Marco Ventura, Il Messaggero 29/3/2014, 29 marzo 2014
DIFESA, ALTA TENSIONE SULLA STRETTA F35
IN GIOCO TRA 5 E 8MILA POSTI DI LAVORO –
LA POLEMICA
ROMA Quando si dice la coincidenza. Obama è appena ripartito da Roma, c’è stato un solo momento di possibile attrito con Renzi sulla conferma o meno dell’acquisto di 90 supercaccia F35 da parte italiana per oltre 14 miliardi di euro. E il ministro della Difesa Roberta Pinotti, Pd, celebrando il 91° compleanno dell’Aeronautica incontra i capi di Stato Maggiore della Difesa e dell’Arma Azzurra, Luigi Binelli Mantelli e Pasquale Preziosa, in un hangar militare a Pratica di Mare. Si trova così a incassare e ribattere alle critiche delle stellette sui tagli. Atmosfera pesante. Tensione alta sui risparmi annunciati dal governo. Beppe Grillo nel suo blog ha scritto che «Obama viene qui perché si è preoccupato della nostra riduzione delle spese militari degli F35!». E Sel e Verdi tuonano contro le rassicurazioni che Renzi avrebbe dato agli Usa.
IL PD DIVISO
Dentro il Partito democratico si alzano voci discordanti. La Pinotti deve improvvisare un fuori discorso per placare Binelli Mantelli che sui tagli alla difesa dice: «Abbiamo concorso al risanamento dei conti pubblici con una riduzione epocale di 50mila posti di lavoro in 10 anni tra militari e civili, ridotto del 30 per cento i generali. Le Forze armate pretendono rispetto». La Pinotti usa l’hashtag caro a Renzi: «State sereni. Il governo, l’ha detto Renzi a Obama», quando parla di militari e ruolo dell’Italia «nella sicurezza del mondo non vuole fare passi indietro, non si può venir meno agli obiettivi strategici». Diverso il discorso per gli F35, che il generale Preziosa difende «perché per la prima volta nella storia non compriamo aeroplani per l’Aeronautica, ma li co-produciamo». La Pinotti sviluppa un diverso ragionamento, e non esclude tagli. «Dico no a un sistema d’arma o a un aereo che diventa il ”cattivo” della situazione». L’importante è fissare le priorità e «evitare gli sprechi». Che riduzioni di spesa ci saranno lo ha confermato poi lo stesso premier Renzi. Ma nel Pd il capogruppo alla Camera Roberto Speranza sposa i supercaccia («Gli F35 non sono inutili, l’Italia non può permettersi di non avere un sistema di sicurezza efficace»), mentre Edoardo Patriarca, deputato Pd, in senso opposto: «Basta una visita di Obama in Italia per farci cambiare opinione?». E confermare gli ordini? A un dossier approfondito rimanda un altro Pd, Gian Piero Scanu, cioè all’indagine conoscitiva parlamentare sugli F35. E Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Esteri del Senato, rivendica l’autonomia nazionale: «Con tutto il rispetto per Obama, non credo possa fornirci la lista della spesa per il nostro materiale bellico e francamente non penso gli sia mai passato per la mente di farlo».
Dietro lo scontro e i mal di pancia nei partiti c’è un business miliardario a vantaggio anche del lavoro italiano. Il peso per l’erario dei 90 F35 (70 per l’Aeronautica) supera già i 14 miliardi di euro, ma la metà rientrerebbero in Italia grazie alle numerose commesse ad aziende italiane che partecipano attraverso i contractor americani. I posti di lavoro in gioco sono almeno 5000, stando all’audizione in Parlamento dell’amministratore delegato di Finmeccanica, Pansa, ma vi sono stime che considerando pure l’indotto fanno salire il numero a 8mila. L’hub principale incaricato di costruire ali e di curare la manutenzione degli aerei in Europa si trova a Cameri, in quel di Novara, e gli introiti per la revisione dei velivoli porterebbe in Italia qualcosa come 250 milioni di dollari l’anno. I contratti nel complesso ammontano già a 715 milioni di dollari, 565 dei quali per Finmeccanica. Un tesoretto.