Aldo Cazzullo, Sette 28/3/2014, 28 marzo 2014
LE NOSTRE PRIGIONI
No
Ogni tanto si scopre che le carceri italiane scoppiano, e bisogna vuotarle. A dire che bisognerebbe evitare al massimo la carcerazione preventiva, si passa per romantici garantisti. A dire che bisognerebbe costruire nuove carceri per i condannati in via definitiva, si passa per crudeli mozzaorecchi. In realtà, bisognerebbe fare entrambe le cose.
Nel cuore delle due principali città italiane ci sono due carceri che per ovvi motivi non sono più adatte alla loro funzione, ma che, restaurate, avrebbero un enorme valore commerciale. Sia San Vittore sia Regina Coeli sono in due angoli tra i più belli di Milano e di Roma: di fronte a Sant’Ambrogio; sotto l’orto botanico di Trastevere. Ricordo che già trent’anni fa Franco Baresi, capitano del Milan, alla domanda su cosa cambierebbe della sua città rispose: «Non è bello che in mezzo ci sia un carcere». Già: costruiamo nuove carceri, più accoglienti e moderne, capaci di consentire ai detenuti di condurre una vita sana e di lavorare; e trasformiamo strutture centralissime in un albergo, in un museo, in un’area pubblica. Già sento le obiezioni: lo faremo tra qualche anno…c’è già un progetto… Sono frasi sentite troppe volte, anche per le caserme. Ora aspettiamo i fatti.
Sì
Nei cinema della provincia piemontese e ligure è stato un piccolo caso. Si intitola E fu sera e fu mattina, non ha un produttore ma è stato pagato da trecento sottoscrittori, non ha attori professionisti. È una storia ambientata sulle Langhe (comincia sotto il leggendario cedro di La Morra), incentrata sulle reazioni alla notizia (immaginaria) dell’imminente fine del mondo. Una scoperta.
No
L’espressione “pensioni d’oro” andrebbe abolita, o almeno riservata a indicare i vitalizi dei parlamentari e in genere dei privilegiati che la pensione se la assegnano da sé. Un altro conto sono i lavoratori che hanno lavorato duro e ben meritato. La loro non è una “pensione d’oro”. È una pensione che corrisponde ai contributi che hanno versato e alle regole vigenti. Non è “res nullius”, una cosa di nessuno su cui lo Stato può mettere le mani a piacimento. Girando l’Italia mi imbatto in vicende paradossali. Pensioni da 2.900 euro lorde congelate. Pensioni di riversibilità tolte a vedove che hanno denunciato i modesti utili di quote societarie avute in eredità dal marito. Pensionati che hanno dovuto fare un mutuo per pagare le tasse sulla casa. Capisco che rintracciare i grandi patrimoni finiti nei paradisi fiscali non sia facile. Ma accanirsi su chi ha lavorato per una vita sarebbe sbagliato.
Sì
«I sogni dell’arte e i loro sognatori colgono nel segno ben più di coloro che credono, in molti, di essere ben svegli. Bisognerebbe dipingere ciò che si sente, scrivere ciò che si sente, vivere per quello che realmente sentiamo, e quindi siamo». Sono parole di un grande pittore siciliano, Franco Cilia, affidate a un libro-intervista, Il sonno della ragione genera mostri. E ai Capricci di Goya Cilia ha guardato molto, così come guarda alle cronache dei giornali. «Goya mi ha insegnato tanto – racconta –. La sua incisione famosissima ci dice tutto. Quando la ragione dorme, i mostri si risvegliano». E resta sempre aperta la seconda possibilità: che non sia il sonno, ma il sogno della ragione a generare i mostri.