Leonardo Coen, il venerdì 28/3/2014, 28 marzo 2014
STORIE DI CORNA E DI RAPINE POI ARRIVARONO I NO TAV
«Siamo in circuito», gracchia ad un certo momento la radio, stanno cominciando ad andare in giro nel territorio, mi traduce pacatamente il maresciallo luogotenente Giuseppe Minutolo, che comanda dal 1994 la stazione dei carabinieri di Avigliana, una ventina di chilometri a ovest di Torino, sulla sponda destra della Dora Riparia, allo sbocco in pianura della Val di Susa. Il capo pattuglia di turno conferma l’uscita, come vuole la prassi. Se tutto va bene, l’auto rientrerà tra circa un’ora. Un collega annota l’orario d’inizio, per il rapporto che più tardi verrà redatto. I carabinieri sono meticolosi, e questo fin da quando venne creata l’Arma, duecento anni fa: i loro archivi consentono di ricostruire fatti ed eventi anche minimi: «Tutto quello che viene fatto, viene scritto» sottolinea il luogotenente Minutolo, «è la memoria storica dei carabinieri». E di tutto un Paese, perché in un certo qual modo ne documenta l’evoluzione.
Qui ad Avigliana la routine quotidiana prevede 35 itinerari base, ognuno regolato da una scheda operativa, ognuno vincolato a orari e giornate diversi: più o meno quarantacinque minuti di tragitto lungo percorsi di almeno una quindicina di chilometri, in modo da «coprire i vari obiettivi sensibili». Farmacie, banche, pompe di benzina, uffici postali, aziende, supermercati (specialmente negli orari di chiusura), gioiellerie, quartieri residenziali. La competenza territoriale della stazione (tre marescialli, un brigadiere, dodici appuntati più il comandante) conta cinque comuni: Avigliana, che ha 12.200 abitanti, Buttigliera Alta (6.540), Sant’Ambrogio (4.800), Trana (3.846), Reano (1.660). In totale, 62,99 chilometri quadrati con 29.134 residenti (non tantissimi, ma distribuiti in aree assai varie), punteggiato da una miriade di borgate tra pianura, collina, montagna. Greti di fiume. Rive di laghi. A primavera e d’estate, parecchio turismo, quindi molta confusione. Bisogna moltiplicare occhi e sorveglianze. Strade, locali, alberghi, luoghi di aggregazione. Avigliana ha due interessanti e frequentatissime zone industriali, Reano e Trana sono tappezzate di ville, alcune davvero vistose, segno di un benessere diffuso, miraggio di ladri e ricettatori. A Buttigliera c’è la frazione che prende il nome dalla vecchia Ferriera della Fiat, e anche nell’urbanistica è evidente la matrice operaia (in pianura) mentre nella parte alta stavano le residenze dei dirigenti.
La mappa sociale del territorio è giocoforza il «navigatore» che regola i tracciati delle pattuglie. Spesso, basta farsi vedere per dissuadere i malintenzionati. O per rassicurare la gente: all’uscita degli alunni, il muso di una gazzella che spunta dietro l’angolo dice «noi ci siamo». Minutolo tiene a questa funzione, la considera prioritaria: «Siamo parte della comunità, con un ruolo ben preciso, che è quello di garantirle sicurezza e tranquillità». Senza atteggiamenti anacronisticamente paternalistici: «L’Arma è profondamente mutata, come è mutato il Paese. La mia generazione è successiva a quella rappresentata dal maresciallo Carotenuto di Vittorio De Sica nel film Pane, amore e fantasia. Ho 52 anni. Sono siciliano, di Palermo. Prima di Avigliana sono stato in Abruzzo, a Firenze e a Torino. Ho comandato la stazione di Locana, nel Parco del Gran Paradiso. Sono figlio di contadini, ho studiato per migliorare la mia carriera, sino ad ottenere una laurea breve e la qualifica di luogotenente. Tra i miei uomini, ci sono il figlio di un medico, quello di un assicuratore, di un professore, di un commerciante. Ci sono i figli di due bidelli. Sono tutti diplomati. Usano internet e non sono affatto imbranati come quelli delle barzellette».
Nel 2013 i «circuiti» di pattugliamento sono stati 2.214. Più di sei al giorno, un’attività preventiva apprezzata dalla comunità: «Abbiamo con i carabinieri un rapporto di famigliarità» conferma il sindaco Angelo Patrizio, che guida una lista civica di centrosinistra (Avigliana città aperta), «e pure sul delicato fronte No Tav, il profilo è quello del dialogo, della collaborazione, della condanna della violenza». Minutolo lo ribadisce: «Cerchiamo di stare il più possibile vicino ai cittadini, e cerchiamo di risolvere le piccole conflittualità: abbiamo clienti fissi, mariti e mogli che litigano furiosamente, poi però vengono da noi per farsi ascoltare, e noi lo facciamo...».
