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 2014  marzo 29 Sabato calendario

L’ULTRÀ CHE DIVENTÒ RE A ’NDRANGHETA CITY E ORA IL SUO DECLINO METTE NEI GUAI ALFANO


ORE 20.11 di giovedì 27 marzo, su un canale televisivo c’è lo spot con i Bronzi di Riace che parlano: «La Calabria ti sorprende sempre». Contemporanemente, sotto, passa la strisciata delle news: «Il governatore Giuseppe Scopelliti condannato a 6 anni di reclusione per abuso e falso e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Il pm aveva chiesto 5 anni».
È vero che la Calabria ti sorprende sempre. Dentro e fuori le aule di giustizia, al mare o in montagna, a Reggio e a Catanzaro, con Berlusconi o con Alfano. Di sicuro l’enfant prodige della Destra meridionale ha fatto crac come il Comune che ha amministrato per lungo tempo.
Intanto precisiamo: quello spot con i Bronzi l’ha voluto lui in persona, «il più giovane presidente di un consiglio regionale », il sindaco «più amato d’Italia», il «nemico numero uno della ‘ndrangheta» (ma chi l’ha detto, a chi risulta?) e il nemico numero uno dei giornalisti troppo impiccioni (questo risulta), ex ultrà della curva sud del “Granillo”, spaccone e fascistone, degno erede dei «boia chi molla » che ha costruito un impero in nome di una «città gggiovane per i gggiovani».
Tanto è stata rapida la sua scalata e tanto rumorosa la caduta di Peppe, quello che nell’ultimo decennio ha sbaragliato tutti, avversari interni e rivali, il 70 per cento dei voti come sindaco nel 2007, il 70 per cento di voti come governatore nel 2010, un’arrampicata al potere partita da una periferica circoscrizione reggina alle stanze che contano, da delfino di Fini in Alleanza nazionale all’incoronazione al fianco di Berlusconi nel Popolo delle Libertà, fino a quando ha trasferito se stesso e il suo sterminato bagaglio di voti e uomini – quasi tutti i deputati e i senatori calabresi della sua parte – al Nuovo centrodestra di Angelino Alfano. Fra i quali c’è anche quel Tonino Gentile che, qualche settimana fa, avrebbe fatto pressing sull’editore dell’ Ora della Cala-bria per fermare una notizia sul coinvolgimento di suo figlio in un’inchiesta giudiziaria. Gentile ha perso la poltrona di sottosegretario, Peppe Scopelliti quella di governatore. Angelino Alfano perderà la forza di una Calabria sulla quale stava quasi (e magari senza il quasi) contando più che sulla sua Sicilia? Reggio ha dato tanto in questi ultimi mesi al ministro degli Interni. Sarà ancora così dopo le dimissioni di Scopelliti? Vedremo, vedremo cosa accadrà nel Nuovo centrodestra calabrese con uno Scopelliti azzoppato e frastornato.
Apparentemente la Cupola politica calabrese si è disfatta fra l’inverno e la primavera. In realtà tutto è cominciato molto tempo prima. Con un suicidio. Con la dirigente del settore Finanze del Comune di Reggio Calabria che, finita sott’indagine per una sospetta autoliquidazione, si è uccisa. È il 17 dicembre del 2010 quando Orsola Fallara beve per disperazione l’acido muriatico. È quel giorno che è l’inizio della fine del «mito» Scopelliti.
Se la sua irresistibile ascesa era cominciata – quando i reggini si stavano stufando di lui nel 2004 - con una bomba «strana» ritrovata nei cessi del Comune di Reggio dallo spione Marco Mancini (sì, proprio lui, l’operativo del generale del Sismi Pollari, quelli di Abu Omar e del caso Telecom), bomba che pur senza innesco «sarebbe dovuta esplodere la mattina successiva» e secondo una lettera anonima captata sempre da Mancini segnalava «il pericolo per il sindaco Scopelliti», la sua irresistibile discesa si puo’ datare senza dubbio con la morte della signora Fallara. La sua più stretta collaboratrice, la più fedele. In quel momento scoppia lo scandalo Reggio: i conti non tornano, c’è un buco di 170 milioni di euro. Arriva una commissione d’inchiesta del ministero delle Finanze che accerta falsi bilanci, arriva la procura che comincia a indagare sugli «artifici contabili». Con la Fallara, i revisori dei conti, con tutti loro anche il sindaco Scopelliti. Ma lui non di danna, si sente forte, ben sostenuto e protetto. Con lui Reggio è sempre la «città della gioia», soubrette brasiliane che allietano «le notti sotto le stelle» e salviette rinfrescanti al bergamotto, Lele Mora e le veline sui palchi del lungomare, a Reggio si scialacqua, feste, spese pazze. Uno che organizza «eventi» è suo fratello Consolato, qualche amico che gli vuole bene lo chiama Consolatino, i più pratici semplicemente Tino. «Tino Ten», dice una voce intercettata. «Tino Ten?», chiede l’altro. E il primo risponde: «Ten..dieci, dieci per cento». Consolatino Scopelliti non sarà mai sfiorato da un’indagine. Dopo il Comune l’investitura di Berlusconi e l’assalto alla Regione. Schiaccia il centrosinistra e il suo candidato. Peppe Scopelliti chi lo ferma più? L’indagine giudiziaria scava, i rumors non lo scalfiscono, il suo slogan è «Dobbiamo portare il modello Reggio alla regione Calabria».
Ve lo ricordiamo noi che cos’è stato il «modello Reggio». È stato un «modello» sciolto per mafia. Nell’ottobre del 2012 s’insediano i commissari nel primo comune italiano capoluogo di provincia «chiuso» per ‘ndrangheta, 41 dirigenti e funzionari legati ai boss, le due principali municipalizzate - quella della raccolta dei rifiuti e quella della manutenzione – infiltrate dal crimine. Ecco cosa scrivevano al ministero dell’Interno: «C’è una contiguità mafiosa con la gestione del passato». Chi c’era prima del sindaco Arena? Il sindaco Peppe Scopelliti, il «più amato d’Italia». Una sua dichiarazione il giorno dopo lo scioglimento del Comune: «È un regalo alla mafia». Un’altra sua dichiarazione: «La colpa è dei giornalisti che non vogliono bene alla Calabria». Un paio di settimane dopo il sindaco Arena è diventato assessore regionale. Un premio di Peppe al suo maggiordomo.