Massimo Gaggi, Corriere della Sera 28/3/2014, 28 marzo 2014
L’ALTO PREZZO DELLA FIDUCIA
Ventiquattro ore a Roma parlando di misericordia col Papa e della necessità di rendere più forte ed efficace il dispositivo militare dei Paesi europei della Nato nei colloqui col premier Matteo Renzi e col presidente Giorgio Napolitano. I demoni di un possibile conflitto evocati in relazione all’aggressione russa dell’Ucraina poco dopo aver ribadito l’impegno a soccorrere gli ultimi del mondo, sconfiggendo la povertà estrema nei Paesi più arretrati e a promuovere una maggior giustizia sociale in quelli ricchi di risorse distribuite in modo sempre più diseguale.
Barack Obama, l’ex avvocato dei diritti della povera gente di Chicago, il costituzionalista «liberal» che, da «commander-in-chief » della potenza planetaria, è costretto a prendere decisioni terribili, dallo spionaggio alla «kill list » dei terroristi da eliminare, si trova spesso a dover mettere insieme valori etici, diritti civili e impegni a usare la forza per mantenere l’ordine internazionale. Ma il primo incontro con papa Francesco e gli appuntamenti con le autorità italiane potevano presentare qualche insidia in più per il presidente Usa: dalla contraccezione all’aborto, nei suoi anni alla Casa Bianca Obama ha avuto sempre rapporti difficili con la gerarchia ecclesiastica statunitense, mentre l’effervescente Matteo Renzi, il quarto presidente del Consiglio che Obama incontra da quando è alla Casa Bianca, rappresentava pur sempre un’incognita.
Ma il rapporto tra i leader dei due Paesi del G7 si è messo subito sul binario giusto perché Renzi ha confezionato un rinnovato impegno atlantico dell’Italia usando ingredienti sicuramente apprezzati dal presidente Usa: il richiamo al sacrificio dei nostri padri e di tanti giovani anche americani che padri non lo sono mai diventati perché sono morti per difendere la liberta dell’Europa. Ma anche lo sforzo pragmatico di individuare le cose che l’Italia può fare — da una rafforzata leadership nel Mediterraneo all’impegno a usare l’ormai imminente semestre di presidenza della Ue in modo proficuo per i rapporti transatlantici — al fine di rinsaldare l’alleanza tra Stati Uniti ed Europa.
Obama a suo tempo aveva certamente molto apprezzato la competenza e lo stile asciutto di Mario Monti ed Enrico Letta, ma ieri è apparso a suo agio anche con l’esuberanza di Renzi che ha toccato le corde giuste di un presidente che, dopo aver guardato per anni soprattutto al Pacifico e all’Asia, ora torna a occuparsi maggiormente dell’Europa e dell’Italia. Perché la guerra civile in Siria, le primavere arabe e la crisi libica hanno destabilizzato il Mediterraneo, perché l’aggressione di Putin riporta indietro le lancette della storia a un’epoca in cui l’Europa era una regione di frontiera (anche se un blocco sovietico ormai non esiste più). E anche perché, con le economie dei Paesi emergenti che rallentano, la crescente difficoltà di trovare accordi nel G20 e il naufragio del G8 con la sospensione della Russia, tornano a essere centrali le democrazie e le economie dell’Occidente, a cominciare dai tentativi di varare una nuova alleanza transatlantica per commercio e investimenti che può dare una consistente spinta al Pil e alla creazione di posti di lavoro in Europa e negli Usa. Quello dei tagli al bilancio della Difesa sul tavolo del governo Renzi poteva essere un capitolo molto delicato, vista l’insistenza di Obama sulla «libertà che non è gratis» e sulle asimmetrie tra un’America che destina il 3 per cento del suo reddito nazionale alle spese militari mentre l’Europa non va oltre l’1 per cento. Ma qui il leader americano ha trovato le garanzie di Giorgio Napolitano e l’impegno del governo a spendere meno facendo efficienze, ma senza ridimensionare lo sforzo delle nostre forze armate che, come ha sottolineato lo stesso Obama, svolgono un ruolo cruciale in molti punti caldi del mondo, dal Libano al Kosovo passando per la Libia. Parlando agli italiani così come nella visita al Pontefice caratterizzata da grande rispetto e perfino deferenza, fin dalle parole da lui usate nell’intervista di ieri al Corriere , Obama ha mostrato una disponibilità e una confidenza che vanno oltre le ragioni della politica e della diplomazia. Dalla cultura alla cucina allo stile di vita, a Obama, ormai è apparso evidente tante volte, l’Italia piace: un atteggiamento che lo porta a guardare senza troppa severità anche ai suoi fattori di debolezza. Quanto a papa Francesco, certamente quando parla con lui di giustizia sociale Obama pensa anche alle campagne elettorali americane e al suo impegno politico contro le diseguaglianze, ma c’è anche una sintonia che viene più da lontano: dagli anni in cui il giovane Obama aiutava i poveri di Chicago, gomito a gomito coi rappresentanti delle organizzazioni della solidarietà cattolica.