Nino Sunseri, Libero 28/3/2014, 28 marzo 2014
E GLI AMERICANI SCALANO IL «CORRIERE»
Gli americani comprano il Corriere della Sera. Ieri mattina il fondo Invesco ha reso noto di aver rilevato il 5% di Rcs, la casa editrice del quotidiano di via Solferino. Una bella sorpresa per l’amministratore delegato Pietro Scott Jovane. Tanto più che l’investimento del fondo americano (che già possedeva il 2%) è successivo all’Investor Day del 12 marzo. Vuol dire che i gestori di Invesco hanno apprezzato il nuovo piano industriale. Una soddisfazione per Scott Jovane che, nella notte, aveva dovuto fare un passo indietro sul piano di incentivazione. La rivolta della redazione e la minaccia di dimissioni da parte del direttore Ferruccio De Bortoli avevano raggiunto l’effetto. L’amministratore delegato aveva accettato di congelare il suo premio e quello di venti dirigenti fino al ritorno all’utile. Un traguardo non proprio vicinissimo visto che il bilancio 2013 si è chiuso con una perdita di 218 milioni. Insomma la strada per il risanamento è ancora lunga. E allora perchè Invesco ha comprato? Le spiegazioni sono diverse. La più immediata è questa: il grande capitale americano ha scoperto che l’Italia è tutta a buon mercato. Dopo cinque anni di crisi i valori sono crollati a livelli di assoluta convenienza. Da qui anche l’intervento di Blackrock in Unicredit, Intesa ed Mps. Nel caso di Rcs ci sono anche elementi più incisivi. Il Corriere della Sera maneggia informazioni, un materiale estremamente sensibile mentre il Paese si prepara, ad aprire una nuova fase politica con il declino del Cavaliere e l’irruente presenza di Matteo Renzi. Ad ogni svolta della vita civile ed economica del Paese al Corsera è cambiato qualcosa. Fin dai tempi in cui Mussolini fece fuori Luigi Albertini attraverso la famiglia Crespi diventata, nel frattempo proprietaria del giornale. Inoltre l’azionariato è spaccato: da una parte John Elkan che attraverso la Fiat controlla il 20%. Dall’altra Diego Della Valle che cerca di costruire alleanze di peso attorno al suo 9%. Può contare su Urbano Cairo (2,8%) e se riesce a mettere insieme un altro gruppetto di soci potrebbe sfidare l’egemonia della Fiat. Probabilmente sono pronti a votare per il patron della Tod’s anche Mediobanca e altri che si dichiarano insoddisfatti della gestione. Carlo Pesenti si è dimesso dal consiglio proprio per marcare il dissenso.
Per oggi è prevista la riunione del consiglio d’amministrazione che dovrà convocare l’assemblea dei soci. Data 8 maggio. Le diplomazie per evitare la prova di forza in assemblea sono al lavoro. Le ipotesi vanno da una piccola integrazione del consiglio a un rimpasto più corposo che possa soddisfare le varie componenti dell’azionariato. Sembra solida, per il momento la poltrona di Scott Jovane. Finchè comanda la Fiat non dovrebbe correre rischi. Il mercato, in base a quanto si legge sui report dei vari analisti pubblicati dopo la presentazione dei risultati, ha dimostrato di apprezzare il piano industriale. I successi del management sono costati molto ai lavoratori o e comunque non consentiranno il ritorno all’utile neanche quest’anno. Un analista scrive che una conciliazione delle tensioni per tenere il consiglio fino a scadenza del mandato sarebbe la strada più utile. Da inizio mese il titolo è salito dell’8% circa, +28% negli ultimi tre mesi. Accanto a un indiscutibile miglioramento del sentiment del mercato verso la società, ha giocato la speculazione. Magari immaginando Elkann e Della Valle che si contendono il controllo all’ultima azione.