Giovanni Bianconi, Corriere della Sera 28/3/2014, 28 marzo 2014
PROVENZANO MALATO PUÒ GUIDARE LA MAFIA? I MAGISTRATI SI DIVIDONO
ROMA — L’ultimo carteggio sulla salute del padrino risale a fine gennaio, quando a Bernardo Provenzano bisognava notificare un’udienza davanti alla Corte d’assise di Trapani. Avrebbe potuto partecipare in videoconferenza, trasportato con l’autolettiga. Nel rapporto della polizia penitenziaria è scritto che il vicesovrintendente incaricato di «notiziare il detenuto di quanto sopra» riferisce che «questi, più volte invitato a dare una risposta vocale e/o un cenno con la testa, rimaneva soffermo a fissare il soffitto. Pertanto non si è potuto capire se volesse o meno presenziare all’udienza citata».
L’udienza è saltata, ma il dirigente che ha trasmesso le informazioni al giudice ha precisato che in precedenti occasioni «il detenuto ha comunque interloquito con l’interlocutore di turno». Il responsabile dell’ospedale di Parma dove il boss è ricoverato da nove mesi ha ribadito il «grave decadimento cognitivo dovuto a sindrome extrapiramidale e agli esiti di devastante emorragia celebrale». Secondo il medico, durante le visite «il paziente a volte risponde a sollecitazioni verbali come semplici domande o richiesta di esecuzione di movimenti (esempio “Come va?” “Bene, grazie”, oppure “Apra la bocca, stringa la mano”, e il paziente esegue). Tuttavia mai a queste risposte è seguita una conversazione di senso compiuto».
Per questi motivi, da un anno e più Bernardo Provenzano è stato dichiarato non in grado di presenziare ai processi a suo carico, a cominciare da quello sulla presunta trattativa Stato-mafia che per lui è stato sospeso. Ma secondo il ministro della Giustizia dev’essere ancora ristretto ai rigori previsti dall’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario, il «carcere duro» riservato ai boss in attività. Perché lo è: «Risulta conclamata oggettivamente la pericolosità del detenuto quale capo ancora indiscusso di Cosa Nostra». La firma del Guardasigilli Andrea Orlando sul rinnovo del decreto è arrivata l’altro ieri, alla scadenza del precedente provvedimento, basata essenzialmente sul parere della Direzione nazionale antimafia, favorevole alla reiterazione. Al contrario di quanto sostenuto dalle Procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze che invece avevano dato il via libera alla detenzione ordinaria.
Sembra un paradosso, ma è così: un uomo di 81 anni, incapace di comparire davanti ai suoi giudici, è però considerato un pericoloso capomafia che potrebbe ancora ricevere indicazioni e trasmettere ordini. Lo stesso procuratore di Palermo Messineo ha scritto nel suo parere che «permane immutata la pericolosità del Provenzano, capo da tempo remoto del gruppo dei corleonesi», che con gli attentati voleva «piegare lo Stato ai suoi voleri». Nonostante ciò, risulta che «non è in grado di comunicare compiutamente con l’esterno» a causa delle condizioni di salute deteriorate, «pertanto si ritiene di non dover chiedere il rinnovo del regime».
Di opposto avviso il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, secondo il quale l’impossibilità di partecipare a un processo — stabilita da due perizie — non significa non poter comunicare in alcun modo con l’esterno. Le relazioni mediche non certificano «il totale scadimento delle capacità di attenzione, comprensione e orientamento, bensì solo un degrado di queste facoltà, non in grado di escludere la possibilità che il capo riconosciuto di Cosa Nostra possa comunque comunicare anche ordini di rilevanza criminale, con soggetti a sé vicini, se posto in regime detentivo ordinario». La «potenziale continuità» tra Provenzano e Cosa Nostra, oltre alla «attualità della stabilità del sistema di relazioni criminali», consigliano il rinnovo del «41 bis». Anche perché «in nessun modo questo regime è ostativo a un corretto trattamento sanitario del detenuto».
Il ministro della Giustizia ha aderito alla richiesta e firmato il nuovo decreto. L’avvocato difensore, Rosalba Di Gregorio, resta in attesa della decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo sulla denuncia dei «trattamenti inumani e degradati» che starebbe subendo il suo assistito; «di fronte a pareri tanti diversi, evidentemente esistono due detenuti diversi», commenta. E i figli del vecchio padrino, Angelo e Francesco Paolo, insistono: «A questo punto chiediamo che sia diffusa l’immagine di questo “detenuto speciale” con gli occhi al soffitto, chiuso in una stanza blindata con tre guardie e un sondino al naso per nutrirsi. Solo davanti a tale fotografia si può capire quale “pericoloso” soggetto si tiene al 41 bis».