di lui le cronache si sono occupate per una ragione tragica e per una ben poco seria. La strage di Breivik nell’isola di Utoya del 22 luglio 2011 ha infatti mietuto 69 vittime tra i giovani socialdemocratici radunati proprio per un suo comizio. Non solo, dopo la strage resa possibile dal fatto che sull’isola non era predisposto alcun apparato di sicurezza, Stolntenberg ha rivendicato questo demenziale stile norvegese di «non contrasto» preventivo del terrorismo, assicurando che la Norvegia «non avrebbe modificato il suo modello di sicurezza ». Incomparabile, sul fondamentale punto del contrasto al terrorismo, l’esperienza di Franco Frattini, che dalla Farnesina ha svolto un ruolo di primo piano in occasione del forte impegno politico e militare dell’Italia in Afganistan, in Iraq e nella guerra di Libia. Quanto alla proclamata giovialità di Staltenberg, i media norvegesi hanno scoperto che la sua innovativa campagna elettorale condotta fingendosi tassista e chiacchierando –sotto gli occhi di una telecamera - con i passeggeri, era una colossale bufala. I passeggeri non erano casuali, erano scelti con cura dallo staff elettorale e il tutto era una messinscena di basso livello. Stoltenberg l’ha spuntata su Frattini per una e una sola ragione: è un socialdemocratico, appartiene al Pse. Per questo la Merkel l’ha imposto agli alleati, all’interno di uno schema di ripartizione delle cariche di rilievo in Europa che punta a precludere al socialdemocratico Martin Schultz (che nel 2003 si prese in pieno Parlamento europeo l’appellativo di «kapò» da Silvio Berlusconi) la presidenza della Commissione Europea. Ruolopolitico moltoimportante nel contesto Ue che la Merkel vuole sia riservato al lussemburghese Jean Claude Junker, esponente del Ppe. Il disegno della Merkel è semplice: il Pse,a cui è iscritto Stoltenberg, non può aspirare ad avere contemporaneamente le due posizioni di vertice più rilevanti nel contesto europeo: la Nato e la Commissione. Resta il fatto che una figura sbiadita alla guida è l’ulti - ma cosache serve ora alla Nato, oggi obbligata a ritornare –in un certo senso - alla sua vocazione originaria. La crisi ucraina e la vicenda traumatica della Crimea hanno origine proprio nel timore di Putin che uno spostamento di Kiev al sistema di alleanza dell’Ue precluda ad un ingresso nella Nato. Sifda che il Cremlino giudica irricevibile. L’Alleanza atlantica nei prossimi anni dovrà quindi fare fronte ad uno scenario rovente con la Russia di Putin, tanto che l’ultimo atto del segretario uscente Rasmussen è stato un secco avvertimento al Cremlino: qualsiasi attacco russo a paesi Nato con forti minoranze russe (Lituania, Estonia e Lettonia) sul «modello Crimea» verrà duramente contrastato. Infine, questa vicenda, rimanda a un punto dolente: da 10 anni, dalla presidenza Prodi della Commissione, l’Italia è assolutamente sottorappresentata nei vertici politici europei. C’è quindi da augurarsi che Federica Mogherini, nel cedere sulla Nato alla Merkel, abbia contrattato una consistente «riparazione» individuando un ruolo futuro di primo piano proprio per Franco Frattini, uno dei pochi grand commis di caratura internazionale di cui dispone il nostro paese.