Roberto Giovannini, La Stampa 29/3/2014, 29 marzo 2014
VISCO: SINDACATI E IMPRESE RIGIDI BLOCCANO LA CRESCITA CAMUSSO: “IL GOVERNATORE PROPONE RICETTE GIÀ FALLITE”
Sembra quasi di sentire parlare Matteo Renzi: sindacati e Confindustria - non da soli, certamente - sono tra i fattori di «rigidità» che insieme ad altri sono da sempre stati «la remora principale allo sviluppo del paese». Il governatore di Bankitalia Ignazio Visco parla alla celebrazione alla Luiss del centenario di un suo autorevole predecessore, Guido Carli. Nel lontano 1970 Carli, intervenendo a un seminario di Confindustria (di cui poi sarebbe divenuto presidente) parlò dei «lacci e lacciuoli» che frenavano l’economia italiana. Ieri Visco ha deciso di riprendere quella famosa affermazione, ovviamente scatenando una reazione polemica; ma mostrandosi decisamente in sintonia appunto con le tesi del premier.
«I problemi odierni dell’Italia - ha detto Visco - sono molto simili a quelli che si potevano osservare al termine del governatorato Carli, “lacci e lacciuoli”´, intesi come rigidità legislative burocratiche, corporative, imprenditoriali, sindacali, sono sempre la remora principale allo sviluppo del nostro paese». Per il governatore di Bankitalia «la nostra economia ha subito una ferita: né l’impulso della spesa pubblica, pur se orientata nelle direzioni più congrue, né l’espansione creditizia, pur se attuata con coraggio, varranno, da soli, a restituirle vigore». Negli anni ’70 «l’immobilismo della politica creava inflazione», mentre oggi «il rischio è il ristagno dell’economia», ha spiegato Visco. È vero che «i segni di risveglio che vediamo sono incoraggianti», se saranno confermati da una «costanza nell’azione riformatrice». Ma in ogni caso «occorrerà che durante un certo intervallo temporale si realizzino incrementi della produttività in modi compatibili con i più progrediti assetti che si mira a stabilire nella vita aziendale e nelle condizioni di lavoro. Se ciò non accadrà saremo costretti ad accettare saggi di sviluppo inadeguati».
Alla celebrazione era presente anche il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che ha preferito non entrare nel merito delle tesi di Visco. L’Europa, ha detto, deve trovare una giusta rotta tra crescita e rigore. «Non sarò solo il ministro del no - ha concluso Padoan - ma anche del no» all’allargamento dei cordoni della spesa pubblica.
Durissimi, comunque, i commenti dei leader sindacali al ragionamento del numero uno di Bankitalia. «Le massime autorità - ha risposto Raffaele Bonanni, Cisl - devono essere molto più attente a come parlano: stanno giocando allo sfascio e spesso solo loro gli untori del populismo italiano». Per Bonanni Visco ha «parlato a vanvera, seminando divisione al posto di coesione. Talvolta anche rappresentanti del governo fanno questo». Gli ha fatto eco la leader della Cgil, Susanna Camusso: «Mi sembra un riproporre ricette che hanno già mostrato il loro fallimento». Per Camusso la stagione del “lacci e lacciuoli” di Guido Carli «è stata quella in cui il paese ha cominciato a disinvestire sul lavoro e a precarizzarlo, determinando così un lungo percorso» nel quale sono stati ridotti gli investimenti e i salari dei lavoratori. «Non mi pare che questo abbia prodotto una qualità dello sviluppo del nostro Paese, senno non avremmo una crisi italiana dentro la crisi finanziaria mondiale». Infine, il segretario della Uil Luigi Angeletti: Visco «faccia autocritica» per aver fatto con la Bce politiche di austerità che ci hanno portato a una disoccupazione giovanile del 50% mentre gli altri, Usa e Giappone, stampavano denaro. Questo signore - ha detto il sindacalista - dovrebbe rispondere a una banale domanda perché queste scelte hanno prodotto più danni che in Usa e Giappone dove le banche centrali hanno stampato moneta. Abbiamo troppi disoccupati, stampiamo moneta e diamo benzina al motore».