Uno di questi mariti si siede davanti alla scrivania di Minutolo. Stavolta, dice, ho messo tutto in mano all’avvocato. Ah, quand’è così, allora cosa posso fare io?, obietta paziente il baffuto Minutolo, «quando ci sono di mezzo gli avvocati le cose vanno all’infinito e non migliorano...», un giorno gli è toccato di sentire uno che accusava la moglie di avere un amante fuori Avigliana perché, a suo dire, aveva controllato il contachilometri dell’auto e aveva scoperto che aveva viaggiato per 150 chilometri. Minutolo verifica e si accorge che la differenza dei chilometri non era 150 ma 15: «E chi glielo dice adesso a mia moglie?» ha risposto il tizio, «maresciallo, ci pensi lei...».
Episodi d’ogni giorno. Un tempo erano i preti ad accollarsi certe situazioni. Avigliana ha quattro parrocchie, peccato che ci sia un solo parroco. Alla gente piace Minutolo perché riesce sempre a comunicare, col suo sguardo bonario ma non ingenuo, autorevolezza e buon senso, pure nei casi più estremi, difficili, ribelli: «La gente della valle va guardata con rispetto, e nel rispetto della legalità, questo è ovvio. Ogni intervento va meditato. E sempre con lo scopo di prevenire». Anche sul complesso fronte No Tav occorre mediare correlandosi con le autorità locali, mantenendo rapporti costanti e scambi di considerazioni sugli eventi: dalla microcriminalità alle tematiche sulla disgregazione sociale. Dagli episodi di trasgressione agli atti di bullismo, sino alla collaborazione con le comunità che si occupano dei trattamenti sanitari obbligatori. Il repertorio è vasto, e il disagio sociale un’insidia da non sottovalutare. Guai se passasse il concetto che la comunità è in balìa della violenza e dell’abbandono. Dalla paura non nascono mai delle buone idee...».
E tuttavia, Avigliana non è il Bronx. Non è nemmeno la problematica cintura torinese. La criminalità organizzata è marginale, la recente operazione Minotauro sulla ’ndrangheta in Piemonte (indagini del Comando provinciale carabinieri Torino) ha censito nei dintorni due locali legati alle cosche calabresi, uno a Rivoli e l’altro a Giaveno (in mano però a dei siciliani). L’ultimo omicidio risale al 2009, in una discoteca dalle parti dei laghi, il Grande e il Piccolo. Qualche anno prima venne ammazzato un imprenditore a Sant’Ambrogio, un paese limitrofo, gli assassini erano dei nomadi. Pochi giorni fa sono morti due automobilisti, in un tunnel stradale, investiti dalla vettura di un romeno ubriaco che aveva invaso la corsia opposta. Purtroppo i reati di «strada» infestano sempre più i fine settimana. Quanto a quelli «predatori» – furti, rapine – i numeri possono indurre a pensare che la crisi abbia determinato un incremento, in realtà sono aumentati i reati ma non quelli che li commettono. E comunque la stazione di Avigliana ha segnalato e arrestato 377 persone nel 2013, più di una al giorno.
Quando arrivo alla palazzina della stazione, al 20 di via don Luigi Balbiano, c’è trambusto. Hanno appena beccato due presunti serial rapinatori di farmacie. Uno alto. Uno basso. Stavano probabilmente per assaltarne un’altra. Li hanno individuati nel parcheggio dietro un benzinaio di Reano. A bordo di una Smart. Avevano un paio di passamontagna e una Beretta 7,65 del 1936, ben oliata con quattro colpi nel caricatore e un numero della matrice contraffatto. Uno è un tossico, ed è in affidamento ai servizi sociali. La «perquisa» a domicilio ha esito negativo, per quanto riguarda eventuali armi e refurtive. Ma ha individuato tre cellulari a testa. In riunione, Minutolo ordina l’analisi delle telefonate e delle «celle» che potrebbero dimostrare la presenza dei due nei luoghi delle rapine. Il carabiniere Giovanni Gattuso informa che durante la «pattuglia appiedata» è venuto a sapere che un giovedì due giovani donne straniere, durante il mercatino al vecchio palazzo della Finanza, prima si sarebbero finte badanti poi avrebbero offerto prestazioni sessuali ad un ristoratore.
È un pomeriggio terso, luminoso. Una giornata che ti fa venir voglia di filar su alla splendida e misteriosa Sacra di San Michele, sul monte Pirchiriano, la cui ombra al tramonto incombe su Avigliana e sulla strada che porta a Susa. Ispirò Umberto Eco, per Il nome della rosa. Ad Avigliana lavorò, subito dopo la guerra, Primo Levi, reduce da Auschwitz, assunto come chimico alla Duco-Montecatini. Si occupa di vernici e scrive Se questo è un uomo, scrive cioè quello che non saprebbe «dire a nessuno». Il buon luogotenente Minutolo mi accompagna sino alla vecchia e bellissima palazzina dei carabinieri, in cima alla città vecchia. Il 24 dicembre del 1816, alla vigilia di Natale, il brigadiere Pietro Arnaldi, primo comandante della stazione di Avigliana, certifica in un documento appena recuperato negli archivi torinesi che ci sono cinque cavalli a disposizione sua e di quattro sottoposti.
Leonardo Coen