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 2014  marzo 28 Venerdì calendario

UN EMIRO NELLA VILLA DEL SULTANO


L’ultima visita è avvenuta domenica 16 marzo. In una Costa Smeralda ancora molto lontana dall’affollamento estivo, gli uomini di Tamim al Thani, emiro del Qatar, si sono fatti aprire le porte di una residenza molto speciale per valutarne l’acquisto. Villa Certosa è il complesso immobiliare privato più caro del mondo, valutato 470 milioni di euro. Il proprietario è altrettanto speciale. Si chiama Silvio Berlusconi e potrebbe accontentarsi di una cifra intorno ai 350-400 milioni di euro.
I prezzi dell’immobiliare, anche nel ramo superlusso, non sono più quelli di qualche anno fa e i rappresentanti della Qatar Holding, braccio operativo del fondo sovrano Qatar investment authority, sono negoziatori abituati a imporre il loro prezzo. L’emiro è già alla terza ricognizione di Villa Certosa, dopo i due primi sopralluoghi che risalgono alla fine della scorsa estate. La manutenzione di vulcani artificiali, anfiteatri falsoantichi e cactus rarissimi, le decine di dipendenti che lavorano in villa e che pure Silvio ha sottoposto a spending review, non sono certo un grosso ostacolo economico per il principe qatariota, non ancora trentaquattrenne, accreditato di un patrimonio personale di due miliardi di dollari. Non è la prima volta che Villa Certosa è sull’orlo della cessione. Nel 2009 sembrava in procinto di finire agli al Nahyan di Abu Dhabi. Nell’ottobre 2012 è stato il turno di un oligarca russo e lo scorso agosto si è parlato di vendita al finanziere Alessandro Proto, condannato a ottobre per aggiotaggio sul titolo Rcs e truffa. Come con il Milan (scheda a pagina 56), l’intenzione di vendere la supervilla di Punta Lada è più concreta delle rituali smentite targate Fininvest. Gli immobili in portafoglio alla società berlusconiana Idra (Villa Certosa, Arcore e altre piccolezze) continuano a costare troppo: 16,2 milioni di euro nel 2012 fra manutenzione e personale. E la perdita di Idra (2,1 milioni di euro) è stata compensata solo grazie alla rivalutazione del patrimonio permessa dal decreto legge 185 del 2008, una norma "ad villam" che ha fruttato a Idra 123 milioni di euro.
A favore del venditore ed ex presidente del Consiglio, c’è il desiderio del compratore arabo di concludere un acquisto di alto valore simbolico, oltre che finanziario. Il principe Tamim, al potere dallo scorso giugno, ha bisogno di un gioiello sulla corona di investimenti già realizzati in Sardegna. L’acquisto dei resort della Costa Smeralda da Tom Barrack due anni fa per 600 milioni e le voci di interessamento per la compagnia aerea Meridiana sono i tasselli di un’operazione di ampio respiro. Per al Thani la Sardegna sta al turismo di lusso come il Paris Saint-Germain, comprato nel 2011 con la benedizione del tifoso Nicolas Sarkozy, al calcio di alto livello.
A differenza dei Maktum di Dubai, Tamim non vuole soltanto riempire il suo emirato di hotel e di stadi per il Mondiale del 2022. Al Thani punta all’Europa e vede nella Costa Smeralda, e nella Sardegna in generale, la piattaforma ideale per attirare i viaggiatori a cinque stelle.
Con l’Italia la famiglia del giovane emiro ha già una special relationship che passa attraverso la Iq made in Italy investment company, una joint-venture paritaria costituita con lo Stato italiano tramite il Fondo strategico della Cdp (Cassa depositi e prestiti). L’obiettivo dichiarato degli amministratori di Iq, Maurizio Tamagnini e il trentaduenne Mohammed Saif al Sowaidi, è di investire 4,4 miliardi di euro. E sono soldi veri, come i 250 milioni di euro versati sull’unghia a Unicredit-Mcc per cancellare le ipoteche chieste da Barrack sugli hotel Romazzino, Pitrizza, Cala di Volpe, sul golf del Pevero e sul resto del patrimonio passato dall’Aga Khan al fondo Colony capital di Barrack prima di finire in mano qatariota. Corano a parte, gli al Thani conoscono solo la legge del contante. Negli ultimi anni la famiglia di Doha ha comprato pezzi di Volkswagen, di Porsche, dell’Eads (Airbus), di Barclays bank e del gruppo del lusso Lvmh, per citare gli acquisti più conosciuti.
