Sergio Romano, Corriere della Sera 28/3/2014, 28 marzo 2014
DINASTIE PRESIDENZIALI USA UN’AZIENDA POLITICA IN ITALIA
Si è sentito parlare della candidatura di molti «figli di Berlusconi» alle prossime elezioni europee, perché, è stato detto, un Berlusconi deve essere presente. Poi il capostipite si è affrettato a smentire. Nemmeno i Kennedy negli Usa si erano spinti a considerare una forza politica come loro assoluta proprietà. Evoluzione della specie?
Tullio Craincevich
Asola (Mn)
Caro Craincevich,
I Kennedy sono una dinastia. Se Robert non fosse stato ucciso da un giordano di origine palestinese nel 1968, quando era candidato alla presidenza, e se Edward, nel 1964, non fosse stato coinvolto in un imbarazzante incidente automobilistico, gli Stati Uniti avrebbero avuto forse tre Kennedy alla Casa Bianca nella seconda metà del Novecento. Se Jebb Bush, già governatore della Florida, rientrasse in campo, dopo essersi appartato per qualche tempo, i Bush alla presidenza nell’arco di mezzo secolo potrebbero essere tre. Le ricordo che l’ultimo membro del clan Kennedy giunto recentemente alla vita pubblica è Caroline Bouvier Kennedy, figlia di Jack e Jacqueline, che Obama ha inviato a Tokyo come ambasciatore nel luglio dell’anno scorso.
Il caso di Berlusconi è molto particolare. Forza Italia ha caratteristiche diverse da quelle delle altre formazioni politiche italiane. Non è un partito e non si è mai considerato tale. È un’azienda politica, costituita sul modello delle molte imprese che Berlusconi aveva creato nel corso della sua carriera d’imprenditore, ed è stata assemblata, fra il 1993 e il 1994, con gli ingredienti tipici del settore in cui ha fatto la sua fortuna: pubblicitari, sondaggisti, venditori, consiglieri legali.
Lungo la strada ha raccolto molti naufraghi della prima repubblica, ha sedotto alcuni intellettuali liberali e attratto nuovi talenti. Ma non ha mai smesso di funzionare con i criteri propri dell’industria pubblicitaria. I suoi congressi sono «convention», vale a dire assemblee organizzate per dare la carica al patriottismo aziendale. Il kit che il presidente-padrone distribuisce ai suoi militanti è l’equivalente politico del campionario con cui i venditori vanno alla ricerca di nuovi clienti. Il blazer (una giacca bleu a doppio petto, spesso con bottoni dorati o argentati), caldamente raccomandato ai seguaci, è l’equivalente della giacca nera, con calzoni rigati, bombetta e ombrello che fu per molto tempo l’abito d’ordinanza dei finanzieri britannici.
Come le aziende in cui tutte le azioni sono praticamente nelle mani di una sola persona, Berlusconi non è né segretario generale, né amministratore delegato, né direttore generale, né Ceo (chief executive officer ). È semplicemente il padrone. Il suo stile non è autoritario, ma Forza Italia non è un partito in cui il leader possa essere sfiduciato da compagni dissenzienti. In altri Paesi e in altre circostanze, questa originale formula politica si sarebbe consumata nel giro di qualche anno. Ma il proprietario dell’azienda non ha soltanto denaro, capacità organizzative e un certo fiuto. Ha anche una dote fondamentale: quella di persuadere molti italiani a votare per lui. Può stupire i suoi critici e i suoi avversari, ma anche questa, caro Craincevich, è democrazia.