Vittorio Feltri, Style 28/3/2014, 28 marzo 2014
IL BELLO DEL MATTONE CHE I GOVERNI CI RUBANO
Piacciano o no, le statistiche parlano chiaro: ciò che sta più a cuore agli italiani è la casa. Di proprietà, s’intende. Per assicurarsene una, essi, specialmente i meno abbienti, affrontano sacrifici inenarrabili. Sono disposti a tutto: tirano la cinghia, rinunciano alla cena in pizzeria, trascorrono le vacanze in tinello anziché al mare o in montagna. Per loro l’imperativo categorico è andare al rogito – come si dice – e riuscire a pagare la rata del mutuo, sempre eccessiva rispetto ai redditi correnti.
Ci si domanda perché i connazionali tengano tanto a non essere inquilini, ma padroni di un appartamento (piccolo o grande che sia). La risposta è elementare. Gli affitti di mercato sono talmente salati da superare, in alcuni casi, perfino la citata rata del mutuo. Il ragionamento che ne consegue è di una semplicità disarmante: conviene acquistare i muri, fare un investimento, piuttosto che bruciare quattrini nella pigione. Difficile dare torto a chi la pensa così. L’edilizia popolare è morta oltre trent’anni orsono e trovare un alloggio a canone agevolato è pressoché impossibile, se non si è almeno zingari o senegalesi con numerosa prole.
Ecco spiegato perché 1’80 per cento e passa dei compatrioti risulta proprietario del quartierino in cui abita. Ovvio, coloro i quali hanno conquistato il rango di padroni di casa sono soddisfatti al punto da dedicare ai loro mattoni ogni cura, anche maniacale.
Tanto è vero che il Salone del mobile di Milano sta vivendo un boom a onta della crisi generale; che i programmi televisivi improntati alla ricerca di abitazione riscuotono un grande successo; che le riviste di arredamento e di design costituiscono l’unico ramo editoriale che non perde copie, ma addirittura ne guadagna. Avere un tetto sopra la testa genera un senso di sicurezza e di benessere: «Da qui nessuno mi può cacciare». Questo concetto una volta – fino a un paio di lustri fa – era condiviso da una moltitudine di persone. Ora un po’ meno. Perché i governi, notoriamente incapaci, per non dire ladri in omaggio al politicamente corretto, consapevoli che un appartamento non si può occultare, si sono messi di buzzo buono per oberare di tasse chi lo possiede. E chi ne possiede due, è rovinato. Prima l’Ici, poi l’Imu, e la Tasi: oggi perfino l’intestatario di un bilocale in periferia viene strizzato dal fisco e indotto a pentirsi di avere dato fondo ai risparmi per accaparrarsi un immobile. Se lo Stato è cinico e colpisce sempre i bersagli più facili, figuriamoci Equitalia e similari; è un gioco da ragazzi massacrare un poveretto che ha dedicato ogni sforzo per avere un «buco» dove dormire.
Qualcuno afferma spudoratamente che in Europa non esiste un Paese privo di un’imposta a carico dei proprietari di ville, palazzi e monolocali. È innegabile. Ma solo in Italia un disgraziato che acquisti un mattone è obbligato, quando firma l’atto davanti al notaio, a versare l’imposta di registro che varia dal 4 al 10 per cento. Cifre enormi. Non bastasse, paga una tassa pure sul mutuo anche se il bene non sarà suo finché non avrà saldato l’ultima rata. Per effetto dell’ipoteca, infatti, quel bene è della banca. Scrivendo il presente articolo, riga dopo riga, mi sono convinto che i governi siano ladri anche quando non piove.