Meno noto, e leggermente più problematico, sarebbe l’acquisto realizzato da un dirigente del calcio qatariota di un ex vicepresidente della Fifa, Jack Warner di Trinidad, per ottenere i voti necessari all’assegnazione dei mondiali di calcio del 2022, una delle scelte più contestate nella storia del football considerando che l’estate nei Paesi del Golfo rende impossibile l’attività sportiva all’aria aperta. La diplomazia degli al Thani ha negato la mazzetta da un milione di sterline. Più difficili da smentire sono le cifre sugli incidenti nei cantieri dove si avanza a tappe forzate per costruire i nuovi stadi: nel biennio 2012-2013 almeno 400 operai immigrati dai Paesi più poveri dell’Asia sono morti per incidenti sul lavoro.
Da Dubai a Riyad, da Doha a Manama, tutte le grandi opere realizzate dalle economie del Golfo hanno comportato un grave sacrificio di vite umane e il Qatar del principe Tamim non fa eccezione. Per gli al Thani, come per gli al Nahyan di Abu Dhabi e i Maktum di Dubai, il risultato viene prima di tutto e l’educazione del ruler di Doha è stata impostata per restare nei confini di questa regola. Il giovane emiro ha frequentato la Reale accademia di Sandonhurst in Inghilterra, l’istituzione militare per eccellenza del Regno Unito che ha ospitato anche i figli del principe di Galles, William e Henry, oltre allo stesso padre di Tamim, lo sceicco Hamad, e al fratello maggiore Jasim.
Proprio Jasim è stato l’erede alla successione fino al 2003, quando è stato costretto a dimettersi dal padre perché manifestava un’eccessiva indipendenza rispetto ai suggerimenti degli anziani. La scalata al trono di Tamim, quarto figlio di Hamad, è iniziata dieci anni fa, quando una parte del palazzo ha tentato di mettere in sella il fratellastro Mishaal, nato dal precedente matrimonio di Hamad. L’influenza della sceicca Mozah, matrigna di Mishaal, è stata decisiva nella designazione del figlio Tamim.
La dimensione affaristico-dinastica non esaurisce la complessità del giovane emiro. Accanto al profilo di investitore internazionale con un portafoglio gigantesco di partecipazioni nei maggiori gruppi economico-finanziari del mondo, sulle tracce del principe saudita al Walid, il regnante di Doha ha un’inclinazione per la politica internazionale che è già diventata ingombrante a pochi mesi dall’investitura.
Con una mossa clamorosa per gli equilibri della regione del Golfo, all’inizio di marzo il Qatar ha dovuto incassare il ritiro degli ambasciatori da parte dei Paesi vicini dell’Arabia Saudita, del Bahrein e degli Emirati arabi uniti con l’accusa di interferenza negli affari interni.
In realtà, il ritiro delle rappresentanze diplomatiche si spiega con l’eccessiva partecipazione di Tamim alle vicende di Egitto e Siria attraverso il sostegno finanziario offerto, rispettivamente, al deposto Mohammed Morsi e agli integralisti che combattono contro Bashar al Assad.
La politica del doppio binario non l’ha certo scoperta Tamim al Thani. Da tempo suo padre Hamad, che ha abdicato per motivi di salute, e sua madre Mozah hanno costruito un’immagine di modernità, attraverso il mecenatismo e la fondazione di al Jazeera, network televisivo in prima fila nell’esercitare il diritto di cronaca e di critica nei Paesi arabi, con l’eccezione del Qatar.
Le nazioni confinanti gradiscono poco che questa libertà includa trasmissioni come quella del predicatore Yusuf al Qaradawi, ideologo egiziano dei Fratelli musulmani che ha trovato ospitalità a Doha e che i sauditi, pur seguaci dell’islam wahhabita come i qatarioti, vedono come la reincarnazione del loro esecrato connazionale Osama Bin Laden.
La pressione diplomatica del Grande Fratello saudita mira ad allontanare Tamim dalle cattive compagnie. Il principe, però, non si è turbato più di tanto. Con l’Occidente in recessione basta spendere e il benvenuto è assicurato.